Storia della La.Ra., sequestrata alla mafia 18 anni fa In fallimento dopo la perdita dell’appalto a Sigonella

Hanno ancora i cartelli vecchi, quelli che dicono che i dipendenti a rischiare il posto di lavoro sono 64. Oggi, invece, i lavoratori della La.Ra. di Motta Sant’Anastasia sono solo 24. «Non abbiamo i soldi per fare gli striscioni nuovi», dicono. Non percepiscono lo stipendio da settembre. Gli ultimi ad andare via sono stati i 19 colleghi messi in mobilità lo scorso dicembre dall’amministrazione controllata. Perché la La.Ra. è stata sequestrata nel 1997 al clan Santapaola-Ercolano e nel 2000 è stata definitivamente confiscata. Da 18 anni viene gestita dallo Stato e fino al 2013 faceva parte di quelle poche imprese confiscate economicamente virtuose. Ma a dicembre 2013 l’appalto che garantiva loro la sopravvivenza, cioè quello per la manutenzione di alcuni impianti della base militare americana di Sigonella, è stato assegnato a una società napoletana, il cui ex amministratore delegato è recentemente finito agli arresti domiciliari nel corso di un’indagine sugli appalti truccati all’Asl di Caserta

Perso il principale cliente – Sigonella, appunto – la La.Ra. è rimasta senza committenti. «Non abbiamo avuto neanche un decimo dell’attenzione riservata ai beagle di Green Hill, con tutto il rispetto per quei nobilissimi animali», spiega Innocenzo Mascali, uno dei dipendenti dell’azienda, assunto a seguito del sequestro per occuparsi di questioni amministrative. Assieme ai suoi colleghi, riuniti nel cortile della Cgil nel corso della prima tappa ieri della Carovana della legalità, racconta la storia del declino della ditta di cui è parte.

Noi abbiamo addosso il costo della legalità e lo Stato non ci aiuta

Era il 1997 quando la direzione investigativa antimafia di Catania avviava l’inchiesta Saigon, sulle infiltrazioni mafiose all’interno della base di Sigonella. Ed è in quel contesto che viene fuori il nome della La.Ra.. Secondo gli inquirenti l’azienda, che si occupa di condizionamento per ambienti, è in odor di mafia ed è legata alla cosca catanese guidata da Nitto Santapaola e dal cognato Pippo Ercolano. Al sequestro segue la confisca e il passaggio dell’azienda sotto il controllo dell’agenzia nazionale per i beni confiscati. «La commessa che ci garantiva la sopravvivenza era quella di Sigonella: si tratta di gare d’appalto quinquennali, noi le abbiamo vinte diverse volte di fila, per vent’anni abbiamo lavorato lì dentro», racconta Mascali. «Ma era innaturale, oltre che improbabile, che continuassimo a vincere sempre lo stesso appalto, per questo abbiamo presentato negli anni una serie di progetti che ci garantissero la possibilità di diventare un’impresa multi-committenza, in grado di stare sul mercato». A mancare, però, era il passaggio finale: quello in cui lo Stato dava il suo via libera. «L’agenzia per i beni confiscati non ci ha fornito risposte», sostiene il lavoratore. Per 17 anni, la La.Ra. ha prodotto utili (nel 2012 erano 300mila euro), finché lo scorso anno ha presentato il primo bilancio in passivo. Da quel momento in poi, si è fermato tutto.

«Le banche non ci concedono più credito, noi non abbiamo soldi e le normative dicono che i nostri fornitori devono essere pagati in anticipo. Ma non possiamo permettercelo, quindi non possiamo ordinare i materiali e non possiamo finire i lavori che ci farebbero guadagnare». È un circolo vizioso che si è innescato a dicembre 2013, quando all’ultima gara d’appalto per la manutenzione di alcuni impianti di Sigonella, tra i quali quello di aerazione, il ribasso proposto dalla La.Ra. non basta a battere la concorrenza. «Noi abbiamo proposto un ribasso del 16 per cento, l’azienda che s’è aggiudicata l’appalto, ci hanno detto, ha ribassato del 46 per cento», continua Innocenzo Mascali. «Il bando intero valeva circa 50 milioni di dollari, noi ne avevamo una parte che ci faceva vivere bene». Ai militari statunitensi, del resto, il lavoro dell’azienda mottese conveniva: «Dopo tutti quegli anni c’era una certa fiducia, oltre al fatto che avevamo acquisito un certo know-how».

«Noi abbiamo addosso il costo della legalità e lo Stato non ci aiuta: dobbiamo rispettare obblighi di legge in un sistema che è quello che è – prosegue il dipendente – È assurdo che non abbiamo una corsia preferenziale. Noi abbiamo un handicap e non c’è la volontà politica di darci una sedia a rotelle per camminare vicino agli altri». E adesso che stanno tentando di mettersi in piedi, il peso del bilancio in passivo li spinge giù: «Insieme alla General electric abbiamo vinto una gara per la ristrutturazione di una clinica specialistica a Palermo. Un appalto da due milioni di euro, ma non possiamo comprare quello che ci serve, quindi rischiamo di non poterlo onorare». Perdendo così un introito che darebbe loro un po’ di respiro. «Abbiamo famiglia, nessuno ci fa più credito e allo Stato non importa nulla», interviene Lucio Consolo, responsabile del settore meccanico della La.Ra.. «Le istituzioni sono complici della nostra disperazione e non ce la facciamo più ad andare avanti – dice – Siamo le vittime e nessuno ci dà una mano». Nel 2013 i dipendenti delle 93 aziende legate alla criminalità organizzata nel Catanese erano 684. A questi bisogna toglierne almeno 19, gli ultimi che la La.Ra ha mandato a casa.

Luisa Santangelo

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