Assolto perché il fatto non sussiste. È questa la decisione della gup di Catania Marina Rizza nei confronti di Emilio Coveri, presidente dell’associazione Exit Italia, che ha come scopo la promozione del diritto all’eutanasia. Coveri era stato accusato di aver istigato al suicidio Alessandra Giordano, insegnante 47enne di Paternò, morta il 27 marzo del 2019 a Forch, in una clinica Svizzera, nel cantone di Zurigo. Per lui erano stati chiesti tre anni e quattro mesi. La donna era affetta dalla sindrome di Egle, una nevralgia facciale atipica. Secondo quanto avevano sostenuto la madre, la sorella e i tre fratelli di Giordano, che si erano costituiti parte civile, la 47enne non soffriva di una malattia così feroce da costringerla a intraprendere la scelta dell’eutanasia. Gli stessi familiari, che hanno presentato un esposto alle forze dell’ordine da cui è partita l’inchiesta, temevano che Giordano fosse stata assecondata nella sua scelta dai responsabili della clinica e con un esposto avevano sostenuto che Coveri non aveva prestato aiuto materiale alla donna.
Alle perplessità dei familiari si sono aggiunte le tesi della procura, che ha coordinato le indagini di carabinieri e polizia postale, secondo cui Coveri «determinava o comunque rafforzava il proposito suicida» della donna, poi avvenuto con l’eutanasia in una clinica di Zurigo. Coveri, sempre quanto aveva sostenuto la procura, avrebbe anche «indotto la donna a iscriversi all’associazione Exit» e tenuto «condotte accompagnate da sollecitazioni e argomentazioni in ordine alla legittimità anche etica della scelta» del suicidio assistito. Dall’altro lato, secondo la tesi di Coveri, «la signora era una nostra associata e le abbiamo semplicemente fornito, su sua richiesta, le informazioni che le servivano per prendere una decisione. Una procedura normale». I legali che nel corso degli anni hanno difeso il presidente di Exit, durante l’udienza che si è svolta a febbraio 2020, avevano sollevato la questione dell’incompetenza territoriale con Catania e avevano chiesto che il processo fosse trasferito al tribunale di Torino. La giudice Rizza aveva però confermato la competenza del tribunale etneo.
Secondo quanto sostengono i legali di Coveri, tra lui e Giordano non c’è stato mai un incontro. Secondo l’accusa, invece, avrebbe intrattenuto rapporti e conversazioni telefoniche via sms e posta elettronica a far data dal 2017 e ininterrottamente fino al 2019. Ma per la difesa di Coveri le mail fanno riferimento a bollettini informativi che si inviano a tutti i soci, una newsletter con le attività dell’associazione. Adesso la procura valuterà se appellare la sentenza entro i prossimi 90 giorni.
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