Ubi maior minor cessat. Anche se a decadere sono le concessioni che da anni consentono ai privati di sfruttare le coste per fornire servizi ai bagnanti e tirare su profitti ragguardevoli, a fronte di canoni non proprio insostenibili. È sintetizzabile nella locuzione latina la posizione del Movimento 5 stelle che la prossima settimana confida di stoppare in Aula il recepimento della norma che prevede una proroga quindicinnale ai gestori dei lidi nei 130 centri costieri della Sicilia.
A prevedere i tre lustri di status quo sono alcuni commi della scorsa finanziaria nazionale, quando al governo c’erano gli stessi cinquestelle e la Lega. A distanza di quasi un anno, il governo Musumeci, con in testa l’assessore al Territorio Toto Cordaro, ha intenzione di dare il proprio ok alla norma, in modo da estendere anche ai gestori siciliani la garanzia di mantenere la gestione sulle porzioni di costa che, ogni estate, accolgono ombrelloni e lettini, sdraio e gazebo. Sottraendo, a chi non può permettersi i costi del servizio, l’accesso a porzioni di litorali. «Ma la Regione Siciliana ha tutta la possibilità di dire di no a una norma che rischia di essere presto impugnata», commenta a MeridioNews Giampiero Trizzino, deputato cinquestelle che fa parte della commissione Territorio.
Il gruppo pentastellato all’Ars ha depositato una pregiudiziale che verrà discussa a sala d’Ercole nelle prossime sedute dell’Ars. Nel documento si fa riferimento a una serie di sentenze che già hanno sconfessato la proroga. L’ultima, del Consiglio di Stato, è arrivata lo scorso 18 novembre. «Il Consiglio di Stato si schiera a favore della tesi per cui le leggi nazionali italiane, che prevedono proroghe automatiche delle concessioni marittime, vanno disapplicate anche dai Comuni – si legge nel documento presentato dal M5s – Chiamati a disapplicare la norma italiana sono anche gli uffici delle pubbliche amministrazioni, quando emerge contrasto tra la norma primaria nazionale o regionale e i principi del diritto comunitario».
Di mezzo, dunque, c’è la disciplina comunitaria e l’importanza che la stessa dà al fatto che l’affidamento di spazi pubblici a privati avvenga dopo una selezione pubblica. Con offerte da confrontare e criteri di aggiudicazione trasparenti, in nome di quella concorrenza tutelata dalla direttiva Bolkestein. «La norma nazionale contrasta anche i contenuti di una sentenza della Corte giustizia dell’Ue oltre che il codice della navigazione», aggiunge Trizzino.
Il nodo della gestione del demanio, negli ultimi anni, è finito al centro dell’attenzione soprattutto per quanto riguarda quello boschivo. I famigerati pascoli su cui in più di un’occasione anche i clan hanno messo occhi e mani con l’obiettivo di accaparrarsi la pioggia di fondi messi a disposizione dalla Comunità europea. Appetiti ai quali ha messo un freno il protocollo di legalità approvato prima di tutti dalla prefettura di Messina su spinta dell’allora presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci. Un problema, quello delle infiltrazioni della criminalità organizzata, che finora non è emerso con altrettanta evidenza nel demanio marittimo, ma che comunque alimenta le riflessioni sulla necessità di aprire a una rosa più ampia di pretendenti opportunità che altrimenti rischierebbero di trasformarsi in privilegi.
«La normativa regionale possiede già gli strumenti che consentono di regolare la gestione delle coste – va avanti Trizzino -. Si tratta dei Pudm, che però ancora oggi nella larghissima maggioranza dei casi non sono stati approvati dai consigli comunali». I piani d’utilizzo del demanio marittimo furono istituiti nel 2006 con l’obiettivo di dotare le aree costiere di un’organizzazione che tenesse conto dei molteplici aspetti che interessano i territori. Dalla tutela ambientale alla libertà di accesso al mare, prevedendo anche regole per lo sviluppo economico dei litorali. «Questa è la via su cui proseguire, non certo recepire una norma che non avrà futuro. Né in Sicilia né nel resto del Paese», conclude il deputato cinquestelle.
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