Sprechi, servizi inefficienti e artifici contabili Universo partecipate, spesi 1,3 mld in cinque anni

Un buco nero tra sprechi, servizi inefficienti e artifici contabili. È l’universo partecipate che emerge da un dossier preparato dal consigliere comunale Filippo Occhipinti e presentato oggi alla stampa. Quarantasette pagine con dati e tabelle che fotografano lo stato di salute delle aziende per le quali solo nel bilancio 2015 Palazzo delle Aquile ha stanziato 290 milioni di euro, quasi il 40 per cento dell’intera spesa corrente. Un fiume di denaro, pari negli ultimi cinque anni a un miliardo e trecento milioni di euro

«Il Comune di Palermo ha oltre 15mila impiegati – ha spiegato Occhipinti – e di questi 5.113 sono dipendenti delle partecipate. Il sindaco Orlando da anni ci parla di un mondo incantato, di un Comune che è uscito da baratro con aziende dai conti in ordine. Ma i numeri dimostrano il contrario. Parlano invece di servizi fatti male e con costi elevatissimi, di Cda incapaci di imprimere una svolta e di trucchetti contabili, usati per consentire le ricapitalizzazioni delle aziende che i palermitani pagheranno con nuovi mutui. Insomma un incubo, che lasceremo in eredità ai nostri figli».

Per il consigliere di opposizione il Comune non è mai stato a rischio dissesto. Le partecipate «erano e restano» il problema e adesso, in base alle nuove norme contabili, «alcuni problemi di queste aziende si sono trasferiti dentro il bilancio di Palazzo delle Aquile. Orlando ha usato i palermitani come bancomat, al pari di chi lo ha preceduto» ha denunciato il consigliere, per il quale quello che manca è «una visione di insieme». Oltre in molti casi ai documenti. Accade così che la Reset non abbia nemmeno presentato una semestrale. «È una delle partecipate che ha fatto meglio grazie all’ottimo lavoro del presidente Perniciaro, però non potrà rispettare gli impegni presi, visto che ha anticipato l’entrata in servizio di 650 dipendenti».

A rischiare di più per il consigliere che di recente ha detto addio a Italia dei Valori è sicuramente l’Amat, colpa di «quella follia che prevede l’affidamento alla partecipata del tram, con numeri ballerini». L’azienda di trasporto pubblico urbano, dopo anni di perdite consistenti chiude in utile. Appena 76mila euro, frutto di un’azione combinata di sopravvenienze attive per 2,6 milioni e della sparizione degli accantonamenti da rischi per contenzioso e altri che nel 2013 ammontavano a 2,8 milioni. «A questo si aggiungono minori interessi bancari per 800mila euro grazie a un’operazione che ha visto il Comune indebitarsi per i prossimi 29 anni – spiega Occhipinti – e risparmi legati alla riduzione dei mezzi in circolazione». La semestrale, però, registra una perdita di circa 5 milioni, che alla fine dell’anno potrebbe raddoppiare.

Caso a sé è la Rap. «Non potrà mai chiudere in perdita perché si autocertifica il costo del servizio di igiene ambientale» denuncia Occhipinti. Significa in sostanza, che l’azienda di piazzetta Cairoli presenta al comune il conto, che il Palazzo delle Aquile paga «senza controlli e verifiche a priori». Inoltre, il contratto di servizio non prevede penali nel caso in cui la società non svolga tutta la manutenzione delle strade e dei marciapiedi prevista. «Nel caso della Rap – dice ancora Occhipinti – non c’è stata una giusta valutazione degli investimenti in termini di attrezzature. Così capita che i lavoratori non siano messi nelle condizioni di fare la raccolta dei rifiuti al meglio, come dimostra la vicenda degli ultimi autocompattatori comprati con la taratura sbagliata».

Per quanto riguarda l’Amap, l’utile di 1,4 milioni è legato a una partita straordinaria di oltre 2,5 milioni di euro, di cui 2 milioni per interessi inscritti a bilancio a seguito del contenzioso con l’Eas. «Non significa che gode di ottima salute – dice Occhipinti -. Al contrario. I conti della partecipata si basano su crediti verso enti regionali e privati pari a 101 milioni difficilmente esigibili (50,7 milioni da Eas, 10 milioni dallo Iacp e 9 milioni dalla fallita Aps)». Una situazione critica a cui si aggiungono due criticità. Da un lato il servizio di pulizia delle caditoie prima svolto da Amia Essemme, che ha costretto l’azienda all’assorbimento di 164 operai con un conseguente aumento del costo del personale pari a 2,6 milioni di euro. Dall’altro l‘affitto del ramo di azienda della fallita Aps per la gestione del servizio idrico in molti comuni del palermitano, un’operazione che porta a una perdita pari a 4mila euro al giorno e nel primo trimestre a oltre 160mila euro complessivi. Un quadro impietoso che, secondo Occhipinti, dovrebbe spingere il sindaco Orlando a «mandare tutti a casa e, un minuto dopo, a dare le proprie dimissioni»

Rossana Lo Castro

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