Il tennis ha un nuovo re. Che in realtà è un po’ vecchio. Superando per ritiro Thomas Berdych, dopo essere stato letteralmente preso a pallate da Fabio Fognini ieri, Nadal, qualche sia il risultato della finale di domani, è di nuovo numero 1 del mondo. Il ritorno alla vetta della classifica mondiale di Rafael Nadal più che essere festeggiato come il recupero completo di un campione dalle mille traversie rafforza la convinzione che per il tennis non è certo un’epoca d’oro. Al tramonto per limiti d’età Roger Federer, troppo interessato alla vita Novak Djokovic, sempre più simile al giovane Werther Andy Murray, quello che rimane è uno spagnolo esteticamente discutibile, pieno di furore agonistico (e, si spera, di nient’altro) tatticamente geniale e tignoso fino all’inverosimile. Non proprio il modello ideale di giocatore. Ma di tutto questo Rafacito ha poche colpe. La generazione dietro la sua stenta, di giovani neanche l’ombra – le speranze riposte in Dimitrov e Tomic per il momento sembrano velleitarie – gli anziani sono anziani, il tennis vive una situazione simile a quella del dopo Sampras. Allora arrivò uno svizzero da Basilea a miracol mostrare anche se poi uno sfrontato ragazzino di Manacor gli fece da nemesi. E oggi?
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