Street art: Licata chiama Catania, rivivono i silos  Messaggio di accoglienza sul molo dei barconi

Frontiere chiuse, sbarchi e reporter sgambettanti, l’Europa della libertà di circolazione, oggi, si presenta così. Strategie istituzionali, polemiche e militari: la chiamano gestione dell’immigrazione. Tra Licata, città dell’agrigentino, e Tripoli ci sono 475 chilometri di mare, lacrime e speranza. E due silos, che, da adesso in poi, ricorderanno a tutti, naviganti e non, che «se fossimo alberi, avremmo radici». L’opera, acrilico su ferro, è stata commissionata dall’assessore al turismo Massimo Licata D’Andrea a Giuseppe Stagnitta, ideatore e curatore di Emergence Festival, organizzazione che si è già occupata di contaminare con l’arte i silos di Catania

A concepire e realizzare l’installazione che guarda al porto turistico della città è stato, invece, Vlady Art, creativo catanese e cosmopolita nell’animo e nelle gambe. L’artista, già autore del tributo a Rosa Balistreri nel cuore dell’antico quartiere della Marina a Licata, ha scavato nella propria sensibilità per formulare una visione della mobilità umana che avesse un respiro abbastanza ampio da coprire tutte le forme di spostamento. Un albero con gli arti inferiori e un uomo con le radici diventano, dunque, la trasposizione plastica della differenza sostanziale che c’è tra un essere umano, nato per muoversi e fatto per spostarsi, e un vegetale, piantato nella terra in cui è germogliato. 

Non sono solo i dati tecnico-figurativi, o la suggestione estetica, a comunicare il messaggio. Come in tutta l’arte contemporanea, parla ogni componente dell’opera: dalla sensazione che genera l’idea al processo di produzione, dalla raffigurazione alla spiegazione che ne dà l’artista. Il messaggio è sociale e si inserisce nel programma di una manifestazione velica promossa dal Comune di Licata alla quale, tra le fila degli equipaggi, hanno preso parte anche vari ragazzi sbarcati nel nostro paese come clandestini, e poi rimasti per integrarsi; alla realizzazione dell’opera, poi, hanno partecipato anche gli ospiti, extracomunitari, di una casa di accoglienza locale; la location, infine, è la stessa banchina dove, fino a non molto tempo fa, venivano ormeggiati i barconi che vincevano le onde del Mediterraneo e raggiungevano la Sicilia. 

«Con quest’opera – afferma Vlady – non compio un gesto politico, ma comunico al mondo che le libertà individuali sono uguali per tutti. È una metafora e assieme un paragone, dire che se fossimo alberi avremmo radici: l’immigrazione è inevitabile». Studenti, lavoratori, viaggiatori, esiliati: partono tutti, si va e si viene. E a volte si ritorna. «Andare via – continua l’artista – non è una sconfitta; le persone mobili sono quelle vincenti, le radici sono in testa. Il fondamentalismo delle radici è una gabbia: abbiamo storia, non radici. Come Pirandello, che ha studiato in Germania, o come chi vuole fare un’esperienza di vita in Australia ai giorni nostri». 

Così Vlady, mentre ascoltava la sua playlist Action, ha dipinto la dinamicità e la naturalezza dell’uomo in movimento, in azione appunto. Il risultato è un prezioso acquisto per la città, la quale adesso «deve saper utilizzare questo bene – afferma Stagnitta – deve veicolarne il messaggio e valorizzare ciò che si può definire un monumento del XXI secolo». Emergence festival è un progetto predisposto a fare sistema: «Collaboriamo con l’Istituto di Cultura di Google e con Legambiente, oltre che con i vari enti locali e regionali: se ci sono le istituzioni, queste iniziative funzionano meglio», conclude Stagnitta, il quale, mentre dà appuntamento alla rassegna di Giardini Naxos, aggiunge: «Abbiamo lanciato un messaggio all’Europa». «Quando l’arte è locale, è artigianato», concorda Vlady.

Gino Pira

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