Nessun reddito dal 2009, nessun lavoro se non precario o in nero. Nessuna certezza, tranne quella di poter accedere a un aiuto pubblico: la carta acquisti sperimentale. «Ma sono stato escluso dalla graduatoria definitiva stilata dal Comune di Catania», racconta Franco, 42 anni. Lui è uno degli oltre 4mila catanesi che ha fatto domanda di accesso a questa forma di sostegno pubblico. Si tratta di una social card, una carta prepagata che consente alle famiglie in difficoltà economica dei dodici maggiori Comuni italiani – Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Venezia, Verona – di pagare alimenti e bollette di gas e luce. Il budget messo a disposizione dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali per il capoluogo etneo era di 2,7 milioni di euro, assegnati – per un massimo di 404 euro al mese a famiglia, erogati dall’Inps – scorrendo la graduatoria, stilata dalle amministrazioni locali, in base a vari parametri: non avere una casa di proprietà, avere reddito Isee inferiore agli 8mila euro e almeno un figlio. «Io sono stato ritenuto idoneo ma non pagabile perché la mia posizione in graduatoria assegnata al Comune di Catania è fuori budget. Eppure avevano detto inizialmente che erano 800 le famiglie a cui spettava. Invece sono poco più di 600», afferma l’uomo.
«Sono sposato con moglie e figlia a carico di appena sei anni, e attendo da più di un anno, da giugno 2013, questa carta: sarebbero stati 280 euro al mese. Al momento – continua Franco – non posso permettermi nemmeno di prendermi un caffè al bar». Una battuta non buttata lì, perché proprio in un bar, in via Etnea, Franco ha lavorato una vita intera, 19 anni. «Il 30 novembre 2009 sono stato licenziato, ho percepito otto mesi di disoccupazione ma ho fatto di tutto: aiuto domestico, muratore, cameriere. Sono anche un istruttore cinofilo, ma non avendo un’area per l’addestramento ho interrotto l’attività. Ho lavorato l’ultima volta un paio di settimane fa, in nero, per 35 euro al giorno. Non ho reclusioni a fare nessun lavoro, purché onesto», afferma l’uomo. Che ha deciso di raccontare la sua storia per avere «un po’ di attenzione da parte dei nostri amministratori. O forse devo fare un gesto estremo che sicuramente uscirà sui giornali?», si chiede Franco.
Esasperato, «perché ogni volta che chiedo qualcosa, vengo mandato via a calci: all’Inps mi hanno perfino rifiutato il sussidio d’invalidità per mia figlia, che ha problemi a parlare e va in una scuola speciale per fare logopedia. Ora ho fatto richiesta – prosegue Franco – per la casa popolare e per i cantieri di servizio: se non arriveranno questi tre mesi di lavori a 800 euro al mese, rischio di essere buttato fuori dal padrone di casa, ho quasi un anno di ritardo nell’affitto». Franco lancia un appello al Comune per le famiglie rimaste fuori dalla graduatoria comunale, pur essendo idonee: «Io capisco che venga data la precedenza alle famiglie con più figli, ma inizialmente era stato detto che i posti sarebbero stati 800. Chiedo almeno una risposta plausibile, almeno ci mettiamo il cuore in pace definitivamente. Quando lavoravo al bar portavo le rimanenze della giornata ai senza tetto. Ora mi sento nella loro condizione», conclude l’uomo.
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