Il mondo dello spettacolo catanese – e non solo – attende col fiato sospeso
il verdetto: chi sarà il nuovo direttore artistico del Teatro Stabile di Catania? Sono stati in 58 a presentare la propria candidatura, sia dall’Italia che dall’estero. Il lavoro di scrematura operato dal Consiglio di amministrazione dovrebbe essere ormai agli sgoccioli, e i candidati in gioco pare siano rimasti in quattro: Moni Ovadia, Orazio Torrisi, Sebastiano Lo Monaco e una donna, della quale non è ancora emerso il nome, pare proveniente dal Teatro Stabile di Genova. La scelta dovrebbe essere definita a breve ma, secondo alcuni, potrebbe arrivare solo dopo la decisione del tribunale di Catania sulla ricomposizione della crisi economica. Sebbene il cda non abbia mai reso pubblici i nomi di chi ci aveva provato, MeridioNews ne ha rintracciati alcuni. Tra chi ce l’avrebbe fatta e chi, invece, sarebbe stato escluso. Fuori dai giochi, sembrerebbe, anche l’ex direttore Giuseppe Dipasquale e il consulente a titolo gratuito voluto dal sindaco Enzo Bianco Giovanni Anfuso.
«Il teatro come lo concepisco ora deve avere una relazione organica con la musica. Il suono non deve essere un mero sottofondo o riempitivo», dichiara a questa testata Ovadia, forse l’ultima incarnazione dell’ebreo errante, che da ormai qualche anno sembra avere eletto la Sicilia a patria della sua vecchiaia. Direttore artistico del Regina Margherita di Caltanissetta per il terzo anno di fila, già regista di una versione delle Supplici che al teatro greco di Siracusa ha fatto storcere il naso agli accademici, vuole portare a Catania il frutto ultimo delle ricerche artistiche di una vita: il teatro in musica. Il progetto di Ovadia, pur tenendo conto della situazione finanziaria dello Stabile, intende aprire le porte all’innovazione artistica. «Per questo vorrei avvalermi della collaborazione di musicisti veri, compositori del calibro di Nicola Piovani». Il teatro di prosa – assicura l’artista – non mancherà, ma saranno privilegiate soprattutto le sperimentazioni. Come quelle di Emma Dante, «punta di diamante del teatro di ricerca», che Ovadia è fiero di essere stato tra i primi a portare in Sicilia. E non potrà mancare Mario Incudine, il bardo che ha affiancato Ovadia in questi anni siciliani, dalle Supplici in poi. «In sostanza si tratterà di una direzione aperta, che lasci spazio ai giovani. Ma non retoricamente. Un uomo della mia età deve essere capace di fertilizzare il futuro, altrimenti è una radice secca».
Altro scopritore di giovanissimi talenti – giovane a sua volta – è il direttore del festival
Quartieri dell’arte di Viterbo, Gian Maria Cervo. Di certo candidato ma, allo stato attuale delle informazioni, forse escluso. Classe 1970, Cervo ha lavorato a Roma, a Milano, in Germania. E tedesco è il modello di direzione artistica che vorrebbe trapiantare allo Stabile: non tanto direttore artistico quanto piuttosto Dramaturg (figura che in Italia non esiste), Cervo intende l’allestimento di una stagione teatrale come scrittura di un’opera d’arte unitaria, «com’è nei teatri internazionali di cui ho esperienza». Un innesto innovativo, quello progettato da Cervo, delle più recenti forme drammaturgiche continentali (teatro urbano, teatro di performance, commedia globale, fusione di registri diversi) che si realizzerebbe su un terreno – quello catanese – di cui Cervo conosce la complessità. «Ma anche la ricchezza» aggiunge. «So quanto importanti siano a Catania le tradizioni del teatro, del cinema, dell’opera. Mettere a confronto queste tradizioni con i nuovi linguaggi che cercano di tradurre l’esperienza di un cittadino globale può creare un clash di diverse prospettive, una drammaturgia plurivoca, aperta, dialogica». Cervo, poi, non è così lontano da Catania come potrebbe sembrare. A lui si deve la promozione a livello nazionale di alcuni dei nostri più giovani talenti nel campo dello spettacolo: il drammaturgo Joele Anastasi e il film-maker Francesco Di Mauro. «Artisti della cui collaborazione certamente mi avvarrei».
Su un respiro più europeo da dare allo Stabile catanese avrebbe puntato anche Vincenzo Pirrotta. Ma la sua candidatura, ci conferma lo stesso Pirrotta, non ha raggiunto la rosa dei finalisti nella cernita del cda. Nato a Palermo, diplomato all’Inda, erede della tradizione del
cunto siciliano, Pirrotta si è distinto negli ultimi vent’anni per regie, e poi drammaturgie originali, sempre più impegnate e radicate nel territorio siciliano. Senza dubbio radicati nel territorio siciliano sono poi i volti noti dello Stabile. Giovanni Anfuso, Giuseppe Dipasquale, Orazio Torrisi. Non hanno bisogno di presentazioni. Né, d’altro canto, è facile estorcergliele: tra questi, infatti, solo Torrisi si è sbottonato – già qualche mese fa – sulla propria candidatura
in un’intervista alla rubrica l’Elzeviro. Dipasquale, invece, resta inaccessibile oltre gli squilli del suo cellulare, mentre Anfuso si è asserragliato dietro a un gelido «no comment». Inaspettato per i più è, infine, il nome di Sebastiano Lo Monaco. Visto in questi giorni circolare negli uffici dello Stabile, pare sia nella rosa dei prescelti. Attore di cinema e tv, a teatro è il protagonista di Per non morire di mafia, il testo scritto dal presidente del Senato Pietro Grasso.
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