Sorpresa: il ‘buco’ dell’Inps è dovuto all’incorporazione delle pensioni ‘d’oro’ dei ‘grandi’ manager!

PER MANTENERE LE MEGA RETRIBUZIONI DEI SUPERBUROCRATI PENSIONATI SI TENGONO CENTINAIA DI MIGLIAIA DI CITTADINI ANZIANI A 500 EURO AL MESE! E’, QUESTA, UNA DELLE VERITA’ SCOMODE CHE EMERGE DA UNO STUDIO DELLA CGIA DI MESTRE SUL FISCO DEL NOSTRO PAESE. UN’ALTRA ‘CHICCA’ E’ RAPPRESENTATA DALLA SPESA PER GLI F35, CHE INVECE DI ESSERE PRESENTATA COME PASSIVITA’ VIENE CONSIDERATA UNA VOCE ‘IMPORTANTE’ DEL PIL…

Che il nostro Paese fosse costruito sul non senso è cosa nota da generazioni. Che la costruzione del Paese Italia fosse tutto un imbroglio non lo nega nessuno, perché negarlo sarebbe impresa troppo ardua per chicchessia. Che l’Italia fosse un Paese nato male e costruito peggio è storicamente accertato. C’è stato un momento nella storia che si tentò di integrarlo realmente con la Costituzione repubblicana, ma immediatamente le forze dominanti si sono date un gran da fare per vanificarne gli effetti ed hanno ceduto il controllo sul territorio meridionale alle mafie locali e internazionali.

C’è stato nel periodo del ’68 un moto rivoluzionario tendente a rinnovarlo, ma le forze della reazione hanno innescato il terrorismo per ricacciare indietro le tendenze che volevano superare le vecchie condizioni di diseguaglianza, sociale, politica e territoriale.

Più recentemente si è dato grande impulso al dibattito federalista, più per ragioni punitive che per una prospettiva d’innovazione istituzionale. Si è pure cambiato il titolo quinto dell’impianto costituzionale, papocchi a parte, per favorire un diverso sviluppo della democrazia nazionale, ma quel progetto non è stato accompagnato dal disegno di federalismo fiscale, perché ritenuto molto avanzato e si è prodotto un mostro istituzional-fiscale che viene oggi rappresentato nello studio che la Cgia di Mestre ha recentemente pubblicato e del quale ne dà notizia TM News.

Cosa dice in sostanza questo studio? Intanto, dati alla mano, che lo Stato centrale, che pure ha dato il via al trasferimento di competenze alle Regioni, facendone i centri principali di spesa, seguiti da Comuni e Province, dal punto di vista fiscale ha mantenuto per sé il 77 per cento delle entrate da imposte dirette, indirette e in conto capitale.

Infatti, su 427,7 miliardi di euro, che costituiscono il plenum della tassazione del 2012 – a quell’anno si riferiscono i dati completi disponibili – ben 364,2 miliardi sono stati incamerati dallo Stato, mentre il restante 23 per cento è stato incassato dalle Regioni per il 16,7 per cento; dai Comuni per il 5 per cento; dalle Province per lo 0,9 per cento; infine, dalle Camere di commercio, per lo 0,3 per cento.

Rispettivamente, in cifre, 78,9 miliardi di euro dalle Regioni, 23,8 miliardi di euro dai Comuni, 4,1 miliardi dalle Province e 1,5 miliardi dalle Camere di Commercio. La composizione delle entrate del 2012 comprende 151 miliardi di euro provenienti dai redditi da lavoro, equivalenti al 35 per cento del montante della tassazione, cioè da salari, stipendi e pensioni; 87 miliardi di euro sono provenienti dall’Iva, cioè dai consumi di massa e rappresentano il 20 per cento del totale.

In sostanza, il 55 per cento dell’intera tassazione grava sulle spalle del popolo minuto tra imposte sul reddito e sui consumi. Il resto sulle piccole imprese – perché le grandi, come si è visto nel caso Fiat-Chrisler, le sedi fiscali le collocano all’estero, nel caso specifico a Londra – sono tartassate ‘a muzzu’ (a mucchio), attraverso gli “studi di settore”

I paradossi e le incongruenze non si fermano qui. Sul versante della spesa si verificano le medesime stranezze. A fronte del 23 per cento della capacità impositiva affidata agli enti territoriali le competenze di spesa trasferite incidono su Regioni ed enti locali per il 57 per cento. In pratica c’è un 24 per cento di spesa che non viene erogata in ragione del Patto di Stabilità. Un’altra stupidità proveniente da Bruxelles.

Queste le più grossolane incongruenze del sistema fiscale italiano. Ma in questi ultimissimi tempi si va profilando un altro imbroglio ed è la spesa per armamenti. Cioè si vuole dare valore economico all’acquisto dei nuovi armamenti (esempio: gli F35) quali spese d’investimento facendone una voce attiva del Prodotto interno lordo, dando vita ad un altro artificio contabile, cambiando cioè nome a una spesa a perdere, perché improduttiva, facendola apparire tra le categorie di spesa produttiva.

Per il resto, la spesa statale è costituita, oltre che dagli enormi costi correnti, dagli interessi sul debito e dalla spesa previdenziale, meglio dalla spesa assistenziale, perché com’è arcinoto la spesa previdenziale dell’Inps è largamente coperta dai contributi dei lavoratori ed in tranquillo equilibrio. Il disavanzo dell’Inps è dovuto alla incorporazione della previdenza dei manager che era in grave deficit a causa dei trattamenti di alta gamma che i dirigenti d’azienda si riservavano a fine carriera, senza, però, avere accantonato per tempo i relativi contributi.

Questa forma di risparmio è stata definita soltanto per le pensioni dei poveri cristi con la scusa che il vecchio metodo del sistema retributivo era ritenuto non equo e perciò stesso ingiusto. Questi stessi giudizi, però, non sono stati espressi per il sistema previdenziale dei manager.

Che ci volete fare, così va l’Italia e purtroppo così continuerà ad andare, perché su questo versante tutti i proclami riformisti non presentano alcun cenno di cambiamento.

Riccardo Gueci

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