Sushi, lo Zooprofilattico mette in guardia «Attenzione ai parassiti del pesce crudo»

Sushi e sashimi sono piatti sempre più apprezzati e diffusi, ma occorre prestare molta attenzione. Parallelamente all’aumento del consumo di pesce crudo, infatti, cresce anche il rischio di rimanere vittima di intossicazioni. Il pericolo non riguarda soltanto i piatti della tradizione tipica giapponese ma anche carpacci, pietanze marinate e tartare. Tra i parassiti più pericolosi per l’uomo c’è sicuramente l’Anisakiasi, ospitato nelle viscere e nei muscoli di numerose specie marine. E a mettere in guardia i consumatori è il Centro di Referenza nazionale per le Anisakiasi, che ha sede all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Palermo. Il C.Re.N.A, infatti, ha passato al setaccio oltre 8 mila campioni (8239 per la precisione) di specie ittiche siciliane o comunque disponibili. Dalle analisi è emerso che il pesce più infestato da queste larve è la spatola (pesce sciabola), seguito da suro, sgombro, merluzzo, scorfano e alici.

A Palermo, in particolare, sono stati compiuti 105 campionamenti su tessuti provenienti sia da lotti di prodotto pescato sia da attività commerciali. E, mediamente, sul totale dei campioni analizzati in Sicilia, ben 1104 casi sono risultati positivi, il 13,4 per cento del totale. Un dato, comunque, in linea con i valori nazionali anche se in alcuni casi si registrano delle eccezioni. Come per le alici, il cui consumo è molto diffuso a Palermo, con un’incidenza dei casi positivi pari al 25 per cento. Ma attenzione a non creare allarmismi: la presenza dei parassiti di per sé non è un reato: il rischio riguarda solo il prodotto già destinato al consumo crudo, se non sono state messe in atto le pratiche di conservazione adatte. «La presenza di questi parassiti nel pesce – spiega Salvatore Seminara, commissario dell’Istituto Zooprofilattico – è assolutamente normale, perché fa parte del naturale processo ecologico dei principali sistemi acquatici marini». 

A costituire una minaccia per l’uomo sono le larve dell’Anisakis, quando questi tipi di pesce vengono consumati crudi o poco cotti. Le conseguenze sono spiacevoli: dolori addominali, nausea, disturbi intestinali, a volte febbre, ai quali possono associarsi manifestazioni di orticaria-angioedema, nota come Anikasiasi gastro-allergica. Dallo studio è emerso che anche la marinatura, le tecniche del carpaccio e della tartara non rappresentano un metodo sicuro per la bonifica del pesce infestato. Il modo più efficace per proteggersi da infezioni è la cottura superiore ai 60° centigradi per almeno un minuto fino al cuore del prodotto. «Nel caso di pesce destinato a essere consumato crudo – dice Santo Caracappa, direttore sanitario dell’Istituto Zooprofilattico – i ristoranti e sushi-bar devono avere l’abbattitore termico, utile per portare il pesce a -20 gradi per almeno 24 ore». Nel caso, invece, di consumo domestico, non avendo, per evitare l’infezione si deve congelare il pesce in un freezer (contrassegnato con tre o più stelle) a temperature ancora più basse (-17 gradi) per almeno 96 ore

Per quanto riguarda il sushi, invece, l’unica forma di prevenzione è affidarsi solo a quei locali nei quali risulti ben visibile il cartello (previsto dal decreto del ministero della Salute del 17 luglio del 2013 n.187) che dispone il trattamento riservato agli alimenti serviti crudi. La buona notizia è che il salmone, tra le specie più utilizzate nella preparazione del sushi, è stato dichiarato dall’Efsa (l’ente europeo per la sicurezza alimentare) esente da infestazione di Anisakiasi. Nel tonno, infine, la presenza riscontrata è molto bassa. Ultimamente, tuttavia, nelle cucine giapponesi in Italia si sta diffondendo sempre più l’utilizzo del pesce mediterraneo, e quindi anche della spatola. Occorre segnalare, tuttavia, che non si registrano aumenti di casi né a Pelermo né nell’Isola di casi di infezioni anche se questo potrebbe esser legato a una sottostima del fenomeno. La sintomatologia comune ad altre infiammazioni all’addome, possono creare confusione e portare a una diagnosi errata.

Antonio Mercurio

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