Nessun ente siciliano tra i teatri Nazionali Palermo: «Non è una bocciatura». Catania: «Atto gravissimo»

Non c’è nessun ente siciliano tra quelli che hanno ottenuto la qualifica di teatro Nazionale secondo la riforma del settore attuata dal ministro della Cultura Dario Franceschini. A ottenere l’ambita qualifica – quella che permetterà di accedere a finanziamenti corposi – sono Teatro di Roma, Teatro Stabile della città di Napoli, fondazione Emilia Romagna, fondazione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, fondazione Teatro Stabile di Torino, teatro della Toscana, teatro Stabile del Veneto – Carlo Goldoni. Accedono allo status di teatri di Interesse culturale (Tric), invece, il Teatro Biondo Stabile di Palermo, l’ente teatro di Sicilia – Stabile della città di Catania e il teatro Stabile di Genova. Lo ha comunicato il Mibact, scatenando le reazioni – più o meno sorprese – da parte degli enti isolani esclusi. 

Non è stata certo una notizia inaspettata per il direttore del teatro Biondo, Roberto Alajmo. Certo c’era la speranza di poter diventare Teatro nazionale, ma vista la situazione, economica soprattutto, era assai difficile. «Non la vedo come una bocciatura, né come una sconfitta – dice a Meridionews – con la squadra che ho qui a Palermo posso dire che abbiamo un buon posto in classifica. Ci siamo mossi un po’ tardi, questo è il punto». Ci ha provato Alajmo, una scommessa a cui non ha voluto rinunciare mettendo in conto anche di non riuscire, presentando alla fine di gennaio la domanda per l’ammissione tra i Teatri nazionali, tentando il tutto e per tutto, anche di presentare una richiesta unica con altre strutture teatrali della città, ma ricevendo un secco no da parte di Roma. Alla fine, quindi, la decisione di presentare la richiesta da solo. «In un contesto economico come quello della Sicilia è difficile competere con colossi come Milano che hanno budget quattro volte Palermo e forse cinque volte Catania. Ce la siamo giocata con onore e dobbiamo essere soddisfatti di essere nella fascia dei teatri di Interesse culturale, che non avranno meno di quello che avevano lo scorso anno».

Per Nino Milazzo, presidente dello Stabile etneo, invece si tratta di una decisione «assurda». Il giornalista, con tono amareggiato, spiega di voler attendere la pubblicazione delle valutazioni compiute dal ministero. «Tutte le regole prospettate dal decreto Franceschini non hanno avuto nessun valore», commenta. «Siamo il terzo Stabile creato in Italia, abbiamo una grandissima tradizione. È un atto gravissimo – si limita a dire – avremo modo di stabilire se contestabile giuridicamente», spiega riferendosi anche all’esclusione di una realtà come quella di Genova. Preferisce non rispondere anche il direttore etneo, Giuseppe Dipasquale, impegnato a Roma per una trasferta. A dicembre Dipasquale aveva affermato che «la nostra attività soddisfa i parametri richiesti dal tipo in questione ma rientrare nei Tric non sarebbe comunque un declassamento». 

Intanto a Palermo si guarda avanti e al futuro del teatro Biondo. «Spero di mantenere il programma del 2015 presentato al ministero e di non fare tagli o il minimo possibile. Le attività per le scuole e per l’infanzia e i concerti spero di non toccarli; certo, dobbiamo fare i conti con soldi in meno, ma se Regione e Comune ci staranno vicini spero di mantenere. Da domani – continua Alajmo – dobbiamo cominciare a lavorare a una federazione tra i teatri con Catania. Ci sono già delle collaborazioni in termini di produzioni, adesso si tratta di unire le forze e ottimizzare le risorse. Per il Ministro bisogna creare un consiglio d’amministrazione unico, ma sono passaggi che vanno sulle nostre teste. Insomma – conclude – non siamo noi due, i direttori, a decidere». Un piccolo rammarico, però, Roberto Alajmo lo esprime: «Forse se avessimo fatto una richiesta comune con Catania, sarebbe andata diversamente. Ma va bene così, adesso bisogna guardare avanti». 

Carmen Valisano

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