Strage di via d’Amelio, indagato il medico di Riina «Approfondire chi ha voluto accelerare l’esecuzione»

Potrebbe essere un importante tassello quello messo a punto dal tribunale di Caltanissetta: la gip Valentina Balbo ha rigettato la richiesta di archiviazione nei confronti di Antonino Cinà, il medico di Totò Riina. L’uomo, che attualmente è imputato anche al processo d’appello sulla trattativa Stato-mafia in corso a Palermo (dopo la condanna in primo grado a 12 anni), è accusato di aver preso in consegna il famoso papello, scritto direttamente dal boss corleonese con le condizioni che Cosa nostra voleva imporre allo Stato per fermare la stagione delle stragi, per poi a sua volta darlo in mano all’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino.

La scelta della giudice di indagini preliminari, dunque, potrebbe aprire un nuovo filone d’indagini in merito a ciò che avvenne prima, durante e dopo la strage di via d’Amelio, in cui fu ucciso il giudice Paolo Borsellino insieme alla sua scorta. Chiarendo le troppe dinamiche rimaste oscure a 27 anni dall’omicidio di Cosa nostra, e le possibili connivenze di pezzi dello Stato

«Con il rigetto della richiesta di archiviazione formulata dalla procura di Caltanissetta – dice l’avvocato Fabio Repici, parte civile che difende il fratello del magistrato, Salvatore Borsellino – si prospetta la preziosa opportunità di un ulteriore importante approfondimento nella ricostruzione dei tempi e delle ragioni della strage di via D’Amelio e dell’accelerazione nella sua esecuzione. Sulla posizione di Cinà, infatti, possono trovare un formidabile punto di saldatura gli scenari illustrati dalla corte di assise di Caltanissetta nella sentenza del processo Borsellino quater e dalla corte di assise di Palermo nella sentenza sulla trattativa Stato-mafia».

Andrea Turco

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