«Per ottenere la mobilità anche per il 2017 e il 2018, avremmo dovuto concludere il rapporto di lavoro il primo gennaio dello scorso anno. Invece, per sole 24 ore di differenza, siamo stati penalizzati. In fondo, chiediamo la stessa dignità garantita ai nostri colleghi, di cui siamo stati privati per un cavillo». Traspare netta l’amarezza nelle parole di Salvatore Pirrone, finito suo malgrado nel bacino di 21 operai ex indotto Fiat di Termini Imerese, esclusi dagli ammortizzatori sociali dal primo del 2017 – per una norma varata del precedente governo Gentiloni – per una data spostata di un giorno rispetto agli altri lavoratori. Una «anomalia», come la definiscono i sindacati, cui ora si voleva porre rimedio con un emendamento, presentato dal Pd al decreto Dignità, per estendere i sostegni al reddito anche a loro. Così però non è stato. Il testo, infatti, è stato giudicato inammissibile dalla maggioranza, gelando le speranze di questi lavoratori che sono stati penalizzati, di fatto, anche per la loro età.
«Sono entrato in BnSud nel 2007 e mi occupavo della verniciatura dei paraurti e dell’assemblaggio – racconta ancora Pirrone che oggi ha 39 anni – Poi l’azienda è fallita e sono stato licenziato nel 2011. Anche io come gli altri vorrei costruirmi un futuro, avere una famiglia, ma non è facile senza un lavoro che mi garantisca di arrivare a fine mese. Se abbiamo gli stessi diritti degli altri, perché solo noi siamo stati tagliati fuori?». Un interrogativo a cui cerca di rispondere Roberto Mastrosimone, segretario generale Fiom Cgil Sicilia: «È una vicenda complicata che si trascina da diverso tempo. Pur facendo tutti parte del bacino dell’area complessa, questi lavoratori sono stati esclusi dagli ammortizzatori sociali». Un caso non isolato, tuttavia, che colpisce anche altri 30 operai di Gela.
«Sono rimasti esclusi per una norma sbagliata – prosegue Mastrosimone -, che negava, a chi scadeva la mobilità ordinaria o in deroga il 31 dicembre del 2016, l’accesso agli ammortizzatori sociali per il biennio 2017-2018. In pratica, sono stati esclusi solo per un giorno». Una mannaia che si è abbattuta esclusivamente su una ventina di operai dell’ex indotto Fiat: 5 ex interinali della BnSud, 15 ex Lear e uno della Klerprem. Ma non su tutti: l’aspetto paradossale della vicenda, infatti, è che la stragrande maggioranza dei loro colleghi ha ricevuto un trattamento diverso, per un semplice motivo: la maggiore età.
«La norma prevedeva che chi era più giovane (meno di 40 anni) aveva diritto a soli due anni di mobilità ordinaria, con scadenza 31 dicembre 2016 – ricorda Mastrosimone – Ai più ‘anziani’ spettavano invece 3 anni di mobilità ordinaria. Un’anomalia che, mi risulta, anche il M5s ha manifestato la volontà di correggere in passato. Oggi, invece, le parti sembrano invertite e mi pare che si giochi a scaricare le responsabilità. Anche perché adesso che il governo poteva trovare una soluzione, non l’ha fatto. Forse non era tecnicamente possibile inserirlo dal decreto Dignità però, se si vuole una soluzione si trova…»
Sullo sfondo, intanto, rimangono i timori per la mancata attuazione del piano industriale Blutec. Una partita ancora aperta che tiene col fiato sospeso i circa mille lavoratori – 700 ex Fiat e 300 dell’indotto – che attendono di conoscere l’esito del progetto di riconversione, dopo la bocciatura di Invitalia, sempre più incerto. La data del prossimo incontro tra azienda e Governo è previsto a settembre, ma rimangono tangibili i dubbi dei sindacati. «Anche sulla vicenda Blutec, il Governo non sembra molto presente – lamenta Mastrosimone – Assistiamo a dichiarazioni roboanti da parte di Di Dimaio che, però, non si è presentato alle precedenti riunioni con l’azienda».
Il riferimento è diretto all’ultimo incontro, previsto inizialmente nello stabilimento siciliano ma, che a meno di 24 ore dal giorno concordato e per motivi mai chiariti, è stato trasferito dalla Sicilia alla sede del Mise, a Roma. «Ci auguriamo che la prossima volta il ministro presieda l’incontro – conclude – così com’è stato per altre vertenze nel Paese e, allo stesso tempo, che dalle parole si passi ai fatti e lo stabilimento di Termini possa finalmente ripartire».
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