“Vediamo spesso scene di questo genere. Di solito i rom seguono i clienti fino alla macchina per chiedere l’euro del carrello. Sarà almeno un anno e mezzo che si usa così. Se poi sul carrello c’è un bambino, può capitare che siano loro stessi a tirarlo giù…”. Davanti all’Auchan di San Giuseppe La Rena, il clima di allarme e di tensione che secondo i giornali si respira da una decina di giorni non lo si sente proprio. È uno dei ragazzi che lavorano al laboratorio del supermercato a raccontarci i gesti quotidiani che accompagnano la richiesta dell’elemosina. Un’abitudine conosciuta dai dipendenti del supermercato, su cui si basa la ricostruzione che, da queste parti, sembra convincere i lavoratori. “È tutto un equivoco, c’è stato tanto scalpore per nulla. Il fatto è stato gonfiato”, risponde la maggior parte dei dipendenti e “probabilmente questa volta – aggiunge uno degli addetti al reparto alimentare – di fronte al rifiuto della signora, hanno provato lo stesso a prendere la moneta spostando la bambina”.
Impressioni, ipotesi, dubbi. Non è molto, ma forse vale la pena di pensarci su, in questa storia fatta finora di granitiche e frettolose certezze. I due rom arrestati giovedì scorso e accusati di aver tentato di rapire una bimba non erano degli sconosciuti arrivati per la prima volta davanti al supermercato: già da tempo frequentavano il parcheggio chiedendo l’elemosina. Molti dipendenti hanno confermato di conoscerli e quindi loro sapevano bene di non poter passare inosservati. Anche su questo si basa la difesa che l’avvocato Marilisa Gaeta sta ora preparando, per chiedere al Tribunale del Riesame la scarcerazione dei suoi assistiti.
L’avvocato, al telefono, è di poche parole, ma qualcuna la riserva all’allarmismo della stampa. “C’è qualcosa di anomalo in questa storia”, ci dice, quindi “è fondamentale cercare di non far pendere la bilancia né dall’una né dall’altra parte”. La difesa, ad ogni modo, non nega che nell’episodio che ha portato ai due arresti ci sia stato qualcosa di più della consueta richiesta di elemosina. La reazione dei due rom è stata eccessiva, al punto da spaventare la madre della piccola e spingerla a chiamare il 113. Su questo punto le versioni della madre e quella dell’avvocato sono ovviamente diverse, ma non sembrerebbero poi così lontane. Un punto di contrasto riguarda, invece, i toni usati dalla madre quando le è stata chiesta l’elemosina. Secondo tutti i giornali, la donna avrebbe detto «garbatamente» di non avere spiccioli. La difesa dei due rom parla invece di un diverbio piuttosto vivace, poi degenerato in qualche parola di troppo da parte dei due rom.
Almeno sul luogo in cui è avvenuto il fatto non sembrano esserci perplessità: il parcheggio esterno dell’Auchan. Non dentro il supermercato, quindi, né all’ingresso, come si è sentito dire in modo confusionario in questi giorni, ma fuori, nell’area di sosta. Gli uomini della vigilanza, però, sono avari di dettagli. “Non sappiamo molto. Sì, è successo nel parcheggio, ma la donna si è rivolta subito al 113, non a noi”, dice il responsabile della sicurezza. Cosa anche questa naturale, essendo la donna moglie di un poliziotto. “Soltanto da quando è successo il fatto abbiamo aumentato i controlli anche all’esterno”, riferisce un altro dei vigilantes. L’Auchan è però servito da un sistema di videosorveglianza, come segnalano i numerosi cartelli nell’area di sosta, anche se nessuno riesce a dirci con sicurezza se alcune zone restino scoperte. È possibile quindi che esista una registrazione dei fatti. Ma i filmati di quel giorno sono stati visionati dagli investigatori alla ricerca della prova del presunto tentativo di sequestro? Il personale della vigilanza non ci dice molto. L’avvocato Gaeta ci conferma che, nel fascicolo processuale, non si parla di filmati del circuito di videosorveglianza. Negli ambienti giudiziari non si esclude che un filmato possa esserci, ma la Procura non dà conferma della sua acquisizione.
Questi filmati potrebbero provare qualcosa? È tutto da accertare. Di certo c’è che, se questo nastro non è stato ancora acquisito, bisognerebbe fare in fretta. Il motivo, nel silenzio ufficiale della vigilanza, ce lo spiegano ancora alcuni dipendenti del reparto commerciale: “Queste registrazioni dopo quindici giorni di solito vengono distrutte”. E di giorni, dalla data del presunto tentativo di rapimento, ne sono già passati dodici. Per il momento comunque si attende l’esito dell’udienza del Tribunale per il riesame che avrà luogo la prossima settimana.
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