«Siamo di fronte ad una sentenza di assoluzione motivata in modo non adeguato. Nei confronti dei coimputati i giudici della corte d’assise hanno infatti accolto la tesi dell’accusa». Parla di motivazione incoerente il pg Giuseppe Fici che ha cominciato oggi la requisitoria del processo d’appello per minaccia a Corpo politico dello Stato contro l’ex ministro di Calogero Mannino, assolto in primo grado.
L’ex politico aveva optato per il rito abbreviato, mentre i coimputati, come gli ex ufficiali del Ros Mori, Subranni e De Donno sono stati condannati in ordinario a pene pesantissime. Una differenza sottolineata dal pg oggi. Il magistrato ha stigmatizzato le condotte di Mannino, accusato di aver dato input alla trattativa tra lo Stato e la mafia, grazie ai suoi legami con gli ufficiali del Ros, per salvarsi la vita. Nella ricostruzione dei pm l’ex ministro, che aveva subito attentati e intimidazioni, era nel mirino di Cosa nostra, che aveva deciso di eliminarlo perché non aveva mantenuto i patti stretti con le cosche. «Calogero Mannino non si è comportato da persona onesta di fronte alle ipotesi di minacce provenienti da cosa nostra», ha detto il pg.
Invece di denunciare i suoi timori, Mannino avrebbe contattato il Ros, che poi avrebbe avviato un’interlocuzione con la mafia. Infine si sarebbe rivolto all’ex numero due del Sisde, Bruno Contrada, poi condannato per concorso in associazione mafiosa, per affrontare questioni relative alla sua sicurezza. Per il pg si tratterebbe di «soggetti opachi, vicini a Mannino, a partire dal generale Subranni da cui partirà imput per avviare contatti con Vito Ciancimino e che consentirà poi a Riina di dire “si sono fatti sotto”». Il processo è stato rinviato all’uno aprile per la prosecuzione della requisitoria.
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