Migliaia di case vuote e popolazionone in calo. Eppure «Secondo le rilevazioni Istat del 2008, Catania è la città con più concessioni edilizie residenziali in Sicilia». A denunciare questa situazione è Valentina Vella, giornalista e coordinatrice per Catania del forum nazionale Salviamo il paesaggio, difendiamo i territori, che si propone di fermare il cosiddetto consumo del suolo. Fondato il 29 ottobre del 2011, in pochi mesi il forum ha ricevuto l’adesione di 600 organizzazioni a livello nazionale e di oltre 10 mila cittadini. L’obiettivo? Raccogliere dati sulla situazione degli edifici nelle città italiane, per poi proporre una legge di iniziativa popolare che definisca dei nuovi standard urbanistici. «La legge di riferimento è il decreto 1444 del 1968, ma per aggiornarlo servono dati sullo sviluppo urbano che attualmente sono poco completi e imprecisi» afferma Valentina. Il 27 febbraio il forum ha quindi lanciato una raccolta firme, con comitati attivi in 100 comuni itaiani. «Si firma per obbligare il Comune a fare un censimento del cemento nelle aree urbane: vogliamo sapere quante abitazioni e quanti fabbricati industriali, vuoti, sfitti, non utilizzati e quante aree edificabili ci sono oggi allinterno dei confini di Catania» spiega Valentina.
La popolazione del capoluogo etneo è diminuita negli ultimi anni fino a scendere a meno di 300 mila abitanti, con un progressivo svuotamento del centro storico e alloggi rimasti sfitti. E non è certo una novità. Già nell’ottobre del 1976, in una inchiesta del L’Ora di Catania, l’architetto Giuseppe Dato, citando i rilevamenti Istat del ’71, faceva presente come nel capoluogo etneo ben 11.308 alloggi fossero sfitti, circa il 10 per cento del totale. Il titolo dell’inchiesta, Catania da salvare, sulla speculazione edilizia in città, sembra ancora attuale: in attesa di un piano regolatore con più attenzione al verde, rimasto però bloccato alle linee guida, si è fatto «un uso esagerato dello strumento della variante urbanistica» commenta Valentina. Come nella famigerata seduta del consiglio comunale del 30 aprile 2008, ultima utile prima delle elezioni: quel giorno furono approvati in variante il centro commerciale Porte di Catania e la realizzazione di un milione di metri cubi di nuovi alloggi popolari nel quartiere Librino. Un mese dopo, il 30 maggio 2008, il commissario straordinario Vincenzo Emanuele concludeva un accordo di transazione per le aree di Corso dei Martiri, ma l’elenco delle opere dal forte impatto ambientale in corso di realizzazione a Catania è lungo.
Dall’ex ufficio speciale per l’Emergenza traffico, fu approvata la realizzazione dei parcheggi interrati sparsi per la città come quello di piazza Europa. E se per i parcheggi è appena iniziato il processo d’appello, si è in attesa di una sentenza del Tar per il centro commerciale a San Giovanni Li Cuti, altra eredità dell’ufficio speciale che si dovrà realizzare in project financig, teoricamente per migliorare la viabilità nel tratto piazza Europa – via del Rotolo. Confermato il Prusst, piano urbano di risanamento che prevede la costruzione di alberghi in cinque aree cittadine con fondi del ministero dei Lavori pubblici, tra le ipotesi resta la trasformazione del quartiere Cibali contenuta nella proposta di piano regolatore presentata a dicembre in consiglio comunale. Sul piatto l’eliminazione del Massimino con l’ipotesi, come si sa, che il nuovo stadio venga realizzato a Librino. Ultimo, ma non per importanza, il Piano urbanistico attuativo per la zona sud (Pua), che lungo il litorale della Playa prevede la costruzione di un complesso di alberghi e campi da golf a ridosso dell’Oasi del Simeto. «Mi preoccupa soprattutto il Pua Playa, per via dell’estensione dell’opera e del consumo di risorse idriche» afferma Vella. Ma l’impatto ambientale non è il solo problema.
La società civile catanese negli ultimi anni ha puntualmente denunciato la situazione, con in testa associazioni come Cittàinsieme e Italia Nostra, perché l’urbanizzazione sembra avere un impatto negativo anche su povertà e lavoro. Per padre Valerio di Trapani, direttore della Caritas diocesana di Catania, la costruzione di nuovi alloggi è strettamente legata al caro affitti. «C’è bisogno di un serio piano casa per garantire l’accesso agli alloggi ai tanti che non possono permettersi un affitto», afferma il sacerdote, che in mancanza di un piano-casa adeguato propone un sistema di «requisizione per emergenza abitativa». E critiche all’urbanizzazione di nuove aree vengono da Nicola Colombrita, presidente di Ance Catania, l’associazione dei costruttori edili. «Sembra strano che un’associazione di costruttori non proponga di costruire nuovi palazzi, ma c’è potenzialmente più lavoro nella ristrutturazione degli edifici» afferma Colombrita.
«Dai dati raccolti dal forum nazionale, risulta che la ristrutturazione degli edifici in tutta Italia sia molto più conveniente per le aziende edili: per almeno venti anni c’è lavoro», conferma Valentina Vella. Più lavoro che oggi, con le città in Italia che, se non si interverrà, «nei prossimi venti anni cresceranno di 75 ettari al giorno, occupando complessivamente un’area non edificata grande quanto la Valle d’Aosta» rivela un rapporto sul consumo del suolo del Fondo Ambiente Italiano e del Wwf. «Solo con i dati del censimento sarà però possibile dimostrare che Catania non ha bisogno di nuovi edifici» commenta Valentina. La raccolta firme è rivolta ai singoli Comuni, e fa seguito a un appello inviato dal comitato nazionale. Alcune amministrazioni, come quella di Imperia, hanno accettato e iniziato il censimento. A Catania, invece, «il Comune non ha mai risposto».
Nella città dell’elefante si farà ricorso agli istituti di partecipazione popolare previsti dallo statuto comunale per «raccogliere 500 firme e obbligare il consiglio comunale ad occuparsi del tema». Al comitato catanese hanno già aderito Cittàinsieme, Wwf Catania, Forum dell’acqua, Rifiuti zero e «Circa duecento cittadini. E altre associazioni, come Italia Nostra e Addiopizzo che non fanno parte del comitato, ci appoggiano. Arriveremo presto alla quota prevista». Ieri, sabato 7 aprile, il comitato è stato in piazza Stesicoro per raccogliere le firme mancanti, e i banchetti per la raccolta firme verranno allestiti fino a fine mese. «Bisogna far capire che lo sviluppo deve basarsi sul recupero di spazi verdi e del proprio centro storico, al momento fatto di palazzi d’epoca pericolanti e in stato di totale abbandono – conclude Valentina Vella – Ai turisti non piace il cemento, e i suoli fertili sono una risorsa preziosissima e non rinnovabile».
[immagine del forum Salviamo il paesaggio]
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