Sotto il segno di Mastella

A fine settembre, quando a Sala d’Ercole, dopo un tira e molla durato quasi tre mesi, si è capito che l’Aula avrebbe votato la mozione di censura nei suoi confronti, l’assessore alla Sanità (o Salute, secondo l’ultima vacua quanto inutile legge di riforma che ha cambiato il nome a questo comparto della pubblica amministrazione siciliana, lasciando invariato tutto il resto), Massimo Russo, da lupo si era trasformato in agnellino. Per evitare quella che, stringi stringi, altro non è che una grande umiliazione personale e politica (la mozione è stata presentata proprio perché una parte dei parlamentari della maggioranza che avrebbe dovuto sostenerlo lo voleva, di fatto, ‘impiombare’: cosa che si è puntualmente verificata), Russo aveva per l’occasione messo da parte la sua sicumera e aveva anche chiesto “scusa”, ammettendo persino – sembra incredibile! – di avere commesso qualche errore. Ma questo non gli ha risparmiato il ‘pollice verso’ da parte di Sala d’Ercole.

La mozione, come abbiamo già ricordato, è stata approvata dal parlamento dell’Isola. Dopo la secca batosta, Russo ha gettato alle ortiche gli abiti di agnellino che si era frettolosamente cucito addosso per tornare a indossare quelli del lupo. E, sempre con la sua già citata ‘delicatezza’, ha attaccato a testa bassa quei deputati che lo hanno censurato: deputati, a suo dire, che sarebbero i responsabili dello sfascio della sanità siciliana: sfascio che lui ha trovato quando, nella primavera del 2008, si è insediato negli uffici dell’assessorato regionale alla Sanità o Salute, che dir si voglia.

E’ evidente che l’assessore si riferiva agli anni in cui la Regione era governata da Totò Cuffaro e dalla sua Udc. Peccato, però, che tra gli assessori alla Sanità delle giunte Cuffaro c’è stato, tra gli altri, anche un certo Giovanni Pistorio, da anni braccio destro di Raffaele Lombardo. Pistorio, durante il periodo del ‘cuffarismo’, ha ricoperto per oltre un anno, come già ricordato, la carica di assessore alla Sanità in ‘quota’ Lombardo-Cuffaro, visto che allora Cuffaro e Lombardo erano alleati di ferro (nell’Udc).

Anche Pistorio, allora, fa parte di quella ‘eletta schiera’ che avrebbe portato allo sfascio la sanità siciliana? E se è così, perché mai Russo ha accettato di fare l’assessore di un governo regionale presieduto da Lombardo, che avrà sì rinnegato Cuffaro, ma non ha mai allontanato Pistorio, che resta, anche da senatore della Repubblica, vicinisssimo allo stesso Lombardo?

Se non ci fosse di mezzo la salute di cinque milioni di persone, beh, scrivere di Massimo Russo, delle sue contraddizioni e dei suoi ‘successi’ potrebbe anche risultare divertente. Il problema è che stiamo parlando di un settore dal quale dipende, molto spesso, la stessa vita dei siciliani. Un mondo che Lombardo, tre anni fa, appena eletto presidente della Regione, affida a Russo, definendolo “tecnico”.

I tecnici, in politica, sono degli esperti di un particolare settore della vita pubblica che vengono chiamati da un governo ad occuparsi proprio di quel comparto del quale, per l’appunto, risultano profondi conoscitori. Con molta probabilità, Russo sarebbe stato un ottimo ministro della Giustizia, alla luce della sua fulgida carriera di magistrato (per la cronaca, Massimo Russo ha già lavorato, da magistrato, presso il ministero di Grazia e Giustizia: lo ha fatto da consulente quando il ruolo di Guardasigilli era ricoperto da Clemente Mastella al quale lo stesso Russo era stato segnalato dall’ex parlamentare nazionale dell’Udeur, Nuccio Cusumano). Solo che a quest’uomo, cioè Russo, nella primavera del 2008, nessuno gli riconosceva particolari competenze in materia sanitaria. Oggi, dopo oltre tre anni di governo della sanità isolana, l’assessore Russo qualche cosa dovrebbe averla imparata. Anche se a pensarla così non sono i parlamentari dell’Ars che, come già ricordato, lo hanno, di fatto, ‘sfiduciato’.

Ma non ci sono solo i deputati di Sala d’Ercole a considerare Russo non idoneo a svolgere il ruolo di assessore regionale alla Sanità. Anche la Cgil siciliana, ormai da tempo, è critica verso la gestione della sanità dell’Isola. E’ interessante leggere una lettera, indirizzata proprio all’assessore Russo, che porta le firme di Michele Palazzotto e di Renato Costa. Il primo è il responsabile regionale della Cgil funzione pubblica. Il secondo è il segretario della Cgil medici della Sicilia. Entrambi conoscono bene i problemi della sanità dell’Isola non perché così ha deciso un bel mattino il presidente della Regione di turno, ma perché si occupano di questo settore da qualche decennio.

Si legge nella lettera di Palazzoto e Costa: “Apprendiamo dalla stampa che l’assessore Massimo Russo, mentre pubblicamente tesse le lodi di un sistema sanitario regionale perfetto e di una riforma ormai in fase di completa attuazione, attraverso i suoi uffici fa proprie le critiche che, da oltre un anno, la Cgil medici evidenzia rispetto ad una situazione di criticità di una sanità allo sbando”.

Da questo primo passaggio si capisce che, a parere della Cgil siciliana, la riforma della sanità attuata da Russo e portata a esempio di “buona amministrazione della cosa pubblica” dal presidente Lombardo è un mezzo flop. Palazzotto e Costa spiegano anche il perché la riforma Russo è un mezzo fallimento: “Attese intollerabili di dodici ore al pronto soccorso, mancanza di percorsi di umanizzazione, ritardi nell’approvigionamento di farmaci e presidi sanitari, stanze di degenza sovraffollate, processi di sterilizzazione dei ferri chirurgici obsoleti, assenza di rianimatori disponibili in reparti sensibili… Verrebbe da dire: assessore, benvenuto nella realtà!”.

Poi c’è il passaggio sulla ‘presunta’ medicina del territorio. Semplifichiamo: da due anni a questa parte l’assessore Russo ha smantellato ‘pezzi’ importanti del servizio sanitario regionale pubblico (ospedali soprattutto), spiegando che i cittadini si sarebbero potuti rivolgere ai nuovi presidi sanitari che avrebbero visto la luce nel territorio, a cominciare dai Pta, sigla che sta per Punti di assistenza territoriale. Purtroppo, nella stragrande maggioranza dei casi, lo smantellamento di parti importanti del servizio sanitario pubblico è stato effettuato con certosina ‘puntualità’, mentre la medicina del territorio rimane una sorta di riedizione dell’Araba Fenice: che ci sia l’assessore lo dice, dove sia nessuno lo sa..

(fine prima puntata – continua)

Diogene Laerzio II

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