«Avevo tirato cocaina». Agli agenti che lo hanno arrestato ha risposto così Sergio Palumbo, il 26enne di Vittoria, accusato di avere abusato sessualmente, la notte tra il 2 e il 3 settembre di una giovane, che tornava a casa dopo avere festeggiato il compleanno insieme ai propri amici. Parole che non è dato sapere se siano state pronunciate nel tentativo di trovare una parvenza di giustificazione al gesto compiuto, ma che non hanno avuto seguito nel corso dell‘interrogatorio di garanzia. Davanti al giudice, infatti, Palumbo si è avvalso della facoltà di non rispondere. Da allora, trascorre le giornate in carcere in attesa di parlare con il proprio legale, che proprio oggi dovrebbe accettare il mandato dopo essere stato contattato ieri dai familiari.
Lo scenario per il 26enne si ripresenta pressoché identico a distanza di poco più di un anno: era giugno 2018 quando Palumbo fu arrestato con l’accusa di avere aggredito, rapinato e abusato di una prostituta. Una vicenda per cui Palumbo è stato condannato in primo grado a quattro anni e otto mesi. L’esito di quel processo da ieri entra nei discorsi di quanti si chiedano come sia stato possibile che il giovane tornasse a stuprare, pur essendo già giudicato colpevole, anche se non in maniera definitiva.
Il motivo per cui l’aggressore, la sera della seconda aggressione, si trovava in giro per Vittoria vanno ricercati nel tipo di misura cautelare decisa dal giudice che si è occupato dei fatti dell’anno passato. Per quella vicenda infatti il giovane ha trascorso soltanto pochi giorni di reclusione in una cella del carcere di Ragusa. La difesa ha chiesto e ottenuto l’obbligo di dimora, al posto di misure più ristrettive come i domiciliari. «Quell’indagine è stata caratterizzata da passaggi poco chiari, specie in principio, dubbi che portarono il tribunale a non ritenere adeguata la carcerazione», commenta l’avvocato che seguì il 26enne nelle prime fasi dell’inchiesta. La situazione, tuttavia, non è cambiata neanche dopo la sentenza di primo grado. «In linea teorica la procura avrebbe potuto emettere un ordine di carcerazione, ma questo – prosegue – sarebbe giustificato soltanto se nel frattempo fossero emersi elementi nuovi. Come il mancato rispetto delle prescrizioni».
Oppure il rischio di una reiterazione. Ipotesi che una settimana fa ha preso la forma di un incubo durato un’intera notte. Ore che la vittima ha ripercorso assistita davanti agli agenti e assistita dagli psicologi: la finta richiesta di aiuto, la minaccia di morte, la costrizione a lasciare il posto di guida e poi la violenza sessuale vicino al cimitero di Vittoria. Ripetuta due volte. Nel mezzo un viaggio fino a Marina di Ragusa, dove il 26enne si sarebbe anche sfogato dei litigi a casa. Lì dove, mentre avveniva lo stupro, si trovavano la moglie e i due figli nati dalla relazione.
Intanto gli investigatori che da subito hanno sospettato di Palumbo, trovando conferma nella descrizione fornita dalla vittima, adesso temono che il 26enne possa essersi reso protagonista di ulteriori abusi. Per questo ieri la Squadra mobile di Ragusa ha invitato eventuali possibili vittime a presentarsi. «Al momento non ci sono elementi concreti, ma dopo quanto è accaduto non possiamo escludere che ci siano altri casi», chiosano gli investigatori.
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