Sul futuro di Termini Imerese le ipotesi del Governo regionale sono troppo aleatorie

da Fabio Cannizzaro
co-segretario politico del Partito Socialista dei Sicilia
riceviamo e volentieri pubblichiamo

Hanno ragione i compagni dirigenti della CGIL che dicono che: “Su Termini Imerese si gioca quel che resta della credibilità della classe politica, e, nell’immediato, è necessario assicurare a questi lavoratori la fruizione degli ammortizzatori sociali”. Vero! Verissimo! Come è pur vero che occorre interrogarsi su come la politica e per la sua quota parte anche il sindacato, confederale e no, abbiano gestito, in questi anni, la “vertenza Termini Imerese”.

Occorre dire, e occorre farlo da sinistra, che quella che all’inizio fu percepita come solo la “questione Sicilfiat” fosse, in realtà, una più ampia vertenza per il futuro di Termini Imerese e, per converso, di tanta parte del comprensorio madonita.

Fu un errore di valutazione che scontò, in una certa fase, anche parte della sinistra e del progressismo siciliano ed italiano.

Una vertenza, questa, che è stata, dunque, oggettivamente sottovalutata e, in seguito, gestita secondo parametri “tramandati” come se il destino dei metalmeccanici, dell’indotto e dell’intera città fosse riguardassero solo le politiche industriali della casa ex torinese e dovessero essere trattati in una ottica aziendale centralizzata.

In realtà pochi, pochissimi tra politici, sindacalisti ed economisti, siciliani e no, hanno voluto o saputo comprendere che la vertenza riguardava, certo e soprattutto, i lavoratori ma che assumeva un’importanza ampia, diffusa e se mi permettete paradigmatica per l’intera economia isolana e no.

Quando si parla di Termini Imerese, della vertenza termitana, infatti, si sta parlando, in buona sostanza, del futuro industriale della Sicilia.

Comprendere ciò rende ancora più odiosi i comportamenti, che poi sono stati messi in campo, negli anni e nei mesi scorsi, da tanti, diversi attori di questa “vertenza” e segnatamente da una classe politica siciliana che definire “ascara” è dire poco.

Lo stesso sindacato, per noi socialisti del PSdS irrinunciabile presidio di democrazia, ha mostrato, nel merito, titubanze, incertezze e referenzialità ad una visione centralizzata e centralistica che hanno contribuito, per la loro parte, a non consentire una collettiva, vantaggiosa soluzione della questione termitana.

L’intero combinato disposto di tutto ciò ha permesso essenzialmente alla Sicilfiat, quindi al colosso oramai ex torinese, di fare, in termini industriali, tutto ciò che voleva.

Adesso, dopo la manifestazione di qualche giorno fa, che ha visto, a Termini Imerese, 5000 persone in piazza, un dato emerge sicuro, i lavoratori, le loro famiglie e l’intera comunità Termitana e del comprensorio hanno deciso di assumere su di sé, in modo solidale, l’onere dell’iniziativa comprendendo che affidarsi ai tempi della “politica politicata” significherebbe condannarsi scientemente ad una sconfitta non solo sindacale, politica ma sociale ed umana. Né è casuale il ruolo centrale assunto, in questa fase, dalla chiesa termitana e madonita, che più di altre realtà sociali ha il polso della situazione generale.

Fa inoltre specie che la recente pilotata, pilotatissima crisi di governo con la staffetta coatta Letta/Renzi rende ancor più debole una qualsivoglia posizione del Governo Centrale che avrebbe dovuto e potuto intervenire per tutelare i diritti di questi lavoratori e dell’intera Comunità.

Probabilmente il PD che è stato l’attore, unico e solo, di questa “crisi” ha valutato secondaria questa delicata situazione rispetto ai propri equilibri interni di potere.

Poco male! E’ un qualcosa di cui i Cittadini di Termini, i Lavoratori devono prendere atto e di cui si dovrà discutere nelle settimane a venire dato anche che Termini sarà impegnata in una campagna elettorale per il rinnovo della Municipalità che definire cruciale è poco.

Anche i diversi Governi regionali che si sono succeduti avrebbero potuto e dovuto impegnarsi di più per portare a soluzione la vertenza, avendone tra l’altro prerogative e mezzi.

Ad oggi l’unica prospettiva che l’attuale Governo Siciliano pone in campo è un’aleatoria, necessariamente aleatoria, consultazione, su un eventuale interesse per il comprensorio industriale di alcuni imprenditori coreani e giapponesi. Una simile iniziativa vede scettici in partenza tutti dato che con simili “ipotesi” troppo a lungo sono stati “baloccati” i Termitani ed i Lavoratori.

Che fare allora? Serve che la politica, i Governi, Siciliano e Centrale, smettano di essere interessati a sprazzi alla vertenza, occorre che si metta fine a tecniche dilatorie, messe in campo dall’azienda, e avvallate, di fatto, da quasi tutti gli attori in campo.

Termini Imerese merita risposte concrete quanto immediate. Per dirla in lingua siciliana non è più tempo di FARISI CANNULIARI!

Se davvero non si sa, non si vuole o non si può costringere Sicilfiat ad onorare le promesse fatte e rinnovate per lustri, beh è il tempo allora che la politica metta in campo, senza remore, un piano territoriale di riconversione pianificata del comprensorio termitano, attraverso investimenti mirati e comunque sottratti a qualsivoglia brama o appetito mafioso.

LA POLITICA HA PIOMBATO TERMINI E IL SUO COMPRENSORIO NELL’ ANGOSCIA, LA POLITICA DEVE TIRARLI FUORI! E’ TEMPO DI SCELTE! E’ TEMPO DI SOLUZIONI!

C’è solo da sperare che non si provi ad illudere i Lavoratori, i Termitani tutti , in attesa di mietiture elettorali, per poi tornare ad abbandonarli, ancora una volta, alla loro disperazione!

 

 

 

 

 

 

 

 

Redazione

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