Francesco Giunta, primo fra i due candidati sindaco arrivati al ballottaggio a Termini Imerese, all’indomani della richiesta di annullamento delle elezioni fatta dagli esponenti del Movimento 5 stelle, che ha portato alla luce delle cronache una precedente condanna passata in giudicato sul capo del candidato della lista FrancescoGiunta2017, accusa che lo stesso Giunta definisce immotivata, spiegandone i motivi. «Sapevo bene che non sarebbe stata cosa facile candidarsi a sindaco, per le tante problematiche di natura economica e sociale che affronta Termini Imerese – spiega Giunta in una lunga diretta su Facebook – ma mai sarei aspettato degli attacchi politici, anzi, personali, così bassi e infimi».
Il candidato, che in una tenzone elettorale particolarmente agguerrita, è arrivato primo scavalcando di una manciata di voti il contendente Vincenzo Fasone, sostenuto dalle liste Termini Imerese è la mia città, La città che vogliamo e Patto per Termini. «Ho cercato di condurre una campagna elettorale nella correttezza – continua – rispettando tutti, anche chi non la pensava come me. E nonostante le offese, spesso mascherate dall’ipocrisia o dette alle mie spalle. Ma appena si è acquisito il risultato in cui Francesco Giunta era il candidato sindaco più votato è iniziata una vera guerra di fango che ha colpito la mia famiglia, i miei bambini».
Il riferimento, senza troppi giri di parole, è al suo diretto contendente: «Il professore Vincenzo Fasone, è stato il primo ipocrita, deve vergognarsi di avere nominato i miei figli nel comizio fatto in piazza Sant’Anna, si deve vergognare così come deve vergognarsi il senatore Antonio Battaglia, che ha sostenuto la candidatura di Fasone, che dietro le spalle me ne ha dette di tutti i colori». Nessun rancore nei confronti dei Cinquestelle e del loro candidato, Di Liberto. «Quanto meno ha avuto il coraggio di presentare un esposto. Un esposto infondato perché nella vita si può sbagliare, e io ho sbagliato, non con dolo, sono caduto in una vicenda sfortunata della mia vita che ha procurato tantissimo dolore alla mia famiglia, ma ne sono uscito a testa alta, perché nella famosa inchiesta del carnevale sono uscito assolto perché il fatto non sussiste».
L’inchiesta a cui fa riferimento risale al 2011, Giunta, insieme ad altre 11 persone è stato indagato per una truffa 200mila euro nell’organizzazione dello storico carnevale termitano. «Poi – continua il candidato – in una battaglia legale con il mio datore lavoro: la Siae, per non pagarmi un risarcimento sono stato querelato per avere sbagliato la digitazione di alcuni codici». In pratica, secondo quanto spiegato da Giunta «La Siae mi ha corrisposte 1691 euro in più su oltre 500mila euro di provvigioni. Sono stati 24 errori su 85 mila operazioni in sette anni. Dopo essermi accorto di questo errore ho immediatamente, con bonifico bancario tracciabile, restituito ogni centesimo. E nessuno può mettere in discussione la mia onorabilità. Gli avversari si prendano le proprie responsabilità. Ma veramente si può credere che per duecento euro all’anno mi sarei compromesso?». Per quella querela Giunta aveva patteggiato: «Ho seguito il consiglio del mio avvocato, che mi ha chiesto di concentrarmi sulla vicenda del carnevale, ben più grave».
E le sue verifiche riguardo alla candidabilità Giunta sostiene di averle fatte anche alla vigilia della presentazione delle liste. «Ho chiesto il parere tecnico del professore Gaetano Armao, la commissione elettorale, presieduta da un viceprefetto, non ha riscontrato nessun problema di incandidabilità. La commissione centrale, preceduta da un magistrato, ha accolto l’accesso al ballottaggio». E adesso il candidato promette battaglia: «Sono Francesco Giunta e devo resistere».
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