Sono partiti i due cortei che da via D’Amelio e dall’aula bunker si dirigono verso l’albero Falcone, in via Notarbartolo. «Palermo è nostra e non di Cosa nostra» lo slogan più cantato al cielo in entrambi i serpentoni di folla che attraversano le vie cittadine incorniciate da uno stuolo di lenzuoli bianchi che sono tornati ad adornare i balconi dei palermitani insieme a diverse bandiere tricolori richiamando la protesta della società civile di 25 anni fa. «Auguro a tutti di essere capaci di riempire la vita di vita, di significato, di responsabilità e di impegno. E che siate capaci di vivere e di non lasciarvi condizionare da ciò che è male, che è negativo, che distrugge la nostra vita. Tocca a noi impegnarci per il cambiamento». Sono le parole di don Luigi Ciotti, che ha preso parte al primo dei cortei, quello partito da via D’Amelio.
«Siamo venuti da tutta l’Italia, ma oggi siamo tutti siciliani!». Prende così il via il corteo di studenti e cittadini partito dal carcere Ucciardone. Non si contano le persone, gli striscioni e i colori che illuminano l’evento. «Siamo noi, siamo noi, la Sicilia quella vera siamo noi», continua a urlare al megafono il gruppo di studenti che scandisce ritmo e cori del corteo. Qualcuno però ha deciso di non sfilare, limitandosi a guardare passare i ragazzi, restando in disparte sul marciapiede. Intanto, tormentone di questa giornata, da alcune casse parte ad alto volume il brano di Fabrizio Moro, Pensa, intonato anche questa mattina in aula bunker dal coro dei bambini. È un cordone umano chilometrico, che quasi fatica a svoltare per via Duca della Verdura. Mentre chi è partito alla testa del corteo, alterna cori e canzoni. E dopo Moro è la volta di un altro tormentone, da tempo assurto a inno della lotta alla mafia, I cento passi, brano dei Modena City Ramblers inciso per l’omonimo film su Peppino Impastato. Ed è subito un tripudio di voci, dai più grandi ai più piccoli, felici di accodarsi e imitare gli adulti di fianco a loro. Ma non ci sono solo canzoni. A sollecitare il corteo ci sono anche i classici cori, è basta davvero poco per infiammare tutti. Da un semplice «Giovanni e Paolo» ripetuto senza sosta a «Lezione di vita, lezione di coraggio: questo è per noi il 23 maggio».
Sulla motoape che è diventata la Libreria di strada, c’è anche Rita Borsellino, partita anche lei dal luogo in cui ha perso la vita il fratello Paolo. «Preoccupante quello che è successo a Palermo con l’ultimo agguato. Un brutto segnale, del resto non si può continuare, come è stato fino a ora, a porre tanta enfasi sul fatto che siano trascorsi 25 anni dalle stragi come se episodi del genere non possano più ripetersi». Intanto nell’altro di corteo a fare capolino dietro allo stendardo della città di Palermo c’è anche il vice sindaco Emilio Arcuri: «Questo è un mento bellissimo, la città si identifica in questa grande manifestazione, che è una manifestazione per non dimenticare – dice a MeridioNews – Ma per fortuna Palermo non ha più bisogno in un certo senso di manifestazioni, perché ricorda ogni giorno. E anche questo Paese. Tuttavia eventi come questo sono pur sempre importanti perché permettono di rafforzare questa memoria collettiva per fortuna. Speriamo di non tornare indietro».
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