Un’odissea lunga quattro anni, anzi cinque. «Se tutto va bene in primavera siamo pronti» sospira Giuseppe Provinzano, attore e regista teatrale. Quando apre le porte di Spazio Franco, il padiglione 18 all’interno dei Cantieri della Zisa, l’immaginazione che bisogna metterci è tanta: ci sono ancora i calcinacci e il tetto gocciola, eppure Provinzano sorride fiducioso. Il luogo sarà gestito dall’associazione culturale Babel Crew, di cui lui è presidente. Avviare il nuovo spazio culturale di Palermo è stata però una vera e propria odissea, un percorso irto di ostacoli di cui solo ora si intravede la fine. «Si chiamerà Spazio Franco – dice Provinzano – come quei luoghi in cui tutto ciò che non è considerato legale tra un Paese e l’altro all’interno di questo spazio può avvenire. Vuole essere un luogo in cui tutto ciò che è sommerso, che in qualche modo non riesce a svilupparsi in modo professionale o istituzionale, qui può trovare come sviluppare le nostre creazioni».
*l’intervista è curata dal videomaker Davide Salimbeni
Tutto nasce nel 2013, quando Babel Crew si aggiudica un bando ministeriale, emanato dal dipartimento della Gioventù della Presidenza del Consiglio. Poco più di 100mila euro, destinato ai Giovani per i Beni Pubblici. Babel Crew si candida con un progetto incentrato sugli spettacoli dal vivo. «Avevamo individuato l’area del Parco Cassarà – racconta Provinzano – dove esiste un anfiteatro di circa 400 posti. Il progetto prevedeva una valorizzazione di tutta l’area attraverso l’allestimento e le attività che noi avremmo fatto nell’anfiteatro, oltre a laboratori seminariali nei piccoli spazi sparsi all’interno del parco». Neanche il tempo di festeggiare l’ammissione al finanziamento che al Parco Cassarà vengono scoperti depositi di amianto, con la magistratura che sequestra l’area. Il progetto insomma rischia di saltare prima ancora di cominciare. «Abbiamo atteso da una parte le verifiche del Comune, che sono durate un anno – racconta l’artista -. E allo stesso tempo abbiamo fatto il giro di tutta Palermo per trovare posti disponibili e mantenere il progetto. Nel frattempo si è insediato alla Cultura l’assessore Andrea Cusumano, la cui mission era rivitalizzare i Cantieri, per cui arriviamo qui».
Finita? Manco per idea. «Inizialmente si pensava di mantenere la tipologia del progetto – continua Provinzano – con le attività all’esterno. Qui comunque non ci sono palchi all’aperto e nemmeno l’anfiteatro, e avevamo pensato di realizzarlo direttamente noi». Tutto ciò avviene agli inizi del 2016. Il Comune concede a Babel Crew il padiglione 22, vale a dire l’area verde di fronte lo Zac. Il ministero accetta la modifica. Il lieto fine però è ancora una volta rimandato. «Si sveglia la soprintendenza – sorride Provinzano – che chiede conto e ragione su cosa sta avvenendo ai Cantieri Culturali, visto che si trova dal silenzio più assoluto all’apertura di nuovi spazi. E perciò mette il vincolo monumentale per area di interesse storico di tipologia industriale». Un passaggio che blocca ancora una volta l’apertura di un nuovo spazio culturale, con l’iter che si ripete: nuova rimodulazione del progetto («poteva essere una tragedia e invece siamo riusciti a migliorare le nostre proposte»), nuova individuazione. L’ex falegnameria del padiglione 18 diventa dunque il cuore del progetto e l’oggetto della nuova concessione. Con gli spettacoli dal vivo e all’aperto che non si perderanno ma verranno attuati a titolo temporaneo, ad esempio nella zona del parcheggio come già avvenuto col Beat Full Festival.
«Cambia il progetto ma cambia anche la nostra vita – spiega ancora l’attore e regista teatrale – per come avevamo pensato il progetto degli spettacoli dal vivo, si trattava di concentrarli nella grande estate palermitana che va da maggio ad ottobre e avremmo continuato la nostra attività invernale in maniera itinerante per l’Italia, come siamo abituati a fare. Adesso invece avere uno spazio fisso e al chiuso cambia la dinamica. Tra l’altro stiamo investendo più risorse per la ristrutturazione togliendo parte dei nostri stipendi». La scaramanzia è d’obbligo, dopo le traversie tratteggiate, ma Spazio Franco è nella fase preparatoria, l’inizio dei lavori sarà breve e si stanno chiudendo tutte le autorizzazioni del caso. «Non saremo né uno spazio occupato né un teatro formale – spiega il presidente di Babel Crew – tra i due estremi c’è un gap molto grande e noi vorremo entrare proprio in questa frattura. Siamo partiti dall’analisi di ciò che manca. Sarà uno spazio polifunzionale, teatro e danza soprattutto ma stiamo lavorando anche sull’audiovisivo (qui c’è una grande storia) e sulla musica, sempre raccordandoci con gli altri già presenti. Ci piacerebbe anche fare formazione non convenzionale».
Le vicende di Spazio Franco confermano che di questi tempi fare cultura è sempre più difficile: oltre a sapersi aprire a nuovi linguaggi, sempre più spesso – in assenza di istituzioni coraggiose, di contributi pubblici e di scarsi finanziamenti privati, di pubblico sempre più distratto – l’artista diventa una sorta di imprenditore di se stesso, e deve trovare pure il modo non solo di creare ma di capire come rendere economicamente vantaggiose le proprie creazioni. «Il nostro progetto è finanziato all’ottanta per cento, il venti per cento dobbiamo generarlo noi – conferma Provinzano – e dunque abbiamo l’esigenza di creare un utile: dobbiamo pagare pure l’affitto e le utenze. Abbiamo fermato le produzioni Babel Crew perché Spazio Franco ferma la geografia dei nostri progetti. Questa in ogni caso sarà anche la sede del progetto Amunì e la neonata Compagnia dei Migranti. A me piacerebbe che Spazio Franco facesse eventi speciali tutto l’anno».
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