Sorpresa: a Marchionne la produttività (tedesca) non piace più…

L’ala ‘gelida’ della Germania non si ferma allo spread, ma tocca anche la Fiat di Sergio Marchionne (anzi la Fiat-Chrysler, visto che il Nostro, ora, è anche americano). Al grande manager che ha sbaraccato lo stabilimento di Termini Imerese, grosso centro alle porte di Palermo, perché non in linea con i suoi parametri mentali e produttivi, non va giù la politica tedesca in materia di automobili. Perché?

Perché i teutonici ci vanno pesante, mettendo in atto una “politica di sconti aggressivi che sta provocando un bagno di sangue sui prezzi e sui margini”. 

Dopo aver messo a soqquadro le fabbriche Fiat in Italia, tra chiusure e pesanti penalizzazioni a carico dei lavoratori per migliorare la produttività, l’amministratore delegato della Fiat invoca, adesso, “un piano coordinato a livello europeo per risolvere il problema dell’eccesso di capacità produttiva”. 

Insomma, ora la produttività (tedesca) non gli piace più. Coerente, Marchionne. I grandi principi dell’economia d mercato, prima di tutto!

L’appello per ‘addomesticare’ un mercato che a Marchionne non piace, ovviamente, è rivolto ai tedeschi, le cui fabbriche, è noto, girano a pieno ritmo anche in tempi di crisi. Convincendo i consumatori ad acquistare automobili di ottima qualità e a prezzi più contenuti. Il riferimento è a Bmw, Vokswagen e Mercedes, che vendono bene e producono utili pure in tempo di euro ‘svolazzante’. Mentre anche le fabbriche di Opel e Ford presenti in Germania accusano cali nelle vendite.

L’appello di Marchionne, a quanto sembra, è destinato a cadere nel vuoto. Insomma: chi di produttività ferisce, di produttività perisce. Del resto, il capo carismatico della Fiat-Chrysler non può volere il bastone per Termini Imerese e la carota per lui…  

 

Foto di Sergio Marchionne tratta da it.wikipedia.org

Arnaldo De Louis

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