Ieri sera ha sciolto le catene che teneva alle caviglie e dalla piazza dedicata a don Pino Puglisi, Biagio Conte è tornato alla Missione Speranza e Carità. Il Tar ha infatti sospeso il provvedimento di espulsione di Paul, il 51enne ghanese che da 17 anni vive a Palermo e da oltre dieci anni vive e lavora come idraulico alla Missione. Dopo diciassette giorni senza cibo, su invito dell’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice, il missionario laico ha deciso di sospendere il digiuno.
Una decisione arrivata dopo un’iniziale resistenza, ma il missionario laico si dice «pronto a tutto» per tutelare Paul. La decisione dei giudici amministrativi deriva dal fatto che a loro avviso sussiste il «danno grave e irreparabile» evidenziato dalla difesa dell’uomo, se venisse all’allontanamento dall’Italia in forza del mancato rinnovo del permesso di soggiorno. In sede collegiale decideranno l’11 giugno. Continua dunque la penitenza di Fratel Biagio, per stare vicino anche ai tanti altri Paul in Italia. Un gesto quello del missionario laico che va al di là della situazione del 51enne e che abbraccia il tema dell’accoglienza. Sono tante le persone che lo hanno accompagnato in questi giorni e che adesso si stringono a lui. Da esponenti del mondo politico e religioso, sindaco e arcivescovo in testa, fino ai numerosi abitanti della città e di Brancaccio che hanno partecipato numerosi alle tante messe in strada tenute dall’inizio del periodo di digiuno.
Fratel Biagio e tutta la Missione di Speranza e Carità hanno poi lanciato oggi una proposta che è diretta a tutti «i fratelli e le sorelle che oggi in Italia vivono una sofferenza simile o uguale a quella di fratello Paul». In pratica si tratta di: «fare una sanatoria che regolarizzi la posizione di queste persone. Per fare questo si può pensare che in tutti quei campi di lavoro dove c’è tanta carenza di lavoratori disponibili anche italiani, si possa regolarizzare questi fratelli dando loro eventualmente anche la possibilità di una formazione al lavoro». Allo stesso tempo, cosi come potrebbe applicarsi nel caso di Paul, «è necessario che si dia la possibilità a molte realtà di accoglienza e di volontariato – dicono dalla Missione – di poter regolarizzare la posizione di alcuni cooperanti volontari e missionari che in modo spesso gratuito si spendono per il bene della comunità e spesso dei più deboli, ammalati italiani e stranieri».
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