Termini Imerese e i sogni infranti di gloria Una lettera dei cittadini per salvare la città

Parlare di Termini Imerese è parlare di un sogno infranto, quello del grande polo industriale della Sicilia Occidentale, tra il progetto faraonico del grande interporto, le aziende fiorenti fuori e dentro dalla zona industriale e la fiat che, nel suo momento di massimo splendore, riusciva a mantenere decorosamente quasi quattromila famiglie tra fabbrica e indotto. Primo baluardo del parco delle Madonie, Termini Imerese era punto di riferimento per tutto il comprensorio, con gente che arrivava da tutto l’entroterra preferendo per lo shopping la cittadina, fornita pure dei negozi griffati da grandi marche, alla più caotica Palermo. Il risveglio, brusco, cattivo, è arrivato con il naufragare del progetto Fiat, con la casa automobilistica che lascia la Sicilia, gli anni di limbo e proteste operaie e infine il flop Blutec. Termini si è ritrovata sola, con un tenore di vita troppo alto per le proprie ritrovate condizioni, e senza un piano B. Senza un’alternativa che potesse dare nuova, diversa, vita alla città, tra risorse monumentali e archeologiche che avrebbero fatto le fortune di qualunque altro luogo e che nel Termitano ci si chiede se, forse, non fosse stato meglio non scoprirle.

Un presente non particolarmente roseo, dunque, ma «da qualche parte bisogna pur cominciare», come dice Alfonso Lo Cascio, giornalista e portavoce di cento cittadini termitani che hanno apposto la propria firma su un documento, una lettera per dare una scossa alla città invitando i propri concittadini a investire sul territorio comprando termitano. « Il nostro è un appello – dice – Viviamo una situazione difficilissima iniziata con la chiusura della Fiat che, insieme a quella che è una crisi generale, ha fatto sì che la città sia quasi in ginocchio. Questa è una città che sta morendo, con la chiusura costante di attività commerciali e botteghe artigiane. Bisognava dare una sorta di sterzata, invitando i cittadini comprare nella loro città, ma anche avere idea di recuperare il senso di appartenenza cittadina e le fila di un tessuto che si è perso nel tempo».

Dietro i cento cittadini non ci sarebbe nessun movimento politico, anche se alla politica vengono riconosciute diverse responsabilità. «Avere avuto negli ultimi due anni per ben due volte il commissario certo non ha aiutato – Continua Lo Cascio – Siamo un gruppo di persone che hanno riflettuto su quella che era, in fondo, la città, non da un’organizzazione in particolare. Persone impegnate, mosse dalla voglia di provare a vedere cosa si riesce fare. Una delle cose più semplici è andarsene via, noi abbiamo scelto di restare». In effetti il declino del polo termitano non è stato solo legato all’automobile, persino il mercato ittico ha chiuso e quello ortofrutticolo è stato molto ridimensionato, mentre l’emigrazione sta raggiungendo livelli preoccupanti. «Sono stato di recente a Milano – dice ancora Lo Cascio – Ho parlato con delle insegnanti originarie di qui che mi hanno detto: “Ci vediamo a Milano con le stesse persone che frequentavamo a Termini qualche anno fa”».

E intanto Termini Imerese non riesce a vendersi per come meriterebbe. «Non si riesce a fare promozione turistica in modo efficiente». Già detto della zona archeologica Himera, Termini vanta una continuità significativa che va dalla preistoria all’età moderna, c’è anche uno dei tre anfiteatri romani sopravvissuti in Sicilia. «Rispetto a queste potenzialità non si decolla, non ci si prova. Non c’è nemmeno uno stallo per pullman. Manchiamo delle cose essenziali per potere accogliere i turisti. Ed eventi come l’estate termitana, che era diventata piuttosto rinomata, sono praticamente scomparsa. Paghiamo lo scotto di anni di immobilismo. Il 29 febbraio e il primo marzo siamo riusciti a ottenere che la giornata internazionale delle guide turistiche si tenesse a Termini, con l’idea di far vedere le possibilità di questa città».

Ma com’è stata accolta questa lettera dei cittadini termitani dai cittadini termitani? «Piuttosto bene – conclude Lo Cascio – Tanti si sono detti disponibili, si sono messi a disposizione offrendo tempo e collaborazione. Certo, qualche negoziante si è rifiutato di appendere la nostra lettera, forse troppo scoraggiato, però persino un cittadino emigrato a Chiavari ci ha scritto per farci sentire la propria vicinanza, sono piccoli segnali che ti rendono ottimista».

Gabriele Ruggieri

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