I corridoi sono sgombri. I commessi dentro Sala d’Ercole indossano la divisa delle grandi occasioni. Il palazzo è tirato a lucido, mentre gli uscieri lungo i corridoi hanno indossato i guanti bianchi. Antonio Tajani, il presidente del Parlamento Europeo in visita ufficiale in Sicilia, arriva e non nega un sorriso a nessuno, lungo il suo percorso dentro il Palazzo, ma anche all’esterno. Il benvenuto da parte dell’Assemblea, in apertura della seduta straordinaria dell’Ars, arriva dal padrone di casa, Gianfranco Micciché.
«Il più antico Parlamento d’Europa – ha detto Micciché – apre le sue porte al presidente del Parlamento Europeo, il più importante organo di rappresentanza democratica dell’Occidente. Un faro per le democrazie di tutto il mondo, ma al contempo un’istituzione, quella europea, che a volte è apparsa distante dai cittadini europei e sempre più è minacciata dalle derive sovraniste e dai campanilismi che, con preoccupazione, offuscano il sogno di un’Europa unita».
Secondo Micciché, «il Mediteranno, e la Sicilia al centro di esso, sono il simbolo più limpido e cristallino dell’Europa che sogniamo e che sognavano i padri fondatori dell’Unione. È proprio sul Mediteranno che è stata concepita l’Europa e al centro di questo mare c’è la Sicilia. Lo stesso mare in cui in questi giorni affondano i sogni e le speranze di tanti disperati in fuga da guerre, carestie e tragedie. Lo stesso mare che per secoli ha unito popoli e culture e che oggi li divide, li respinge, li destina a morte e indifferenza». Non manca, ancora una volta, la stoccata politica: il primo inquilino di Sala d’Ercole, infatti, parla di «un capitolo triste popolato di attori e comparse altrettanto tristi, che impone a chi governa il dovere di approntare, subito, una strategia unitaria e coordinata tra gli Stati Membri, affinché una legislazione giusta accolga chi fugge dall’inferno e punisca chi specula sul traffico d’essere umani».
In coda al suo intervento, Micciché ha parlato anche della condizione di insularità, chiedendo un maggiore impegno anche rispetto all’istituzione delle zone franche. Poi è stata la volta del governatore, Nello Musumeci, che ha chiesto maggiori attenzioni da parte dell’Europa: «Se continuiamo a guardare alla Sicilia come ultima regione d’Europa, ci sentiremo sempre più lontani da Bruxelles. Se ci convinciamo, invece, che l’Europa comincia qui nel Mediterraneo, allora noi siciliani avremo tutto il diritto di candidarci a protagonisti. Del Mediterraneo e dell’Europa. Vogliamo sperare che dalla comunità europea arrivino ulteriori e concreti segnali di vicinanza, perché noi siamo l’Europa. Siamo europeisti per tradizione ed è questa consapevolezza che ci consente di guardare al futuro, perché la Sicilia torni ad essere luogo di confronto, di crescita, di sviluppo e di tolleranza, ma anche punto di partenza per qualunque progetto l’Europa voglia intraprendere in questo tormentato bacino Mediterraneo».
A proposito di «tormentato bacino Mediterraneo», il presidente della Commissione Antimafia, Claudio Fava ha ammesso di non essere «tra coloro che lodano e apprezzano l’idea di un’Europa abbastanza impigrita e distratta. Ci sentiamo piuttosto figli di un’idea alta d’Europa, quella del manifesto di Ventotene, scritto proprio nel Mediterraneo. Non ci appassiona questa Europa, ma sinceramente ci mette tristezza questa Italia che si gonfia al grido del prima gli italiani. Mi mette un brivido, pensando a 70 anni fa, quando si gridava prima gli ariani».
E ancora, rivolgendosi a Tajani, ha aggiunto: «Nell’accompagnarla in questo Palazzo, le avranno mostrato quel miracolo di armonia e civiltà che è la Cappella Palatina, in cui si trovano iscrizioni in greco, in latino, in arabo. Ecco, in un tempo in cui gli altri si scannavano nelle crociate, noi eravamo questo. Oggi siamo un’Isola in cui risiedono le ossa di chi muore. Mentre il vicepremier ripete basta taxi nel mare, io ho l’immagine di quel ragazzino annegato, nella cui tasca era cucito il suo biglietto da visita, la sua pagella scolastica. Che diritto abbiamo, di fronte a queste a questa immagine, di chiedere se fuggisse dalla miseria o dalla guerra? Io mi auguro che questa rotta, la Sicilia la sappia invertire, per non essere più il cimitero a cielo aperto più clamoroso e tragico che esista al mondo».
Le conclusioni, naturalmente, a Tajani. Che ripete ancora una volta di essere convinto che «la questione legata ai flussi migratori vada risolta in Africa, che ha bisogno di sviluppo reale, di un’agricoltura che non sia più tribale, ma competitiva, di infrastrutture. Se c’è tanto malcontento, vuol dire che c’è qualcosa che non va e che l’Europa va cambiata, fermo restando che non possiamo affrontare il confronto con la Cina, gli Stati Uniti o altri, se non insieme». Il presidente dell’Europarlamento ha poi annunciato che intende istituire un fondo da 20 miliardi di euro, da recuperare dai fondi europei non spesi, da destinare alla realizzazione di infrastrutture nel meridione del Paese.
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