Un sequestro preventivo per equivalente da 31 milioni di euro, otto persone e due società finite sotto la lente d’ingrandimento della Direzione distrettuale antimafia di Salerno e un’inchiesta madre con 35 persone coinvolte. La protagonista è ancora una volta la Tecnis, colosso degli appalti made in Catania che da anni deve fare i conti con ombre e traversie giudiziarie. Da quelle per gli appalti Anas, che hanno investito le menti del miracolo imprenditoriale Mimmo Costanzo e Concetto Bosco Lo Giudice, passando per i tanti cantieri aperti lungo lo Stivale. L’ultimo, in ordine di tempo, scandagliato dagli investigatori è quello di Porta Ovest, a Salerno. Un progetto a sei zeri finanziato con fondi dell’Unione europea nell’ambito del programma Reti e Mobilità 2007-2013 che consentirà, quando sarà completato, il collegamento tra l’autostrada e il porto della città campana. Nei giorni scorsi gli agenti della Dia hanno fatto visita negli uffici della società sparsi per l’Italia apponendo i sigilli in partecipazioni societarie, automobili, ville, terreni e conti correnti.
I documenti contabili racconterebbero una storia fatta di pagamenti per l’avanzamento dei lavori, fatture e subappalti per un flusso di denaro milionario, vincolato da Bruxelles per il cantiere salentino ma che sarebbe stato utilizzato da Tecnis per operazioni contabili che con quell’opera non avevano nulla a che vedere. È questo che ipotizzano detective e consulenti della procura campana che hanno analizzato negli ultimi anni i rapporti finanziari tra il colosso delle infrastrutture etneo e l’autorità portuale di Salerno, committente dell’opera. Una delle ipotesi di reato, come si legge nel decreto di sequestro di cui MeridioNews è in possesso, è quella di malversazione ai danni dello Stato e indebita percezione di erogazioni pubbliche.
Provocavano intenzionalmente un ingiusto guadagno patrimoniale
Tra i nomi inseriti nel decreto c’è anche quello di Giuseppe Miceli, quest’ultimo direttore tecnico e legale rappresentante. Miceli, tra i passaggi citati nei documenti, avrebbe provocato, in concorso con altre persone, «un ingiusto vantaggio patrimoniale» a favore della società romana SSI. Circa 300mila euro concessi tramite un subappalto in cui si sarebbe omesso di comunicare alla stazione appaltante che la ditta, oggi dichiarata fallita dal tribunale di Roma, non aveva più alcune qualifiche tecniche necessarie. Il cuore dell’inchiesta è però legato ai sal, acronimo che indica i pagamenti ottenuti da Tecnis per lo stato d’avanzamento dei lavori del cantiere di Porta Ovest.
Sette versamenti per un totale di circa 25 milioni di euro confluiti in un apposito conto Unicredit indicato come «dedicato alle commesse pubbliche» di Porta Ovest. Da qui sarebbero partite una serie di operazioni di pagamento, disposte da Tecnis, «destinati a fini diversi» dal cantiere, con l’eccezione di pochi bonifici, come quello da 1400 euro a favore della Cassa edile salernitana. Il resto è fatto di versamenti ad alcune società consortili, come Metro Catania 2013, Ponte Parodi, Sangro, ma anche passaggi di denaro in favore di studi legali, istituti di vigilanza e compagnie assicurative. «Si tratta naturalmente di operazioni non riguardanti i lavori eseguiti in cantiere», si legge negli atti firmati dal giudice per le indagini preliminari Stefano Berni Canani. Un insieme di variabili che hanno portato al sequestro di beni mobili e immobili riconducibili agli indagati e le quote sociali, per un valore pari a 300mila euro, riconducibili alla SSI. Sigilli anche alle somme erogate in favore della Tecnis per un totale di 21 milioni di euro. Ad amministrare il tutto per conto dello Stato saranno Carmela Maria Piscitelli e Ilaria Imperatore.
Nel filone principale dell’inchiesta, in cui è indagato anche l’ex presidente dell’autorità portuale di Salerno e attuale presidente di quella di Catania Andrea Annunziata, non si fa riferimento soltanto ai soldi. Restano anche diversi interrogativi sia sul crollo in cantiere a dicembre 2015 ma anche sull’effettiva possibilità, da parte di Tecnis, di vincere l’appalto. Come riporta il quotidiano La Città i lavori sarebbero stati aggiudicati in violazione delle norme che disciplinano le varianti progettuali. L’associazione temporanea d’imprese, a cui fanno riferimento le consorelle Cogip e Pavesi, secondo l’accusa avrebbero presentato una «proposta migliorativa ma che in realtà era a tutti gli effetti una variante sostanziale al progetto definitivo posto a base di gara». Motivo per il quale sono finiti indagati anche i componenti della commissione che ha assegnato l’appalto con un ribasso del 16 per cento per un importo complessivo di 98 milioni di euro. Il futuro di Porta Ovest al netto di inchieste giudiziarie e sequestri potrebbe presto sganciarsi dalle sorti di Tecnis. La società, tramite l’amministratore giudiziario Saverio Ruperto, è da tempo al lavoro su un bando per la vendita del cantiere. Passaggio fondamentale per il completamento dell’opera dopo un periodo di piena stasi.
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