I colpi erano studiati nei minimi dettagli. E nel linguaggio in codice della banda dello Zen sgominata oggi in nell’operazione denominata “Overall” ed eseguita da carabinieri e polizia che ha portato a 17 misure cautelari diventavano «partite di calcetto». Raid ben pianificati, in cui ognuno aveva un compito ben preciso. A capo dell’organizzazione, secondo gli investigatori, c’erano Massimiliano Bronzino, 41 anni; e Francesco Paolo Marchione, 37 anni, finiti entrambi ai domiciliari. Quest’ultimo, in particolare, in virtù delle sue capacità tecniche, si occupava di mettere in modalità conferenza i “telefoni dedicati” durante l’esecuzione dei furti. Un escamotage trovato per consentire a Bronzino di impartire in diretta le “istruzioni”. Era lui che dettava tempi e modalità delle decine di colpi messi a segno nelle province di Palermo, Messina e Trapani.
Gli investigatori ne hanno ricostruito almeno 21 per un valore complessivo di oltre 300.000 euro. Ad essere presi di mira erano soprattutto i centri commerciali e negozi di elettronica e informatica. Come “Cascino Expert” in contrada Piana Romana a Lascari, per ben cinque volte “visitato” dalla banda, che in tre casi è riuscita a portare a segno i colpi, racimolando refurtiva per migliaia di euro. È stata proprio la sequenza di raid ai danni del negozio tra il 2013 e il 2014 a fare scattare le indagini, nel maggio del 2014, della Compagnia carabinieri e del Commissariato di Cefalù. Nella notte tra il 9 e il 10 febbraio del 2013, dopo aver sfondato la vetrata del centro commerciale, il commando si impossessò di 30mila euro di merce. I cellulari rubati, però, vennero usati a poche ore dalla commissione del furto, consentendo agli investigatori di risalire agli intestatari delle sim: tutti residenti allo Zen e legati tra loro da vincoli di parentela o di amicizia.
Ma i bersagli non erano solo in provincia di Palermo. La banda si muoveva di notte a bordo di auto per raggiungere anche paesi del messinese e del trapanese. Così, ad esempio, il 14 giugno del 2014 il commando cercò di assaltare il centro Euronics di Capo d’Orlando in provincia di Messina. Sul posto rimasero due ore, non riuscendo a portare a segno il piano criminale solo a causa della mancanza dei «giusti attrezzi». La porta anteriore del negozio, infatti, era ancorata ad un pilastro portante e la banda non riuscì a forzarla. Nella notte tra il 27 e il 28 giugno il commando tornò all’attacco, questa volta con il «cannello» (la fiamma ossidrica, ndr), riuscendo nell’intento e rubando merce per 70mila euro. In quell’occasione quattro componenti della banda furono, però, arrestati.
Tra loro c’era Salvatore Spina, «compagno inseparabile» di Bronzino, che in quell’occasione a causa di un braccio rotto non partecipò materialmente all’assalto, svolgendo invece le funzioni di palo. Subito dopo l’arresto del complice il capo della banda si adoperò, spiegano gli inquirenti, per fornire «sostegno morale ed economico» a Spina, con sussidi quasi settimanali e andando a trovarlo nonostante fosse ai domiciliari. Un’attenzione che creò dissapori dentro la banda. Le pressioni esercitate da Bronzino dentro il gruppo per sostenere economicamente il complice arrestato provocarono «una scollatura» dentro il gruppo e per tutto il mese di luglio 2014 non furono messi a segno furti.
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