A 27 anni di distanza la verità sulla strage di Capaci tarda ancora ad arrivare. E così su quel 23 maggio 1992 – in cui la mafia uccise il magistrato Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre poliziotti della scorta – continuano ad addensarsi nuove nubi. Come riporta il sito di Repubblica Palermo, sono foschi gli scenari delineati dal pentito Pietro Riggio. Il collaboratore di giustizia nisseno, 54 anni, ex agente della polizia penitenziaria, sostiene che sarebbe stato un ex poliziotto a mettere l’esplosivo sotto l’autostrada Palermo-Mazara del Vallo.
I verbali del collaboratore sono stai depositati nel processo d’appello Capaci bis dove vengono processati cinque mafiosi accusati di aver partecipato alla strage. Secondo Riggio, uno dei collaboratori che ha testimoniato nel processo ad Antonello Montante, il poliziotto, detto il turco, gli avrebbe confidato «di aver partecipato alla fase esecutiva delle strage Falcone. Si sarebbe occupato del riempimento del canale di scolo dell’autostrada con l’esplosivo, operazione eseguita tramite l’utilizzo di skate-bord».
Le dichiarazioni sono del 7 giugno dell’anno scorso e il pentito ha detto di non aver parlato fino ad allora perché aveva paura «di mettere a verbale certi argomenti, temevo ritorsioni per me e per la mia famiglia. Ma, adesso, i tempi sono maturi perché si possano trattare certi argomenti». Riggio, condannato per mafia e estorsioni, collabora con la magistratura da undici anni. Il suo nome compare in inchieste sulla mafia delle estorsioni nissena dalla fine degli anni Novanta.
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