Il silenzio che da qualche settimana avvolge il Museo di arte contemporanea Riso di Palermo dopo i giorni della tempesta lascerebbe pensare a una ricomposizione bonaria di una polemica dai toni durissimi andata in scena circa un mese addietro. Invece, purtroppo, le cose non stanno così, perché lattuale dirigente generale del dipartimento dei Beni culturali, larchitetto giurista Gesualdo Campo detto Gedo, continua a combinare casini uno dietro laltro. E se i casini che combina non finiscono sui giornali, beh, ciò non significa che i suoi atti non producono danni. Anzi.
Da qualche anno la logica, nella gestione dei beni culturali siciliani, è stata messa da parte. Di moda ci sono solo gli affari & le clientele. Ci sono progetti interessanti che potrebbero rilanciare, per esempio, il già citato Museo di arte contemporanea Riso? Bene, vengono subito bocciati. Del resto, sbaraccare per meri fini di bassa politica unesperienza culturale, prima che amministrativa, unica nel suo genere sembra il compito dellattuale governo regionale.
Il problema, ovviamente, non è politico. La politica, nella gestione dei beni culturali – e, in verità, anche di altre banche dellamministrazione regionale – centrava, appunto, quando cera ancora la politica. Quando un assessore era espressione di un partito politico che, spesso, non era quello del presidente della Regione. Quando i direttori degli assessorati – allora si chiamavano così – erano dirigenti di grande esperienza che, alla politica, anteponevano gli interessi dellamministrazione e, quindi, in una parola, linteresse pubblico.
Oggi la politica non cè. Cè solo la gestione del potere allo stato puro. Gli assessorati regionali e i dirigenti generali sono scelti direttamente dal presidente, che non ha alcun problema a sacrificare la competenza per lappartenenza. In questo scenario lo sfascio amministrativo è garantito. Di questo disastro lassessorato regionale ai Beni culturali è lesempio forse più macroscopico. A farne le spese, naturalmente, sono tutti quelli che non si genuflettono ai voleri del presidente Lombardo e dei suoi giannizzeri piazzati ai vertici di questo assessorato.
Il caso del Museo di arte contemporanea Riso, sotto questo punto di vista, è emblematico. Intanto, per chi ha un po di memoria, è quasi comico che di arte contemporanea si occupi larchitetto Gedo Campo. Lattuale dirigente generale dei Beni culturali della Regione è il solerte funzionario regionale che, negli anni 80, intraprese una guerra senza quartiere contro la Fiumara dArte di Antonio Presti. Secondo Campo, le opere darte contemporanea che Presti promuoveva nel versante tirrenico della provincia di Messina per sensibilizzare lopinione pubblica siciliana contro un uso folle e distorto del territorio erano abusive.
Presti predicava larte come antidoto alla volgarità, come un argine alle cemetificazioni delle fiumare del Messinese, come un no sociale e culturale alle speculazioni che stavano inghottendo chilometri di costa. Cosa coglieva Campo di questa battaglia che metteva al centro luomo e la dignità della vita? Che le opere darte volute da Presti – che peraltro le faceva realizzare a proprie spese – erano abusive.
Certo, anche in Sicilia, qualche volta, il tempo è galantuomo. E la Giustizia italiana, è il caso di dirlo, ha fatto giustizia dando ragione a Presti. Ma lidiosincrasia di Campo verso larte contemporanea non è venuta meno. E riapparsa quando Lombardo lo ha messo a capo del dipartimento Beni culturali della Regione. E a questo punto che locchio ceruleo di Campo si è posato sul Museo Riso di Palermo.
Chissà cosa deve essere passato per la mente di Campo nel vedere queste cose strane del Museo Riso. Che saranno mai queste installazioni? Forse, nella sua mente, sono tornati i fantasmi della Fiumara dArte, quelle opere a lui incomprensibili che deturpavano le valli tirreniche del Messinese. Ma larte non è fatta di statue equestri di Garibaldi e di Vittorio Emanuele che la Sicilia officiale, non a caso, continua a magnificare?
Per Campo, insomma, smantellare il Museo Riso sembra un imperativo categorico. Aiutato, in questo, dal presidente Lombardo che, forse, vede in questa vicenda un modo per tenere sulla corda Gianfranco Miccichè. Che centra Miccichè? Il Museo Riso è il frutto del lavoro e della passione di tanti artisti – siciliani, del resto dItalia, ma anche di altri Paesi del mondo – coordinati da Sergio Alessandro (che è il direttore del Museo) e da Antonella Amorelli. E siccome Antonella Amorelli è molto stimata da Miccichè, ecco che Lombardo, creando problemi al Museo Riso, tiene sulla corda Miccichè. Siamo alla vecchia politica-politicante, lunica, in fondo, che Lombardo conosce ed attua.
Però, in questo caso, il calcolo politico, oltre che meschino, è sbagliato. Perché Antonella Amorelli e Sergio Alessandro sono, in primo luogo, i protagonisti di unavventura culturale che, negli anni passati, è diventata un punto di riferimento nazionale e internazionale. Chi ha tratto giovamento dallattività del Museo Riso è stata la Sicilia. Distruggere, come si sta cercando di fare, questa esperienza è una follia. Così come è folle ridurre tutto a un problema di bilancino della politica.
Prendere le opere di artisti che nulla hanno a che spartire con larte contemporanea e sbatterli al Museo Riso, come sta cercando di fare larchitetto Campo, è unaltra follia. Che cosa centrano le litografie delle sculture di Francesco Messina con larte contemporanea? Eppure è proprio al Museo Riso che Campo e compagni – anzi e compagna, anzi moglie, visto che è la Sovrintendenza di Catania – dove opera la moglie d Campo – a voler sbolognare al Museo di arte contemporanea di Palermo queste litografie che saranno magari bellissime, ma che nulla hanno a che vedere con lattività del Museo di arte contemporanea di Palermo.
Esilarante, poi, la vicenda delle rassegne di Acireale. Di che si tratta? Ad Acireale non mancano le mostre di arte contemporanea. Bene. Il Museo Riso dovrebbe ospitare una mostra di queste rassegne…
Ora, a parte la qualità di certe manifestazioni, il tema vero è lingerenza continua nella gestione di un Museo di arte contemporanea da parte di personaggi che non dovrebbero occuparsi di queste cose (soprattutto se non ne hanno la competenza). La verità è che il Museo Riso è unesperienza che non piace agli attuali vertici del dipartimento dei Beni culturali. Lo stesso direttore Alessandro, stanco di queste ingerenze, sarebbe pronto a lasciare. Magari per andare ad occuparsi di urbanistica.
Un contributo importante, per il Museo Riso, sarebbe potuto arrivare con i fondi europei. Ma i progetti presentati dai vertici dello stesso Museo non sono stati approvati. Se si va a vedere come, con molta probabilità, verranno impiegati i fondi europei destinati alla promozione dellarte e dellarchitettura contemporanea si capiscono molte cose.
Qualche esempio. Circa 2 milioni e mezzo di euro serviranno per il restauro di villa Aurea ad Agrigento. Un milione e 250 mila euro per ledificio Casa Puglia a Linguaglossa. Circa 870 mila euro per lAlbergo dei Poveri (o delle Povere) di Palermo. Che centrano questi progetti con larte contemporanea? Nulla. Ma, così si dice, verranno di certo finanziati.
Mentre non si sa che fine farà, ad esempio, il progetto per inserire il Museo Riso nelle eccellenze italiane (2,8 milioni di euro). E, soprattutto, se vedrà mai la luce la riqualificazione di Palazzo Riso – progetto da 4 milioni di euro – in accordo con gli standard europei (a tal proposito, si è preferito riattivare un vecchio cantiere pe ril restauro filologico). Si sa poco, poi, del progetto per le Residenze dartista, che coinvolgerebbe Palermo, Alcamo, Ragusa, Enna e Gibellina (838 mila euro la spesa prevista). E, ancora, buio su un altro progetto che coinvolgerebbe otto Comuni siciliani, sempre nel campo dellarte contemporanea.
Finirà così? Vedremo.
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