«Rosario Crocetta, Enzo Bianco e Michela Stancheris hanno in mano le sorti del Bellini. Il primo, contrariamente a quanto detto in campagna elettorale sulla rinascita dei teatri, ci ha messo in una situazione che non è stata mai così drammatica; il secondo, che in una condizione di normalità sarebbe il presidente del Cda dell’ente, se non interviene contribuirà a una perdita disastrosa per la città, e la terza – l’assessore regionale al Turismo, Sport e Spettacolo – non è mai entrata in un teatro lirico, forse è più abituata alle discoteche». È questa l’amara analisi fatta da Giuseppe Valastro, uno dei violinisti e professori d’orchestra del Teatro Massimo Vincenzo Bellini di Catania. Insieme agli altri lavoratori dell’ente – circa 350 persone – non percepisce lo stipendio dal mese di agosto e, se non fosse costretto a casa perché in convalescenza a seguito di un’operazione, ieri sarebbe stato a suonare gratis con i suoi colleghi per protesta. Così hanno infatti deciso di manifestare gli artisti e non solo del Bellini: con una giornata di musica aperta al pubblico, dalle prove della mattina fino al concerto nel pomeriggio di ieri.
«Con i nostri strumenti, la nostra voce e il nostro lavoro vogliamo dire che il teatro è un bene pubblico, aperto alla città e chiuso ai politici, che invece di promuovere la cultura la stanno affossando, e non solo nel nostro ambito», continua Valastro, nell’organico dell’ente lirico dal 1999. I politici, secondo il professore d’orchestra, «non si mettono d’accordo e non si capisce a che gioco stiano giocando. Sappiamo solo che lo fanno sulla testa di 350 famiglie e di tutto l’indotto». Nonostante le rassicurazioni da parte dell’amministrazione, infatti, la situazione dei lavoratori rimane drammatica, e quello che li preoccupa non è solo la mancanza degli stipendi, ma dei fondi in generale. «Il problema non è solo che noi non veniamo pagati da circa quattro mesi – spiega Valastro – ma è che non ci sono fondi per pagare le scenografie, i cantanti e questo arreca un danno inimmaginabile a livello internazionale». «In 130 anni di storia ad altissimi livelli del terzo teatro lirico più importante d’Italia, con una struttura che ha una delle migliori acustiche al mondo e che è di certo un gioiello di architettura – spiega – non è mai successo. Adesso si rischia di abbassare la qualità culturale del nostro lavoro e persino di chiudere». Una possibilità a cui il musicista non vuole credere. «Abbiamo più abbonati del Calcio Catania e non succede in nessun’altra città d’Italia, ma, come nel calcio, se si vuole mantenere una squadra in serie A, si devono pagare i migliori giocatori. Invece con pochi soldi avrai cose che valgono meno. Qui si sacrifica la cultura e si tratta la massima istituzione artistica della città come uno stipendificio».
Quello che preme sottolineare al professore d’orchestra è che molti non hanno idea di cosa serva per far funzionare un teatro lirico: «La lirica è l’opera d’arte più complicata che esiste. Non ci sono solo i musicisti, i cantanti e gli attori. Dietro c’è un mondo fatto di falegnami, parrucchieri, scenografi, truccatori, costumisti, sarti, calzolai, tecnici di vario genere, portinai, vigili del fuoco, per nominarne solo alcuni. Tutti impiegati del teatro. E quando la Regione paga gli stipendi di 350 persone bisogna ricordare che paga anche le tasse. Si tratta quindi di grandi numeri, ma molti commentano “tutti questi soldi per gli stipendi”, senza capire bene di cosa parlano». Con questo il dipendente del teatro non vuole dire che non ci siano stati degli errori nella gestione dell’ente: «Se ci sono degli sprechi senza dubbio la Regione deve intervenire, però non possono pagare i lavoratori ma chi li ha causati perché, come si dice dalle nostre parti, il pesce puzza dalla testa».
[Foto del gruppo Facebook Non uccidete il Teatro Bellini]
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