Nella città metropolitana di Bologna 62 bambini su 100 della scuola elementare hanno usufruito nell’ultimo anno del tempo pieno. I pari età di Catania e provincia che hanno avuto lo stesso trattamento sono stati otto su cento. I primi sono rimasti in classe 400 ore in più dei secondi. Alla fine del percorso della primaria avranno accumulato un vantaggio di duemila ore, in pratica come se avessero goduto di due anni in più di lezioni. Benvenuti in uno dei gap più profondi tra Nord e Sud del Paese. Il paradosso è che, anche quando le istituzioni sembrano svegliarsi, famiglie e scuole siciliane non sono pronte, spesso nemmeno interessate. Lo dimostra il fatto che nel 2019 su 246 cattedre che il ministero dell’Istruzione aveva destinato alla Sicilia per estendere il tempo pieno, ben 96 (una su tre) sono state restituite per mancanza di richieste dalle scuole.
«Manca un’adeguata informazione tra le scuole e le famiglie, soprattutto nelle aree più svantaggiate», riflette l’assessore regionale alla Formazione Roberto Lagalla. «E mancano le strutture per le mense e le risorse affinché i Comuni provvedano a farsene carico, servirebbero investimenti ben più sostanziosi», aggiunge Adriano Rizza, segretario generale della Cgil Scuola in Sicilia.
In queste settimane le famiglie sono alle prese con le iscrizioni dei propri figli. C’è tempo fino al 31 gennaio per presentare la domanda sul sito del Miur. E tra i campi da compilare c’è pure quello sul monte ore desiderato: se 27 (tempo normale), 30 o 40 (tempo pieno). «Scegliete il tempo pieno, è determinante per il futuro dei vostri figli», è l’appello di Elena Di Blasi, preside dell’istituto comprensivo Pestalozzi di Catania, una scuola che sorge tra Librino e il Villaggio Sant’Agata, due quartieri difficili, e che è riuscita ad avere tutte le 19 classi a tempo pieno. «È così ormai da diversi anni e i risultati si vedono – spiega – C’è un progressivo miglioramento nel rendimento dei bambini e riusciamo a diversificare le attività laboratoriali: dalla musica alle lingue, all’informatica. E le mamme possono andare a lavoro». La scuola cerca di coinvolgere le famiglie e in cantiere ci sono anche corsi per i genitori. Determinante è avere a disposizione i locali per la mensa. «Al momento il Comune ha affidato il servizio a una ditta – continua Di Blasi – ma il mio sogno è farle gestire dai nostri stessi studenti dell’istituto alberghiero. A mio avviso il problema mensa è quello che più grava nella situazione siciliana. Per risolverlo servono investimenti e questa è una scelta politica».
E il resto dell’isola? Nell’ultimo anno le classi a tempo pieno della scuola primaria sono cresciute in tutte le province a un ritmo troppo lento per poter schiodare l’isola, col suo 14 per cento, dall’ultimo posto (insieme al Molise) nella classifica nazionale. In tutta la provincia di Palermo nel 2019-20 sono stati poco più di 3100 i bambini che hanno svolto 40 ore settimanali, il cinque per cento del totale, appena 63 alunni in più dell’anno precedente. A Siracusa si è formata solo una classe in più a tempo pieno con 14 bambini. Un po’ meglio in provincia di Catania dove l’incremento è stato di 650 alunni in 35 classi.
Per accelerare la trasformazione della scuola elementare siciliana, nell’estate del 2018 la Regione Siciliana ha firmato un protocollo d’intesa con il ministero dell’Istruzione. Prevedeva la sperimentazione del tempo prolungato in alcune scuole che si trovano in territori ad alta dispersione scolastica. Così nell’anno scolastico in corso in 15 istituti comprensivi dell’isola sono partite le attività pomeridiane. «Abbiamo allungato il tempo di contatto con le scuole per circa mille bambini che vivono in aree difficili – spiega Lagalla – non si tratta delle classiche lezioni frontali o di doposcuola, ma di interessi diversificati: informatica, arte, cinema, attività motorie e musicali. L’obiettivo è ridurre la dispersione scolastica».
Le scuole interessate sono tre a Palermo (Falcone, Rita Atria e Saladino), tre a Catania (Vittorio Feltre, Livio Tempesta e Cesare Battisti), tre a Messina (Albino Luciani, Villa Lina e Giuseppe Catalfamo), una rispettivamente ad Agrigento (Quasimodo), Caltanissetta (Vittorio Veneto), Vittoria (Filippo Traina), Trapani (Nunzio Nasi), Enna (Paolo Neglia) e Siracusa (Chindemi). Ognuna ha ricevuto 50mila euro dalla Regione e 50mila dal ministero per avviare la sperimentazione che durerà un anno. «Non è un’attribuzione formale del tempo pieno – ammette Lagalla – ma vogliamo estendere queste attività ad altre scuole usando i fondi europei e creare un modello siciliano di tempo prolungato».
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