«Questa corte dichiara inammissibile il ricorso in appello». Quando il giudice Luigi Russo ha così confermato la sentenza di ergastolo inflitta in primo grado a Loris Gagliano, Ninni Noce è uscito velocemente dall’aula, e poi dal tribunale. La decisione di ieri, arrivata al termine di un anno di udienze, ha chiuso il procedimento di secondo grado nei confronti del 27enne calatino che il 27 dicembre 2011 ha ucciso a coltellate la sua ex fidanzata Stefania Noce, all’epoca 24enne, e il nonno che tentava di difenderla, il 71enne Paolo Miano. «Le emozioni sono state tantissime e forti, non so se la cosiddetta fase di elaborazione del lutto sia stata del tutto esaurita – afferma il padre della vittima – Non ho mai avuto fiducia nella giustizia e non credevo che le mie aspettative sarebbero cambiate. Poi ho sentito l’arringa del procuratore, le dichiarazioni dei periti che ha convocato e ho un po’ cambiato idea, il mio umore è migliorato solo in quel momento. Ma era necessario giocare per un anno? Non si poteva chiudere subito il processo, alla prima richiesta di annullamento?».
«Gagliano è autore di una tentata strage riuscita a metà. Mia suocera non è uscita illesa, lei viene a fatica ai processi – dice Noce – Si è introdotto come un ladro, si è comportato come un mostro, ha distrutto due famiglie: la nostra sicuramente la ha annientata, poi c’è la sua famiglia e quella non so che fine farà». E sui genitori di Loris Ninni Noce non risparmia i commenti: «Non hanno mai proferito parola, né nell’immediatezza dei fatti, né quando è passato il tempo. Non hanno scritto niente, non hanno telefonato e non hanno mai chiesto scusa né direttamente né per interposta persona. Io, al posto loro, non avrei neanche il coraggio di guadare in faccia i genitori di una ragazza uccisa dal proprio figlio, invece suo padre quando mi incrocia per la strada mi fissa. Perché?».
I periti d’ufficio nominati dal giudice catanese, gli psichiatri Francesco Bruno e Bruno Calabrese, hanno spesso citato la famiglia di Stefania come obiettivo principale di Gagliano: «Aveva portato con sé solo tre frecce: voleva chiaramente uccidere solo mamma, nonna e nonno. Inoltre aveva tagliato i freni dell’auto della madre», aveva detto Bruno nel corso di un’udienza fiume durata più di otto ore. Secondo i due esperti, la paranoia di Loris era scatenata dall’opposizione dei signori Noce alla sua relazione con la figlia: «Non è vero – smentisce il padre – Nella fase finale non vedevamo quella relazione di buon occhio, ma era rimasto tutto tra le nostre quattro mura, non abbiamo mai dato aut-aut a Stefania. Anzi. Lui dormiva a casa con lei, lei andava da lui a Roma. Poi quando lui l’ha tradita, lei ha sofferto. Non siamo mai stati contrari alla loro storia: il carattere e la personalità di Stefania non richiedevano preoccupazioni». Della figlia si fidavano, credevano nel suo giudizio: «Come si poteva non fidarsi di una persona del genere? Si è visto il suo valore, tutto quello che la gente ha fatto dopo la sua morte è stato spontaneo».
«Le scelte di mia figlia erano pesate, ragionate. I malumori della relazione erano quelli normali tra due ventenni che vivono una storia. Loro passavano un sacco di tempo a Catania, noi non li vedevamo giorno dopo giorno, ma non avevamo mai percepito che lui avesse questo senso di possesso – prosegue Ninni Noce – Poco prima del 27 dicembre c’era stata una riunione in famiglia che riguardava proprio i dissapori tra Stefania e Loris. Noi le abbiamo consigliato di lasciarlo, ma le abbiamo sempre detto di fare quello che voleva. Le dissi: “Vai dal parrucchiere”. Lei decise di continuare per non buttare al vento quattro anni di storia».
«Nel caso di Stefania il movente è il femminicidio. Lei era un giocattolo e, piuttosto che darlo a qualcun altro, lui l’ha rotto – conclude il padre della giovane donna – Finché campo, voglio sapere che lui sta là dentro. Perché se esce, prima o poi, non so come può finire. Ma non per lui: non so come potrebbe reagire la mia salute a un fatto del genere. Forse non ce la farei».
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