Sospesi tra terra e cielo, le vite di Englaro e Welby «Italia pronta per legge su fine vita, Parlamento no»

Con l’evocativo titolo di Sospesi tra terra e cielo, spettacolo teatrale scritto e interpretato da Stefania Mulè, lo scorso weekend sono giunti in città Beppino Englaro e Mina Schett Welby. Affrontando temi, come quello dell’autodeterminazione e del fine vita, che hanno riguardato le cronache e scosso l’opinione pubblica a partire dalle storie che li hanno riguardati in prima persona: ovvero quella di Piergiorgio Welby, marito di Mina nonchè attivista e poeta radicale che dieci anni fa, gravemente ammalato di distrofia muscolare, chiese che venissero interrotte le cure invasive e sfiancanti che lo tenevano in vita; e di Eluana Englaro, figlia di Beppino e che ha vissuto in stato vegetativo (a  seguito di un grave incidente) per 17 anni fino alla morte naturale per disidratazione avvenuta dopo l’interruzione della nutrizione artificiale decisa dal padre su volontà della stessa Eluana. 

Le due repliche avvenute nel capoluogo siciliano sono state l’occasione per discutere di questioni importanti. Il tema è attuale, drammaticamente attuale verrebbe da dire, visto il terzo rinvio in due mesi alla Camera sulla votazione della legge del testamento biologico, che avrebbe dovuto entrare oggi a Montecitorio. Una proposta discussa da anni e mai regolamentata, con un iter di approvazione tra i più difficoltosi della storia della Repubblica italiana. «Sul fine vita si cominciava a parlare dagli anni ’80 – dice Mina Welby – e nel tempo sono state fatte molte proposte di legge. Questa attuale è buona, e avrebbe dovuto entrare in Aula il 30 gennaio; poi è stata rinviata al 20 febbraio, e poi ancora al 27. Ora quelle tre paginette, che sono anche facili da leggere e sono state già emendate, dovrebbero essere discusse a marzo. Sì, ma quale Marzo? Speriamo che sia questo e speriamo che sia nella prima settimana. Ho paura che si stia lavorando per fermarla, e non ne capisco il motivo».

Una legge che inoltre, dopo la morte di Eluana, era stata promessa nell’immediato. Invece sono passati otto anni ed è ancora tutto fermo al Parlamento. Perchè il tema non è una priorità politica? «Inizialmente c’è stato un conflitto di attribuzione tra politica e magistratura – spiega Beppino Englaro -. Di certo c’è che le istituzioni devono dare una risposta a questo problema. Il cittadino ha fatto la sua parte, adesso spetta al Parlamento che non può lasciare le persone scoperte. L’Italia è pronta per una legge sul fine vita, a non essere pronti sono i deputati. Il Paese è avanti, sono loro a essere distanti». 

Palermo si è dimostrata una città sensibile? «I singoli cittadini ci sono stati più vicini qui a Palermo – dice Mina Welby – rispetto alle associazioni. Non so se dipende dagli schieramenti politici. Dal confronto con gli spettatori dello spettacolo, attraverso discussioni anche molto vivaci, siamo venuti a scoprire che anche qui da voi succede che cittadini che non hanno lasciato le proprie volontà scritte, quando arrivano a non potere più parlare o comunicare non hanno possibilità di essere esauditi sui loro desideri. Anche se magari i parenti esprimono queste volontà i medici non sono disponibili. E invece anche secondo il codice civile possono essere i parenti a decidere sui trattamenti sanitari. Ci serve urgentemente una legge». 

Intanto il teatro sembra poter arrivare lì dove la politica rimane sorda. Stefania Mulè ha voluto fortemente portare il suo spettacolo, che da tempo gira tra i teatri italiani, nella sua Palermo. In quel Teatro agli Archi che da ex rifugio di guerra è diventato un vero e proprio centro culturale. Attraverso una stagione connaturata dal forte impegno civile. «Già nel 2009 sono tratti degli spettacoli dalla vicenda di Eluana – sottolinea Beppino Englaro – e ho avuto modo di vedere il contributo che può dare il teatro nell’affermare le libertà e i diritti fondamentali. Nel suo pezzo poi Stefania è veramente eccezionale, anche perchè si identifica molto con Eluana». Mentre Mina Welby afferma: «Personalmente ho fatto teatro fin da piccolina. Da grande ho capito che il teatro, la scrittura, l’arte in generale aiuta le persone a capire determinati problemi e li porta molto più vicino alle persone perchè stimola il sentimento e il cervello insieme. Quello che accade con questo spettacolo è importante, perchè si parla di un tema, la fine della vita, che di solito è un tema lontano, espulso dal contesto da tutti i giorni. La vicenda di mio marito Piergiorgio, come anche di Eluana, ha giocato su tutti i fronti: sulla giustizia, sulla famiglia, sul dolore della persona, sulla richiesta urgente di essere aiutati, sulla medicina, sulla filosofia, sull’etica». 

Andrea Turco

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