La protesta prosegue da mesi, ma soltanto oggi molti catanesi ne hanno preso pienamente consapevolezza, specie fra chi suo malgrado si è ritrovato imbottigliato nel traffico. Le imprese del settore spurgo pozzi neri sono sul piede di guerra ormai da dicembre. Da quando cioè è scattata una drastica limitazione ai quantitativi di conferimento di fanghi dai pozzi e strutture di privati nell’impianto di Pantano d’Arci.
Nel depuratore ubicato a sud di Catania, di proprietà comunale e gestito dalla partecipata Sidra, dovrebbero confluire i liquami dell’intero comprensorio cittadino. Ma l’impianto, già obsoleto e destinatario di solo una piccola percentuale degli scarichi fognari della città, ha raggiunto la capacità limite anche per quel che riguarda i metri cubi messi a disposizione del settore spurgo. Ciò significa che almeno una ventina di aziende del settore – autorizzate ciascuna di esse a conferire un certo quantitativo di rifiuto – non possono più smaltire la gran parte dei fanghi che vengono prelevati dai pozzi e fosse biologiche private nel corso della loro ordinaria attività.
Già nelle scorse settimane, così, i camion spurgo erano scesi in corteo, mentre i colloqui fra gli attori in causa, Sidra e l’assessorato all’Ecologia del Comune di Catania non riuscivano a produrre nessuna svolta in positivo. Oggi, davanti ad un stallo che secondo l’assessore Saro D’Agata potrebbe sbloccarsi «solo con un intervento regionale o nazionale», i mezzi sono tornati in piazza. Partendo da piazzale Asia, i camion strombazzanti hanno percorso a passo d’uomo viale Africa e l’intero lungomare di Catania. Il traffico lungo le fondamentali arterie catanesi è andato in tilt: centinaia le auto in fila dietro il lentissimo corteo di camion spurgo. La protesta si è conclusa solo in tarda mattinata, con la promessa di nuove iniziative nei prossimi giorni.
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