Sviluppo sostenibile e Chimica Verde (Green Chemistry)

NON PUOI RAGGIUNGERE CHI E’ PIU’ AVANZATO DI TE PERCORRENDO LA STESSA STRADA. L’ENERGIA CHE ARRIVA IN UN’ORA DI SOLE SULLA TERRA EQUIVALE AL FABBISOGNO NECESSARIO PER UN ANNO

di Eugenio Cottone*

Il Consiglio Nazionale dei Chimici, organo esponenziale e di governo della professione di chimico in Italia, ha predisposto questa relazione, sui temi dello sviluppo sostenibile e della Chimica Verde (Green Chemistry) per renderne disponibili in forma sintetica e comprensibile i concetti basilari e per evidenziare i motivi anche remoti che generano il processo di cambiamento in atto, segnalando anche le correlazioni con aspetti critici, che a prima vista non sembrerebbero coinvolti con le dinamiche dello sviluppo sostenibile.
Data la natura dichiaratamente divulgativa della presente nota, gli argomenti sono accennati in misura non superiore a quanto necessario per permetter la comprensione dei temi proposti.
Risulta evidente che per gli approfondimenti viene qui fatto riferimento a documenti di maggior respiro tecnico e scientifico.
Per questo motivo questa nota non ha altra aspirazione se non far comprendere la complessità della questione “sostenibilità” e la necessità di implementare un nuovo modello di sviluppo, appunto quello “compatibile” (con le risorse e con la qualità della vita), che potrebbe porsi in posizione di discontinuità “apparente” con il passato, come lo fu (ad esempio) la scoperta dell’ America: evento che liberò la mente degli uomini dai dogmi ed aprì la strada al dubbio come momento indispensabile per la ricerca della verità e come elemento propulsivo del progresso.

I paradigmi sullo sviluppo sostenibile o Economia Verde (Green Economy)
• L’acqua che berrai oggi è la stessa che si è formata con la terra e che berrai domani, la luce del Sole non è quella di ieri ne sarà quella di domani;
• L’energia che arriva in un’ora di sole sulla terra equivale al fabbisogno di energia necessario per un anno;
• Consumare quanto un paese del terzo mondo mantenendo stile di vita all’occidentale, per permettere il rinnovarsi delle risorse;
• Non vi è contrasto tra ciò che ricerca un’Industria moderna e la tutela dell’ambiente;
• Non puoi raggiungere chi è più avanzato di te percorrendo la sua stessa strada.
Delineati i paradigmi proveremo ad evidenziare gli effetti degli stessi.

 

Chimica ed energia
La questione energetica come è posta usualmente è un falso problema, dal momento che non vi è penuria di risorsa, ma vi è penuria di capacità di accumulare energia. In tale contesto l’uso non sempre accorto e sapiente dell’energia accumulata sotto forma chimica nei cosiddetti combustibili fossili è stato l’elemento di maggior perturbazione dell’equilibrio tra consumo delle risorse ed il loro rinnovamento. La consapevolezza di ciò, sancita venti anni fa dalla Conferenza di Rio de Janeiro, ribadita dall’Europea a partire dal suo secondo programma ambiente, non è penetrata sino in fondo nel sistema della ricerca e della produzione, sino a quando la grande crisi economica del 2008, non ha evidenziato che solo investimenti in nuovi modelli, materiali e sistemi compatibili con il principio di “almeno parità tra consumo di risorse e loro rigenerarsi”, erano la chiave di volta non solo per il superamento della crisi ambientale ma anche della crisi economica e sociale. Tale sistema chiamato Economia Verde (Green Economy) ha visto come elemento trainante (in estrema sintesi) lo sviluppo della produzione elettrica da fonti alternative.
Questa pur meritevole ed indispensabile azione evidenzia oggi i suoi limiti, in quanto ha contribuito a distogliere l’attenzione da problemi quali l’incremento di concentrazione di anidride carbonica (CO2) nell’atmosfera, che è causa di cambiamenti climatici ormai avvertibili, e la prevista riduzione della disponibilità di risorse petrolifere, che, secondo accreditati modelli di previsione individuano nel 2050 la data limite in cui tali risorse non sarebbero disponibili in quantità superiori a quelle degli anni ’30.
Delimitato il contesto, gli attuali apparenti contrasti che limitano l’ulteriore diffusione della fascia della Green Economy (che oggi si individua con la trasduzione tra solare ed elettrico fotovoltaico, eolico, solare a concentrazione), in termini di paventata chiusura di grandi Centrali Termo Elettriche (CTE) con i conseguenti rischi occupazionali, stabilità di rete e strategia energetica, verrebbero superati se quanto prodotto con le rinnovabili venisse prioritariamente utilizzato per la sostituzione dei combustibili utilizzati per l’autotrazione. Questo settore è quello che di gran lunga “brucia” (letteralmente) la massima parte delle risorse non rinnovabili.
Fonte: Bilancio Energetico Nazionale – Ministero dello Sviluppo Economico anno 2010
Tale sostituzione deve prevedere due momenti, uno di breve-medio periodo ed uno di medio-lungo periodo che potrebbe bilanciare il previsto decremento della risorsa fossile.
Nel breve periodo sarebbero necessari atti normativi e politiche di incentivi/disincentivi che promuovano l’utilizzo esteso della trazione elettrica (Zero Emission Vehicles) in ambito cittadino. Il risparmio di combustibili fossili non più utilizzati per l’autotrazione consentirebbe di affrontare con maggior respiro il problema della produzione di energia elettrica e il sottostante conflitto (di interessi, soprattutto) tra fonti rinnovabili e fonti tradizionali. Nel medio periodo si dovrebbe promuovere la ricerca tecnologica sui nuovi accumulatori (si tratta di un punto centrale) ed in particolare modo alla loro recuperabilità a fine ciclo per la ricostituzione di nuovi.

L’altra azione di gran lunga più strategica, anche perché immediatamente operativa, consiste nella trasduzione da energia elettrica ad energia chimica, ovverosia nella possibilità di stoccaggio dell’energia solare con una logica del tutto simile a quella naturale come già profetizzato da Giacomo Ciamician nella Conferenza di New York, settembre 1912 e che potremmo cambiare fotosintesi artificiale.
E’ di attualità, benché non sia una novità in termini scientifici, la proposta (di ricercatori tedeschi) di utilizzare il surplus di energia elettrica da fonti rinnovabili per produrre idrogeno mediante elettrolisi dell’acqua ed eventualmente da questo, utilizzando processi ben noti, produrre metano da inserire nei circuiti di distribuzione esistenti, aggirando l’intera problematica connessa alla manipolazione dell’idrogeno quale vettore energetico per autotrazione.
Nel concreto e considerando ad esempio il contesto della Sicilia (per ovvi motivi geografici è la regione a maggiore potenzialità produttiva ed è, nel contempo, geograficamente determinata dal fatto di essere un’isola), si sente parlare di un presunto sbilanciamento del sistema a causa della concessione all’installazione di 880 MWp di potenza elettrica (di picco) da energie alternative, che la rete nazionale non è in grado di assorbire.
Considerando che il vero obiettivo è sostituire per l’autotrazione i combustibili fossili con altri da fonti rinnovabili, se la concessione all’installazione degli impianti eolici o solari fosse stata accompagnata da una norma volta a riservare la circolazione all’interno dei centri storici soltanto ai veicoli a trazione elettrica, si sarebbero create le condizioni per l’utilizzo del presunto surplus di energia prodotta.
Infatti, indicativamente per ogni MWp (solare o eolico) installato vengono prodotti 1.300- 1.400 MWh di energia elettrica l’anno. Un’auto elettrica, in funzione della potenza del motore e del peso del veicolo “consuma” grossomodo 0,2 KWh/Km, che, per una percorrenza di 20.000 Km/anno sommano a 4 MWh/anno per veicolo.
È facile vedere che, se anche soltanto il 20% dell’energia prodotta dagli impianti eolici e fotovoltaici attualmente in concessione in Sicilia, fosse reso disponibile per la ricariche delle auto elettriche per la circolazione nei centri storici, sarebbe possibile alimentare “con sola energia rinnovabile” la circolazione di oltre 57.000 veicoli elettrici.

Se si paragona il dato alla consistenza del parco veicoli in Sicilia, stimato dall’ ACI (alla fine del 2011) pari a 4.247.836 veicoli di cui 3.150.657 autovetture (731.597 autovetture nella sola provincia di Palermo) ci si rende conto che i 57.000 veicoli elettrici sono appena 1,34% del parco complessivo, 1,81% del parco autovetture ed il 7,79 % del parco autovetture della provincia di Palermo.
Se consideriamo inoltre, che nei primi sei mesi del 2012 le immatricolazioni in Italia di veicoli elettrici (non ibridi) sono state 286 (Fonte UNRAE) e che nel mondo intero la Nissan ha venduto (ad aprile 2012) 27.000 Leaf (il suo modello elettrico), si svela in pieno la potenzialità economica ed occupazionale di un atto normativo che integrato con forme incentivanti adeguate (quali, solo a titolo di esempio, pedaggio autostradale gratuito, esenzione dal pagamento della
sosta in zone “strisce blu”, ricarica a prezzi agevolati su centraline pubbliche alimentate da alternative, parco auto blu quasi totalmente elettrico, ecc.) consentirebbe di raggiungere l’ambizioso obiettivo di rendere “elettrico” il 20% del parco veicoli circolante entro il 2020 (diciamo 850.000 unità), modificando il panorama e dando vigore ed impulso all’intera economia.

Ma noi Chimici richiamando il paradigma “Non puoi raggiungere chi è più avanzato di te percorrendo la sua stessa strada” chiediamo di più: chiediamo che si applichi la trazione elettrica sostenuta da pile a combustibile che utilizzano metano, (tecnologia già esistente) in modo che da un lato si recuperi lo scompenso creato tra domanda ed offerta di metano a breve periodo, dall’altro lato ci si prepari alla prima transizione che vedrà l’utilizzo di metano di sintesi a partire dalla cattura dell’anidride carbonica come soluzione per l’accumulo di energia solare.
Sempre nel breve periodo è possibile prevedere un minore impatto sull’ambiente ed un ulteriore equilibrio in termini di diversificazione energetica e sicurezza energetica stessa, se si provvede ad innestare nel sistema dei petrolchimici siciliani alcuni impianti di produzione di benzina di sintesi basata sulla sintesi nota come processo Fischer-Tropsch a partire da Metano (gas naturale o di sintesi). Tale sistema è noto nel mondo con la sigla GTL acronimo che sta per Gas to liquid. Una sostituzione di una quota della benzina prodotta a partire da petrolio grezzo che già di per se stesso contiene numerosi gruppi di sostanze classificati come Cat.Carc 1, porterebbe notevoli miglioramenti sotto il profilo emissivo dei complessi petrolchimici con benefici sulla popolazione che vedrebbe diminuito il rischio sanitario senza il contrappasso di perdita occupazionale, ma anzi il piano di investimenti necessari stabilizzerebbe il settore per oltre un decennio.
È evidente, d’altra parte, che una politica energetica che voglia andare verso tale futuro necessita di un appoggio fiscale con una riduzione delle accise sul prodotto di sintesi, al fine di rendere possibile il raggiungimento del punto di pareggio (Break Even Point) rispetto all’approvvigionamento tradizionale.
Altra azione, di gran lunga più strategica, consiste nella trasduzione da energia elettrica ad energia chimica, ovverosia la possibilità di stoccaggio dell’energia solare con una logica del tutto simile a quella naturale come già profetizzato da Ciamician nella Conferenza di New York, settembre 1912. Riteniamo che la chiave di volta di questa rivoluzione stia nella conversione a bassa temperatura del metano (CH4) in metanolo (CH3OH) e nella miniaturizzazione del reattore chimico.

Tale scelta ha diverse motivazione: il metanolo (o alcol metilico) ha caratteristiche chimico- fisiche simili alla benzina, ed il suo stoccaggio, trasporto e distribuzione non richiederebbe particolari adattamenti della attuale catena. Il metanolo è utilizzabile con relativa facilità sia nei motori a scoppio, che nelle apposite celle (pile) a combustibile oggetto di studio evolutivo da parte di colossi industriali Giapponesi. L’alcol metilico pur essendo tossico è ampiamente diffuso in natura ed eventuali sversamenti dello stesso nell’ambiente, se non raggiunta la soglia di tossicità, sarebbero assorbiti dallo stesso con estrema facilita (si consideri che la caduta di un frutto e la sua successiva liquefazione liberano alcol metilico). Infine la trasduzione dell’energia elettrica in energia chimica avverrebbe sulla base della sintesi (o processo) di Sabatier sintesi che permette di produrre metano (CH4) a partire da anidride carbonica (CO2). Tale circostanza garantisce il già accennato equilibrio quantitativo e temporale tra utilizzo della risorsa e sua ricostituzione, non ha effetti sul bilancio della CO2 e contestualmente sarebbe una grande opera di riparazione ambientale se ulteriori elementi imponessero la riduzione dell’anidride carbonica.
Tra le azioni strategiche complementari si deve citare la produzione di carburanti da biomassa non destinata né destinabile ad utilizzo alimentare. In tal senso la produzione di etanolo (alcool etilico) da biomasse ligno-cellulosiche è un esempio importante da valorizzare. Il processo tipicamente prevede la conversione dell’emicellulosa (che, ad esempio, è materia prima per la carta) in glucosio per poi produrre alcool etilico per via enzimatica, in analogia ai processi di vinificazione.

Ruolo della Chimica in ambito urbano
Passando ad esaminare i restanti capitoli degli effetti sul sistema produttivo, il riequilibrio tra città e campagna, il ritorno alla produzione ridistribuita e quindi la risposta proattiva ai risultati della conferenza HABITAT II (Nairobi, Kenya, 1997), ove si evidenziò (“Monitoring Urban Settlmentes with Human Indicators – The Abridged Survey”) la criticità di un sistema che senza correttivi porterà nel 2030 ad avere 3,3 miliardi di individui che vivranno in metropoli (oggi la popolazione mondiale complessiva ammonta a circa 7 miliardi di individui) “Durante il periodo dal 1990 al 2030, la popolazione delle aree urbane arriverà a circa 3,3 miliardi di individui, oltre il 90 per cento dei quali si ammasserà nelle città dei paesi in via di sviluppo. Le città sono diventate sinonimo di crescita, e sono sempre più soggette a crisi drammatiche, soprattutto nei paesi in via di sviluppo. La povertà, il degrado ambientale, la mancanza di servizi urbani, la degenerazione delle infrastrutture esistenti, e la mancanza di accesso alla terra e un alloggio adeguato sono tra le principali aree di interesse. Bene o male, lo sviluppo delle società contemporanee dipenderà in
larga misura dalla comprensione e dalla gestione della crescita delle città; la città diventerà sempre più il banco di prova dell’adeguatezza delle istituzioni politiche, della performance delle Pubbliche Amministrazioni e dell’efficacia dei programmi per combattere l’esclusione sociale e per promuovere lo sviluppo economico”.
Sembra ineludibile affrontare la sfida di trasformare le città da enormi “buchi neri” (in termini di assorbimento di risorse materiali ed energetiche), a sistemi virtuosi che tendono a ridurre la dipendenza energetica e restituiscono materie prime idonee alla produzione, correggendo il rilascio di rifiuti senza produzioni significative, frenando la riduzione della base produttiva ed occupazionale.
In tale contesto la politica dei rifiuti e della gestione dell’acqua come risorsa, accompagnata ad un efficace politica energetica ed infine il recupero e la messa in sicurezza del patrimonio edilizio sono gli elementi ritenuti essenziali per quanto attiene la Chimica, applicabili nelle città, anche se al CNC non sfuggono i temi relativi alla sicurezza sociale e alla creazione di un clima amichevole e non conflittuale tra le genti.
Il problema del non “consumo del suolo” attraverso la sostituzione di patrimonio edilizio spesso di scarso pregio se non addirittura dannoso all’armonia di una città con nuovo patrimonio edilizio, più compatibile ed energeticamente efficiente, quale segno dei tempi, è altra questione da affrontare, ma, consci che su questi argomenti altri ben più qualificati di noi possono dare un quadro di ampio respiro, le posizioni del CNC a tal riguardo non verranno qui neppure brevemente accennate .
Quindi inizieremo dall’analisi del problema dei rifiuti.

Chimica e Rifiuti


Il primo paradigma citato: “L’acqua che berrai oggi è la stessa che si è formata con la terra e che berrai domani, la luce del Sole non è quella di ieri ne sarà quella di domani ”, delinea come accennato la questione ambientale e quindi la questione della sostenibilità. La questione ambientale è, ridotta ai minimi termini, questione di “materia”, stante che il pianeta Terra se da un lato può cedere o ricevere energia dall’altro non cede o riceve massa (ad esclusione della caduta di meteoriti o dell’irrilevante – in termini di massa – invio nello spazio di satelliti o quant’altro). Già dalla fine degli anni ’70 del secolo scorso il legislatore europeo trascriveva il concetto scientifico di “relatività” di rifiuto nelle norme ambientali, ed in seguito tutta la legislazione si è orientata al fine di mantenere la condizione essenziale dell’equazione

Materia prima ? Rifiuti ovverosia: il sistema è in equilibrio se i quantitativi di materia prima che si trasformano in rifiuti,
sono pari ai quantitativi di rifiuti che tornano, nello stesso tempo, ad essere materia prima.
Applicare questo concetto nelle città comporta che la raccolta rifiuti si evolva nel tempo, fino a diventare “raccolta di materie prime” (secondarie).
Il meccanismo giuridico è l’articolo 184 ter del D.lgs 152/2006 come modificato dal D.Lgs. n. 205/2010, che prevede le condizioni affinché un rifiuto perda tale qualifica, specificandole al comma 1.
Agli effetti pratici, tali condizioni che possono essere declinate, ad esempio, in una efficace separazione a monte delle frazioni merceologiche (a titolo di esempio contenitori in vetro puliti, privi di etichette, divisi per colorazione).
Il 20 aprile 2012 il Parlamento Europeo ha approvato la proposta della Commissione sulla nuova direttiva rifiuti, proposta che prevede la possibilità di erogare incentivi economici per tale fase, proibendo allo stesso tempo l’incenerimento (con recupero o senza recupero di energia) di tutto ciò che è recuperabile.
L’intervento della Chimica in tale settore agisce su tre aspetti:
a) sviluppare metodi e strumenti per la semplice verificabilità della corrispondenza della frazione merceologica separata a quanto richiesto dall’utilizzatore per il suo utilizzo senza necessità di ulteriori trattamenti;
b) lo sviluppo di nuovi materiali al posto di quelli tradizionali, che possano alla fine del loro ciclo di vita essere facilmente riutilizzati con consumi ridotti sia di risorse energetiche, che di risorse materiali, una per tutte l’acqua;
c) la miniaturizzazione di processi chimici, in modo che gli stessi possano permettere di effettuare in situ con elevati criteri di protezione ambiente e sanitarie le operazioni di recupero di rifiuti che non possono essere avviati ad un riutilizzo per semplice separazione di frazioni merceologiche.

La Chimica ed il patrimonio edilizio
Le nostre città sono caratterizzate dalla presenza di un ampio patrimonio edilizio creatosi per effetto del boom degli anni ’60 del novecento, protrattosi per i suoi effetti fino alla fine degli anni ’70. Tale patrimonio, non sempre pregevole al dire il vero, è basato, sull’utilizzo strutturale del cemento armato. La vera durata del cemento armato è questione dibattuta e dipende da diversi fattori: costruttivi, manutenzione, tipo di ambiente a cui è esposto, escursioni termiche ed altro. Cionondimeno esistono fondati motivi per ritenere necessaria, in molti casi, una verifica, anche in relazione a fatti di cronaca che hanno messo allo scoperto l’esistenza di frodi nel confezionamento del calcestruzzo che, anche in assenza di altri fattori, possono da soli condurre a disastri irreparabili.
Una azione di diagnosi preventiva sul reale stato della coesione dello stato solido, e dello stato dei ferri dell’armatura, accompagnato con lo sviluppo di nuovi prodotti e nuovi materiali (vedi ad esempio fasciatura in fibra di carbonio) sembrano la strada da intraprendere per dare risposta a tali problemi.

La Chimica ed il ciclo delle acque in ambito condominiale nel contesto cittadino
Ma se il patrimonio edilizio è, ovviamente, l’argomento principale da affrontare anche alla fine della salvaguardia del patrimonio sostanziale posseduto dalle famiglie, il ciclo dell’acqua in ambito urbano e, addirittura, condominiale sembra essere quello che in un futuro potrà portare importanti novità con notevoli effetti occupazionali ed innovativi sulle industrie. Ridisegnare il ciclo dell’acqua in ambito cittadino significa prevedere una depurazione in situ delle acque reflue con il riutilizzo in situ della stessa, previo trattamenti chimici e chimico-fisici che producano un’acqua adeguata orientata ad usi diversi da quello diretto del consumo umano, ma ben più efficace.
Per esemplificare, un’acqua priva di sali non è idonea al consumo umano ma può essere utilizzata nei circuiti di scambio termico (riscaldamento, condizionamento), e per la pulizia.
Ridisegnare il ciclo dell’acqua significa, ad esempio, prevedere la sostituzione dei condensatori ad aria dei sistemi di condizionamento (quella parte dei condizionatori che viene messa all’esterno dell’edificio ed è spesso rumorosa) con ben più piccoli ed efficaci (sotto il profilo dei consumi), condensatori ad acqua, con benefici per l’estetica ed il rumore.

In tali condizioni si potrebbero utilizzare efficacemente cicli frigoriferi ad adsorbimento, alimentati ad acqua calda provenienti da pannelli termici solari. Tale scelta non richiederebbe l’ausilio di compressori azionati da motori elettrici, con un drastico ridimensionamento dei consumi
energetici. La tecnologia sottostante, peraltro, è già di uso corrente e nel passato le società di distribuzione del gas proponevano agli utenti impianti di condizionamento a metano basati su cicli frigoriferi ad assorbimento.
La governance dell’acqua recuperata secondo il principio “l’acqua giusta alla giusta applicazione”, permetterebbe nel tempo ad arrivare ad un fabbisogno per persona di 30 litri al giorno pur avendo una disponibilità per usi vari di oltre 200 litri al giorno: quindi questo sarebbe il tipico esempio dell’altro paradigma enunciato “Consumare quanto un Paese del terzo mondo mantenendo stili di vita occidentali, per permettere il rinnovarsi delle risorse;”
Sotto il profilo energetico sembra ineludibile, per le già elencate ragioni di sicurezza e diversificazione porsi l’obiettivo concreto di dotare ogni nucleo familiare di una capacità di autoproduzione di energia da forme rinnovabili pari ad almeno 1 KW (preferibilmente 3 KW). Anche in questo caso la Chimica nel breve termine è chiamata ad intervenire o attraverso i processi di purificazione e di contenimento ambientale delle emissioni derivanti da biogas producibili per fermentazione anerobica degli scarti organici domestici, o con i sistemi di accumulo elettrochimici dell’energia elettrica prodotta

La Chimica e la campagna
L’auspicato riequilibrio tra città e campagna, non può prescindere dal futuro dell’agricoltura e del contributo che la Chimica può dare. Non è intenzione del CNC lanciarsi in sterili difese della Chimica di sintesi e dei suoi errori, soprattutto nella politica commerciale, ma, allo stesso tempo il faticoso cammino di avvicinamento alla verità ed al futuro non può vedere posizioni preconcette, in cui vi è qualcosa di “sbagliato a priori” (ossia la chimica di sintesi) e qualcos’altro di “giusto a priori” (la chimica naturale, ovviamente erroneamente sostituita nel nome con l’ambiguo termine “biologico”), quindi si impone una riflessione.
Se da un lato la plastica ha prodotto non pochi problemi ambientali, va ricordato allo stesso tempo che l’utilizzo della plastica ha preservato importanti risorse naturali altrimenti utilizzati per la realizzazione degli stessi oggetti, per non parlare del risparmio di energia per autotrazione (a parità di merce trasportata) che è derivato dall’uso di contenitori enormemente più leggeri di quelli usati in precedenza. Lo stesso discorso va fatto per quanto riguarda i prodotti fitosanitari.
Se sono indubbi gli effetti negativi per l’ambiente, va tuttavia ricordato cha perfino il vituperato DDT, ha salvato milioni di vite umane dalla malaria ed ulteriori milioni di vite umane
hanno potuto vivere una vita di alta qualità grazie alla disponibilità di cibo garantita grazie alla chimica.
La chimica stessa grazie alle sue analisi si è accorta dei pericoli incorrenti dall’utilizzo di queste sostanze ed ha cercato, pur non riuscendovi sempre, di mantenere gli aspetti positivi minimizzando quelli negativi.
Troppo semplicistiche visioni bucoliche che vogliono individuare in tutto ciò che è naturale un bene assoluto (basti pensare, per ricredersi all’infuso di cicuta o ai funghi velenosi) indicano una grave povertà culturale in chi propugna tale visione ed in chi la divulga. È appena il caso di ricordare che la seconda causa di morte per effetti genotossici è causata dalle micotossine che sono molecole, con effetti anche letali, prodotte naturalmente da microrganismi su diversi prodotti alimentari di provenienza agricola.
Allora, ben venga anche la lotta biologica ai parassiti, purché si conosca esattamente come l’antagonista elimina il microorganismo, dal momento che se tale eliminazione avviene (come nella maggior parte dei casi in ambito dei microrganismi) attraverso il rilascio di sostanze chimiche, si deve appurare sperimentalmente che il rimedio non sia peggiore del male, sottoponendo le stesse sostanze ai test di pericolosità sull’uomo e sull’ambiente fatte per quelle di sintesi.
In tale logica si deve tenere attentamente conto del fatto che mentre quando vengono scoperti gli effetti negativi di una sostanza di sintesi è sufficiente sospenderne la produzione e ritirarla dal mercato per ridurne drasticamente gli effetti, non accade altrettanto quando si introducono in un ambiente diverso da quello originale organismi “naturali” ma “estranei” all’ecosistema. Basti pensare ai casi della zanzara tigre, del punteruolo rosso che fa strage di palme, delle micro alghe tossiche o del pesce siluro, per citarne solo alcuni.

La Chimica del 21° secolo può concorrere allo sviluppo della campagna, oltre che producendo fitofarmaci sempre più compatibili con l’ambiente e la salute anche in altre maniere. La prima risposta concreta sta nel citato ciclo di produzione di etanolo a partire da biomasse ligno- cellulosiche.
Gli impianti di tal genere utilizzando biomassa non alimentare potrebbero assorbire le necessarie fasi di rotazione colturale ove il prodotto non sia destinabile né in modo diretto né in modo indiretto all’alimentazione umana. In tal caso si garantirebbe una fonte suppletiva di reddito
al coltivatore, fonte che potrebbe essere il discrimine per la formazione di margine operativo lordo positivo utile a garantire, serenità e dignità di vita.
Un altro contributo importante per la creazione di un economia di nicchia e per la conseguente difesa delle tradizioni e della biodiversità è l’approfondimento della composizione degli alimenti e del ruolo che svolgono elementi considerati, di primo acchito, non utili, ma che svolgono funzioni rilevanti in ambito della corretta alimentazione (tra cui diversi microelementi).
Troppo spesso si è circoscritta la valutazione della qualità all’esame di pochi macro parametri, come ad esempio il contenuto proteico nel grano, trascurando altri fattori che la ricerca ha rivelato essere fondamentali, come i microelementi, la cui presenza è indispensabile al corretto funzionamento dell’organismo e che, pur presenti anche solo in tracce, svolgono funzioni biologiche importanti, o dimenticando che i macroparametri possono non essere valutati positivamente nella generalità dei casi: basti pensare all’aumento dei casi di celiachia nelle popolazioni moderne.
Quindi una Chimica volta all’individuazione e all’identificazione di componenti nutrizionali, impropriamente chiamabili secondari, contribuisce non solo al benessere in termini di corretta alimentazione, ma anche alla formazione di economie basate sulla tipicità, sulle qualità “effettiva” del cibo e non su concetti tanto vaghi quanto esaltati.
Stante la natura divulgativa di questo scritto per una migliore comprensione della questione e per rifuggire da teorizzazioni accademiche, quanto accennato è riscontrabile, a titolo di esempio, negli effetti benefici delle componenti antocianiche rosse del succo d’arancia. Avere identificato la funzione di antiossidante del colore rosso del succo delle arance siciliane, un vero e proprio scudo difensivo da attacchi da radicali liberi che svolgono una potente azione ossidante, dannosa per quasi tutti i costituenti dell’organismo, ha contribuito al recupero di tale cultivar le cui piantagioni a metà degli anni ’80 rischiavano l’abbandono. Possiamo prevedere scenari futuri dove la miniaturizzazione dei processi chimici di trattamento di risorse naturali, accoppiata alla produzione de localizzata, porti alla chiusura di quel ciclo che a partire dal 1700, portò le campagne a spopolarsi per andare nelle grandi fabbriche azionate dai grandi motori a vapore. Produrre in piccole dimensioni con qualità comparabili alle grandi produzioni sembra un risultato a portata di mano ed in grado di riequilibrare gli scompensi tra luoghi di produzione e luoghi di consumo, evoluzione che se governata chiuderebbe una pagina storica e ne aprirebbe di nuove

 

La Chimica e l’industria
Prima di entrare nel tema evidenzieremo le ragione del paradigma enunciato all’inizio: “Non vi è contrasto tra ciò che ricerca un Industria moderna e la tutela dell’ambiente ”.
Al fine di essere competitiva sul mercato un’azienda deve in primo luogo tendere a massimizzare la produttività, misurata attraverso il tasso di trasformazione, ossia il rapporto, espresso in percentuale, fra la massa del prodotto (utile per la commercializzazione) e la massa della materia prima utilizzata. Tanto più tale rapporto è alto, tanto minori sono gli scarti ed i rifiuti prodotti. Contestualmente, per una maggiore competitività bisogna minimizzare il quantitativo di energia necessaria a realizzare l’unità di prodotto, quindi migliorare l’efficienza energetica.
Tenuto conto che uno degli apporti più grandi all’inquinamento deriva dalle emissioni gassose, sia per la loro composizione, sia per il contributo all’effetto serra, sia per il contributo termico immesso a livello locale globale, è evidente che un impianto è veramente efficiente se, a parità di produttività, consuma poco, produce meno emissioni e produce pochi rifiuti, rispettando quindi le linee guida della protezione ambientale.
Premesso ciò è evidente che il rapporto tra Chimica, progresso industriale e benessere economico e sociale è, e rimane, strettissimo.
Ci prepariamo a festeggiare il 50° anniversario del premio Nobel per la Chimica assegnato a Giulio Natta nel 1963. L’inventore del Moplen pubblicizzato dall’indimenticato Gino Bramieri, può essere a buon titolo identificato come uno dei principali padri del boom economico.
Abbiamo già accennato in questo scritto ai lati luminosi e ai lati oscuri della chimica di sintesi, e quindi anche della produzione di materie plastiche. Ma è evidente (chiunque a casa propria ne può fare esperienza, se prova a vivere un solo giorno rinunciando ad utilizzare qualsiasi oggetto in cui la plastica svolge una specifica funzione) il grande contributo dato in termine di preservazione di altre risorse naturali, prima fra tutte la vegetazione, che la plastica ha dato. Il tentativo parzialmente riuscito di dare all’oggetto di plastica una immortalità funzionale alla sua conservazione, è stato allo stesso tempo il lato oscuro della plastica stessa, specialmente quando si è affiancata la moda dell’usa e getta, moda figlia di visioni economiche in materia di consumi più che di reali necessità (confinate in ambito medico).
La correzione operata in materia di recupero e non più di abbandono, troverebbe piena maturità se le plastiche fossero concepite fin dalla loro progettazione per una facile recuperabilità alla fine del loro ciclo di vita per quanto lunga possa essere. Reinventare il mondo delle plastiche è una sfida immensa, come immensi sarebbero i benefici economici ed ambientali ottenibili da tale sfida. La Green Chemistry non si ferma solo qua e per chi volesse approfondire l’argomento si rimanda al documento specifico elaborato a Venezia l’8 giugno 2012 da tutte le componenti della Chimica e di cui in estrema sintesi si riportano le riflessioni:
“There is an unanimous request for an active policy to promote a chemistry green and sustainable oriented.
Some aspects of this policy are costless. For example:
1. Favor procedures for a better protection of intellectual property rights in the area of green chemistry;
2. Green oriented public procurement; 3. Give trade reform a greener orientation at an international level Other aspects are costly. For example: 1. Subsidies to R&D in green chemistry, particularly in SMEs; 2. Supporting programs of international technological cooperation.
The financial support to these costly measures could be achieved from two maim sources: 1. Reducing perverse subsidies to traditional polluting chemical processes and products,
2. imposing traditional polluting chemical processes and products a price (charge) possibly connected to the value of the environmental damage seems necessary.
It should be also mentioned that a not expensive and easy way to promote Green Chemistry is to grant awards to young researchers in the field. “
Il Consiglio Nazionale dei Chimici è impegnato nella direzione indicata dalle riflessioni di Venezia, ed in particolare, nel 2012 ha assegnato premi in denaro a giovani ricercatori europei che si sono distinti nei campi sopra indicati.

Pubblica Amministrazione e sviluppo sostenibile
Questo documento mancherebbe della necessaria visione ampia se non fosse preso in esame un punto fondamentale di riflessione, che consiste nella definizione del rapporto tra nuove iniziative e Pubblica Amministrazione (P.A.).
La propugnata riforma della P.A. e la pretesa introduzione di poco definiti concetti di “produttività” in tale ambito risultano poco convincenti, a nostro avviso. Vi è, infatti, un insanabile errore di fondo sul ruolo che deve svolgere la Pubblica Amministrazione. Tale ruolo è quello di un sistema di sicurezza che garantisca il rispetto delle regole, di modo che la massima efficienza deve corrispondere a non dover compiere alcun atto, se non il dettar regole chiare per tutti e controllarne il rispetto, alla stregua di un controllore di una catena automatica che raggiunge il massimo risultato quando non è necessario nessun (suo) intervento.
Al contrario ci convince il modello di semplificazione amministrativo europeo il quale “ritiene che, a fronte della complessità della legislazione, ciascun cittadino debba avere la facoltà di consultare le Autorità competenti al fine di ottenere una risposta precisa alle proprie domande; è del parere che il concetto di decisione amministrativa preventiva debba pertanto essere sviluppato nell’ambito del diritto del lavoro e in quello della sicurezza sociale al fine di combattere l’incertezza giuridica; ritiene inoltre che, per garantire la trasparenza, le decisioni prese dovrebbero essere rese pubbliche; (punto 37 della Risoluzione del Parlamento europeo del 15 febbraio 2011 sull’attuazione della direttiva sui servizi 2006/123/CE (2010/2053(INI) )
Innanzi ai nuovi scenari colui che nella P.A. è chiamato ad assumere decisioni (il “dirigente”) si trova spesso ad essere meno adeguato del necessario, sia per la carenza di un costante aggiornamento (spesso non conciliabile con i ritmi di lavoro), sia per di carenze di natura prettamente tecnica–istituzionale.
Decisioni nell’ambito di scelte strategiche rendono in questo caso inefficace la separazione del livello di decisione “politico” da quello “amministrativo” (ferma restando la validità di tale separazione in via generale) ma richiede una forte interazione, nel rispetto dei ruoli, in termini di leale collaborazione tra le parti.
La via europea della “decisione preventiva”, permette di sanare tale aspetto in quanto una decisione preventiva astratta sulla questione di carattere generale ha la forma di “atti di indirizzo politico” ove avviene la cennata collaborazione.
Infine nel panorama degli scenari offerti dallo sviluppo sostenibile non può mancare una riflessione sulla scuola.

La Chimica e la scuola
Il XX secolo ed in particolare la sua seconda metà, hanno visto crescite rilevantissime nelle scienze fondamentali, tra cui in particolare Chimica e Fisica (basti pensare alla chimica dello stato solido con la sostituzione a livello di reticolo cristallino di un atomo di Silicio (semiconduttore) con un atomo di altro elemento, arsenico o fosforo, per creare un semiconduttore con altre proprietà.
In tale quadro risulta evidente in maniera stridente il modo illogico con cui è stato affrontato il problema dell’insegnamento delle scienze, ed in particolare della chimica nelle scuole di ogni ordine e grado. Non solo, a fronte dell’enorme aumento della richiesta di cultura scientifica non si è previsto alcun aumento delle ore dedicate a tali scienze (armoniosamente realizzabile con un aumento a 36 ore settimanali delle ore scolastiche), ma addirittura si sta assistendo a pasticciate soluzioni di accorpamento degli insegnamenti di discipline scientifiche in cattedre unificate ed affidate ad insegnanti “tuttologi”. Il tutto sotto il paravento, invero risibile per il danno che si va a creare nelle future generazioni, del risparmio nella spesa pubblica.


Il paragone con gli altri Stati è impietoso. Negli Stati Uniti, ad esempio, la chimica viene insegnata con l’ausilio del computer già a partire da 10 anni di età. Ma la cosa che preoccupa di più è legata ad altra questione. Studi appositi effettuati da soggetti che basano la loro sopravvivenza da nuove invenzioni–applicazioni, mostrano che la zona della creatività inventiva è allocata tra i 20 ed i 35 anni (si pensi a Jobs, Gates, Zuckerberg), anche se in seguito non si può parlare di una vera e propria diminuzione delle capacità intellettive, ma forse in modo più appropriato di evoluzione verso altre forme di creatività. Sicuramente l’entusiasmo dei giovani gioca un ruolo fondamentale e quindi è necessario che i nuovi scenari le nuove speranze siano forniti ai giovani sin dall’età adolescenziale per permettere loro di sviluppare in pieno le loro potenzialità creative. Per fare sognare i giovani è necessario garantire che i loro insegnanti sognino un nuovo futuro e che quindi vi sia un costante scambio tra scuola e professioni intellettuali, per il reciproco arricchimentoche ogni scambio produce. Il ruolo che l’insegnante ha nella vita di un giovane è essenziale e ad esso spesso spetta l’attuazione della frase di Gilbran “Voi siete gli archi dai quali i vostri figli vengono proiettati in avanti, come frecce viventi”.
Chiedere che il Governo del Paese si faccia carico anche del problema del ruolo dell’insegnamento delle scienze e della chimica in particolare nelle nostre scuole, non è né fuori luogo né pleonastico. Solo se si sapranno discernere gli aspetti di pura finanza da quelli di programmazione dello sviluppo economico e sociale del Paese, si potrà sperare che l’attuale crisi venga positivamente superata. Altrimenti, con molta probabilità, si realizzerà il noto paradosso del sistema con i conti in pareggio ma che fallisce immediatamente dopo, non avendo alcuna seria prospettiva di sviluppo.
Ritornando sul valore del dubbio come elemento che conduce alla verità, non si pretende di avere la chiave della verità, ma se soltanto i concetti qui accennati riusciranno a produrre un dubbio in qualcuno, e da tale dubbio scaturiscano riflessioni, approfondimenti e sperimentazioni tali da avvicinarsi alla verità (scientifica e condivisa), allora la funzione sociale del Consiglio Nazionale dei Chimici si può ritenere espletata.
Come uomini non possiamo che ricordarci quanto disse Albert Einstein “Non esistono grandi scoperte, né reale progresso, finché sulla Terra esiste un bambino infelice”.

*referente per Ambiente e Sviluppo Sostenibile del Consiglio Nazionale dei Chimici

Redazione

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