Teatro Massimo Bellini, alle prove con i cappotti «Manca perfino il gasolio per riscaldare la sala»

«Da quando è iniziata la stagione invernale, facciamo le prove con i cappotti e i cappelli addosso e la scorsa settimana siamo stati costretti a cancellare quella pomeridiana perché faceva troppo freddo e mancava il gasolio per il riscaldamento. Ma questa è solo la punta dell’iceberg». A parlare a MeridioNews è uno dei dipendenti dell’ente operistico etneo che spiega come i problemi del teatro Massimo Bellini siano tutti riconducibili a una sola matrice: quella economica. Sarebbero infatti sempre meno i fondi stanziati dalla Regione per il suo funzionamento e quindi sempre più difficile anche lo svolgimento delle attività. Stando all’ultimo taglio regionale, al teatro sarebbero stati decurtati tre milioni e mezzo di euro rispetto al precedente bilancio. Il contributo regionale sarebbe di nove milioni e mezzo di euro che basterebbero forse solo a coprire gli stipendi dei dipendenti. Se questo taglio non rientra, il teatro rischia di non riuscire più a programmare la stagione.

«Perché il teatro funzioni ci vorrebbero dei contributi di almeno 14 milioni di euro – dichiara a MeridioNews il segretario regionale di Snalv Confsal Antonio Santonocito – Il problema di natura economica si ripercuote drasticamente sulla pianta organica che è dimezzata tanto che una serie di figure apicali restano scoperte». Il personale dipendente complessivamente dovrebbe contare 415 lavoratori ma al momento sono solo 250. «Quello che chiediamo – aggiunge – è la stabilizzazione dei lavoratori precari che da oltre 20 anni fanno funzionare il teatro. Per la loro situazione, nel 2009, la Regione aveva già fatto un provvedimento. Ma la situazione è rimasta invariata, anzi è peggiorata: dal 2013 questi lavoratori vanno avanti solo con contratti di breve tempo, anche solo di alcuni giorni e l’ultimo accordo dello scorso ottobre prevede fino al prossimo aprile un contratto di 36 ore. Se prima non si poteva intervenire per la questione del blocco delle assunzioni nel pubblico impiego, adesso con la legge Madia questo ostacolo è stato superato per cui non ci resta che attendere che gli impegni presi dal sovrintendente Roberto Grossi con la Regione vengano rispettati da entrambe le parti».

Prevenzione incendi, autisti, movimento scene di carico e scarico, personale di portineria, caldaisti, uscieri, falegnami, pittori, un addetto all’ufficio stampa e uno alla contabilità delle giornate del personale. Sono questi i lavoratori precari che hanno contratti stagionali da quattro ore al giorno che «non sono sufficienti a ricoprire il carico di lavoro richiesto», spiega Salvatore Costa, rappresentante sindacale e falegname precario del teatro etneo da oltre 18 anni. «Molti che sono nella mia stessa situazione lavorano qui da più di 25 anni e sono mai stati stabilizzati. Noi non contiamo nulla perché tutto quello che accade dietro le quinte non si vede mai ma, come dice un proverbio siciliano, “alla squagliata della neve si contano i danni”. E qui nel conto c’è da mettere che è tutto un sistema che non sta funzionando che ci ha portati allo sbando totale perché non c’è un direttore tecnico né un direttore amministrativo, ognuno fa scarica barile e, così, la situazione si ingarbuglia sempre di più».

I problemi si ripercuotono su tutto il reparto tecnico «composto da lavoratori interinali o stagionali di cui una parte ha addirittura dei contratti a progetto – precisa il segretario della Slc Cgil, Gianluca Patanè – ed è chiaro che queste non sono condizioni ottimali per garantire gli spettacoli di prestigio che ci si aspetta di vedere al teatro Bellini». Gasolio comprato in quantità irrisorie che non è sufficiente a scaldare la sala, il palco che non sempre si riesce a montare per gli spettacoli, la mancanza della corrente dovuta alle inadempienze economiche. «Chiederemo un incontro con il sovrintendente e il sindaco della città metropolitana, Enzo Bianco, per discutere del nostro timore in merito alla sostenibilità futura dell’ente – afferma Patanè – e provare a cercare insieme delle soluzioni per rendere il teatro più produttivo».

L’emorragia degli abbonamenti è uno degli ambiti su cui si riflette immediatamente il problema delle produzioni che dipende da quello dei contributi. «Molti artisti si rifiutano di venire qui a esibirsi perché hanno accumulato troppi ritardi nei pagamenti precedenti – spiega uno dei componenti dell’orchestra – per cui gli spettacoli in programma vengono stabiliti in base all’organico a disposizione e a molte esibizioni di prestigio siamo costretti a rinunciare. Negli ultimi anni, questo trend che era già in atto è peggiorato notevolmente fino ad arrivare alla preoccupante perdita complessiva di oltre 200 abbonati nella lirica». 

Marta Silvestre

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