Weekend da bollino nero, sia quello appena trascorso che quello della scorsa settimana, agli imbarchi dei traghetti della Caronte&Tourist, a Messina. Mediamente un’ora di attesa, durante le procedure di controesodo, per le auto e i mezzi pesanti intenti a varcare lo Stretto, con code chilometriche che dallo svincolo di Boccetta, attraverso viale della Libertà, si protraggono fino alla rada San Francesco. Una situazione complicata per quanti si mettono in viaggio, ma anche per i vigili urbani, impegnati a far defluire il traffico, e i cittadini, per forza di cose coinvolti. Una situazione anche curiosa se si tiene conto che dal porto storico, dove operano Bluferries e Rete ferroviaria italiana (entrambe del gruppo Ferrovie dello Stato), di mezzi impegnati nelle operazioni di imbarco (e sbarco), se ne vedono pochi.
L’emergenza era ovviamente prevedibile, trattandosi di un canovaccio che va in scena da anni. A metà dello scorso luglio, armatori e autorità hanno concordato di procedere in deroga, fino al prossimo 3 settembre, all’obbligo per i tir di utilizzare esclusivamente l’approdo di Tremestieri. Niente da fare, invece, al contrario dello scorso anno, per l’interlining, ovvero per la possibilità di imbarcarsi sulle navi di qualunque vettore a prescindere da quello dal quale è stato comprato il biglietto.
Le compagnie di navigazione, che non hanno mai manifestato una grande propensione verso Tremestieri, si sono attrezzate per l’occasione. Le corse della Caronte&Tourist, che opera in regime di monopolio nella rada San Francesco, avvengono ogni mezz’ora, anziché ogni 40 minuti, con l’utilizzo di cinque traghetti. Bluferries, nel porto storico, impiega due navi, 24 ore su 24. Normalmente ce n’è una soltanto, mattina e pomeriggio. Sempre nel porto storico opera Rfi che, oltre ai treni, imbarca le automobili.
«Il 90 per cento del gommato leggero – spiega Michele Barresi, responsabile di Or.Sa Trasporti – è concentrato alla rada San Francesco». Con i prezzi che aumentano di anno in anno senza che l’Antitrust rinvenga alcuna irregolarità o alcun cartello atto al controllo delle tariffe, come attesta l’esito dell’istruttoria conclusasi lo scorso dicembre. Tant’è che un biglietto di andata e ritorno, staccato da Caronte&Tourist, nel 2014 costava 73 euro e 50, nel 2015 76. E da qualche anno non c’è più il sovraccarico dell’Iva: «Al pari di altre compagnie che operano in Sardegna – racconta Barresi – si è deciso di avvalersi dell’interpretazione di alcune sentenze secondo cui, nelle tratte cosiddette brevi, l’auto è considerata un bagaglio al seguito dei passeggeri». Un’interpretazione nella quale Bluferries, a partecipazione pubblica, ha deciso di non avventurarsi e che non ha fatto diminuire ma, semmai, aumentare i prezzi.
Alcuni degli effetti della deroga adottata il mese scorso sono, in ogni caso, il piazzale di Bluferries quasi vuoto e le code chilometriche per la rada San Francesco. Traffico meno intenso anche a Tremestieri, in questo periodo, dove operano sempre Caronte&Tourist e Bluferries, quest’ultima con Meridiano. Di norma, circa 70 le corse giornaliere. Attualmente, sono 41: «La proposta dell’assessore comunale Sebastiano Pino di fare imbarcare a sud anche le auto – prosegue il sindacalista – si è risolta in un nulla di fatto. C’è chi è contrario perché si tratta di un approdo di emergenza, chi lamenta l’assenza di un’area di stoccaggio. Ragion per cui sarebbe come se ci fosse un unico gestore e quindi un’assenza del mercato. Per noi, sono solo problemi di lana caprina. Se le cose si vogliono, si fanno».
Lo scenario che ne deriva rappresenta un rafforzamento del vettore privato, ovvero della Caronte&Tourist. Uno dei temi più dibattuti in città è legato ai riflessi delle ordinanze anti tir promanate dal Comune e dal sindaco, Renato Accorinti, sin dal suo insediamento, nel giugno 2013. Provvedimenti che, nei fatti, avrebbero dato adito a Bluferries a impoverire la propria flotta: «Dal 2011 al novembre 2013 – racconta l’esponente dell’Or.Sa – c’erano tre navi, di cui due sempre impegnate 24 ore su 24». Il divieto di usare il porto storico per l’imbarco dei mezzi pesanti ha costituito per la compagnia un pretesto per disimpegnarsi. E non si intravedono grandi alternative, visto che non pare avere ancora prodotto frutti la delibera della giunta municipale dello scorso 31 marzo, con la quale si istituisce una commissione tecnica per la redazione di una proposta sulla realizzazione di una flotta pubblica.
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