Sul ponte sventola bandiera bianca

Da Punta Faro a Ganzirri ci sono solo pochi Km, ma di quelli che da qui a qualche tempo potrebbero cambiare la storia di un Isola, la Nostra. Tra Punta Faro e Ganzirri verrà costruito il pilone di 300 metri che reggerà nel versante siciliano il Ponte sullo Stretto di Messina, probabilmente l’opera architettonica più discussa, attesa e temuta dell’ultimo secolo.

 

Forse usare il condizionale sarebbe più appropriato perchè sono più di trentanni che ci si divide su questa mastodontica passerella, dall’alto valore simbolico e storico, senza che mai i lavori di costruzione abbiano visto i nastri di partenza. 

 

Così, motivati da curiosità, messe da parte le rassicurazioni ottimistiche dei tecnici e gli allarmi arrabbiati degli ambientalisti, abbiamo deciso di fare per conto nostro. Senza badare ai campanilismi, senza portare referti, né articoli di giornale. Esclusivamente il nostro sguardo e le parole della gente che vive nei due paesi coinvolti. Perché forse solo loro hanno parole interessanti e decisive da far ascoltare, fuori dal vespaio dialettico che sta girando attorno al “colosso” e alla sua possibile realizzazione.

 

A Punta Faro ci accoglie il sole ed un minuscolo borgo impegnato nel solito rituale mattutino. Chi vende frutta, chi pane, altri passeggiano, alcuni sbirciano dentro ai secchi dei pescatori, i ragazzi fanno il bagno alla spiaggetta. Noi arriviamo con la nostra auto e già la gente ci spia con gli occhi di chi ha riconosciuto il ‘forestiero’. La prima tappa del nostro mini viaggio che ci porta da Catania fino alla punta a nord della Sicilia, quella che gli dei secoli fa hanno deciso di strappare via dal resto di Italia, è, così, il lungomare di Punta Faro.  

Posteggiamo la macchina, continuiamo a piedi e la prima sorpresa della giornata è trovarci sotto a una torre dell’alta tensione che svetta sul paese coi suoi 50 metri d’altezza. Per un attimo  pensiamo d’essere arrivati in ritardo e che il pilone del ponte sia già stato costruito. Ma è solo un pensiero annebbiato dal mattino presto.

“Quello è il traliccio che passava la corrente dalla Calabria alla Sicilia” – ci verrà detto più tardi.

 

E allora sorpassiamo un muretto di pietre bianche e calpestiamo la sabbia fino a raggiungere quattro anziani seduti in circolo, appoggiati ad una vecchia casupola. Lì, proviamo a farci spiegare dove sarà eretto con precisione il “Perno” del versante siciliano. Quasi all’unanimità quei signori tirano fuori le dita dalle tasche per puntarle verso un orizzonte che appare vicino. E difatti ci confermano che dal punto in cui ci troviamo ci sono solo circa due chilometri.

“Che, u fanno stu ponte?”, gli domandiamo senza pensarci troppo. Ed anche in questo caso, sovrapponendo le voci quasi a coro e muovendosi coordinati, quegli anziani signori ci rispondono “..si c’hanno sorta, sì”.

A noi pare una specie di rivelazione, una cosa del tipo ‘se Nettuno permetterà di costruirlo e non scatenerà le sue acque, il ponte ci sarà’.

Comunque ringraziamo e lasciamo gli anziani per rimetterci in macchina. L’obiettivo è raggiungere la lingua di terra indicataci, dove il colosso si alzerà in piedi e, mentre ragioniamo sul da fare, due ragazzi in bicicletta ci dribblano ai lati. La frase di uno di loro ci fa sorridere e pensare un po’ : “ma si fanno u ponte, picchi non fano magari i grattaceli”. Una buona fetta di questa gente forse non è ancora pronta per un’opera cosi grande, mastodontica, quando in un borgo di pescatori come Punta Faro di grande c’è solo l’abbraccio del mare. Più o meno è questo che ci gira in testa. Stavamo per rimettere in moto, quando ci accorgiamo che in una veranda proprio lì a 5 metri dal mare, un drappo rosso attaccato sulla parete recita: ‘No Ponte’.

 

Così, drizziamo le orecchie, ci tiriamo fuori dall’abitacolo, e balziamo nei pressi dell’ingresso della veranda. Li ci sta Ugo, ex ferroviere di 74 anni, con occhiali scuri sugli occhi per proteggersi dalla luce, e folta barba bianca. A Ugo chiediamo immediatamente il perché di quel drappo e la sua posizione sul ponte:

 

“..io sono contrarissimo!

Perché, prima di fare questo mostro, non vengono qui a vedere cosa manca realmente?!? Manca tutto, mancano i nomi delle vie, i numeri civici. Io ad esempio sto al numero 2 ma anche quella casa (ci indica) e quell’altra ancora sono numeri 2, e poi guarda ste strade tutte scassate, così sono quasi tutti i paesi di questa zona e migliaia in tutta la Sicilia.

Quelli che vengono qui lo sanno cosa trovano? Sono un ferroviere in pensione da 22 anni e posso assicurare che la linea ferroviaria Messina – Palermo è rimasta la stessa da allora.

Non siamo pronti per il ponte, manca tutto qui”

 

Ugo poi aggiunge:

 

“..la cosa più grave è quello che faranno alla bellezza di questo spettacolo (ci giriamo a guardare la costa). Ma lei pensi, un catafalco con tutti sti fili che lo sorreggono farà una sinfonia insopportabile quando ci sarà scirocco. Già il pilone dell’alta tensione era una pena durante la notte..”

 

Lo ascoltiamo con attenzione, poi gli scattiamo una foto con la bandiera rossa che ha dietro le spalle ed andiamo via di nuovo in macchina. Superata Punta Faro e percorso i famosi chilometri, arriviamo dalle parti di Ganzirri, altro paese messinese oramai celebre per la sua scomoda posizione geografica. La Calabria sta lì sdraiata ed illuminata dalla bella luce. Posteggiamo, capendo di esserci ormai. Lì, in quel tratto di strada costiera, dovrebbe ereggersi il tanto criticato pilone, così che vedere un ristorante proprio in prossimità, a soli 30 metri, ci incuriosisce. Decidiamo di andare a chiedere loro di dirci qualcosa. Il proprietario trentenne Anselmo ci raggiunge chiamato da un cameriere e noi gli facciamo la domanda di rito:

 

“Favorevole o contrario al Ponte?, tu tra l’altro saresti direttamente coinvolto con il tuo ristorante che si troverebbe a pochissimi metri dal punto x”

 

“Io sono decisamente a favore perché bado di più al lato commerciale, tra l’altro credo che il lavoro grosso sarà fatto lassù in collina (ci mostra con l’indice), è lì che passerà la strada.

[…]

Io ho un ristorante a Ganzirri, uno qui ed uno lo stiamo comprando, quindi per me è un’occasione unica. Sono sicuro che, tra quelli che sentirete, sarò uno dei pochi a favore (sorride), ma il fatto è che non tutti capiscono che per ogni grande opera architettonica ci sono dei disagi da mettere in conto.

[…]il problema è che qui sono quasi tutti dei conservatori. A Messina per esempio, c’era il tram settanta anni fa. Quando hanno proposto di ripristinare la linea in città, molti non lo volevano, non serve a nulla – dicevano. Ora invece sono contenti che possono arrivare in un minuto al centro.

 

Domandiamo:

 

“Non pensi che i cantieri ei disagi di cui parlavi, potrebbero intralciare la tua attività commerciale?”

 

“Al contrario! Io penso che tanta gente verrà a vedere anche solo i lavori. Considera che qui come zona abbiamo le palle nel cassetto perché non ci sono turisti. Questa non è Catania in cui attraccano le navi da crociera che portano i soldini..

[…] alla fine per noi, dieci anni di cantiere possono paradossalmente essere una cosa positiva: pensa a quanti curiosi verranno a sbirciare, pensa a quanta gente verrà a fare delle escursioni qui.

[…]io sono favorevolissimo tanto che nelle mie ricevute fiscali già ho fatto stampare il fotomontaggio con il ponte sullo stretto..”

 

“A parer tuo quale sarà la sorte del laghetto di Ganzirri?”

 

“Nessuna mala sorte, non verrà toccato. La strada sta a più di sessanta metri d’altezza, quindi…”

 

..quindi, salutiamo Anselmo, lo ringraziamo del tempo concessoci e ci dirigiamo verso il lago di Ganzirri. Arrivati li, l’acqua pulita e brillante ci sorprende. Probabilmente ci eravamo fatti l’idea sbagliata di trovarci di fronte a uno stagno, sporco. Invece il laghetto artificiale, utilizzato per l’allevamento delle cozze, si mostra in tutta la sua bellezza, le acque azzurre e gli uccelli serenamente appoggiati ai tasselli di legno. La strada ci passerà sopra a sessanta metri d’altezza, diceva Anselmo. Sarà sufficiente a non intaccarne la bellezza?

 

Ci trasciniamo questo dubbio fino a Messina, ed in particolare alla Facoltà di Farmacia.

Li incontriamo Francesco, Giuseppe, Dora e Stefania che bevono un caffè al bar dell’Università. Ci avviciniamo per porgergli qualche domanda e chiacchierare con loro, sul ponte, sul ruolo di Messina e sulle problematiche della costruzione del pilone in Sicilia. 

 

“..la costruzione del ponte comportera’, oltre al cambiamento del panorama, un cambiamento delle colline adiacenti ai due borghi, che verranno utilizzate per ottenere materiale per la costruzione dei piloni..”

ci dice Francesco, subito incalzato da Giuseppe:

“..alterera’, oltre la bellezza, anche la normale vita commerciale e culturale dei borghi, e influenzera’ la flora e la fauna sottomarina..”

Poi spostiamo l’attenzione dalla sfera ecologica a quella economica. Cosi chiediamo se la costruzione del ponte rappresenti un importante balzo economico o al contrario uno spreco di risorse utilizzabili in maniera differente. Qui, all’unanimità, i ragazzi riconoscono le potenzialità di sviluppo commerciale dell’opera..

 

“..posti di lavoro, modernizzazione dell’aspetto, rapidita’ di collegamenti..”

 

sottolinea Stefania che insieme a Dora tiene a precisare che…

 

“..Sicuramente la Sicilia sarà collegata più rapidamente con il resto d’Italia, ci sarà meno traffico agli imbarcaderi, ma comunque il problema principale resta sempre lo stravolgimento ambientale e del panorama..”

 

Poi chiudiamo con il nodo più ingarbugliato della questione siciliana sul ponte, cosi domandiamo ai ragazzi: “il ponte e la sua tecnologia all’avanguardia sarà supportato dalle strutture e dalla mentalità della nostra isola? Ci sarà uno svuluppo coordinato tra ponte e territorio?” 

 

“il ponte rappresenterebbe un’occasione imperdibile se la Sicilia già avesse infrastrutture fondamentali adeguate (strade, ferrovie, etc..)” ci risponde Francesco. E Stefania aggiunge “Io sono del parere che dovrebbero costruire strade, ferrovie e ponte, tutto in maniera coordinata..”

Giuseppe è convinto che “non ci sarà uno sviluppo coordinato. Ancora si sta costruendo l’autostrada Catania-Siracusa e maggior parte delle linee ferroviarie sono a binario unico..”. Ma Dora pensa che ”più che a sviluppo coordinato bisognerebbe pensare ad uno sviluppo ‘ordinato’, nel senso di dare priorità a quelle opere pubbliche di importanza primaria, la maggior parte delle quali al momento fatiscenti..”

 

Registriamo il tutto e salutiamo i ragazzi. Forse questo mini-report resterà imbrigliato nelle mille altre ragnatele di parole degli ultimi tempi, forse rimarrà una inutile banale danza dell’ovvio, forse. Ma noi abbiamo voluto vedere con occhi che non fossero quelli dei telegiornali o delle foto ed ascoltare con le nostre orecchie alla ricerca di un’opinione.

 

La bandiera che sventola attualmente nei luoghi interessati è bianca come quella della resa. C’è stanchezza nella gente.

Giorgio Pennisi

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