Sisma, in Sicilia industrie a rischio incidente I cittadini: «Chiediamo controlli e sicurezza»

Che la Sicilia – e la sua parte Sud orientale in particolare – sia una zona caratterizzata dall’elevata sismicità non è certo un dato nuovo. Lo evidenziava già nel 2004 la mappa di pericolosità sismica approvata dalla Commissione grandi rischi del dipartimento di Protezione civile. Con le immagini dei capannoni crollati in Emilia ancora davanti agli occhi e nelle orecchie le polemiche sulle procedure seguite nella loro costruzione, a preoccupare i cittadini siciliani è un fattore di pericolo in più che contraddistingue l’isola: la massiccia presenza sul territorio di industrie classificate a rischio di incidente rilevante (Rir) che potrebbero causare effetti devastanti in caso di terremoto o di altra calamità naturale. In Sicilia sono 74, secondo gli ultimi dati diramati dal ministero dell’Ambiente, e dislocate soprattutto a Siracusa, Milazzo e Gela. Per loro la legge impone una serie di stringenti controlli, ma nessuna normativa antisismica specifica. Un fattore di preoccupazione in più per gli abitanti di quelle zone che hanno deciso di mobilitarsi, partendo dall’informazione. «In seguito agli eventi sismici che si sono verificati in tutto il territorio nazionale – spiega Eugenio Bonomo del comitato di Melilli No Rigassificatore – abbiamo richiesto al comitato tecnico regionale i rapporti di sicurezza relativi a tutti gli impianti della zona, per verificare eventuali carenze».

Le industrie classificate come Rir sono stabilimenti in cui è alta la probabilità che accadano incendi, emissioni o esplosioni di grande entità, in grado d’innescare «un pericolo grave, immediato o differito, per la salute umana o per l’ambiente – specifica il decreto legislativo 334/2009 – all’interno o all’esterno dello stabilimento, e in cui intervengano uno o più sostanze pericolose». A preoccupare soprattutto il polo petrolchimico di Priolo. Nel comprensorio siracusano le industrie Rir sono 17, tra raffinerie di petrolio, centrali termoelettriche, depositi di gas liquefatti e oli minerali, impianti di produzione di esplosivi e diversi stabilimenti chimici e petrolchimici. Presenze consistenti anche nella provincia etnea, con una decina di strutture a rischio: per lo più depositi pericolosi tra Catania, Belpasso, Misterbianco, Biancavilla, Santa Venerina e Mascalucia.

Cosa succederebbe a queste aziende in caso di terremoto? Esistono studi o piani di contenimento dei danni? Non è dato saperlo. La legge impone ai gestori delle industrie a rischio una serie di prescrizioni per prevenire e limitare le conseguenze della loro presenza per l’uomo e per l’ambiente in caso di catastrofi naturali. Ma, come denuncia Alessandro Martelli, direttore del centro ricerche Enea di Bologna, «per gli impianti Rir non abbiamo in Italia ancora una normativa antisismica specifica». Una lacuna portata all’attenzione dell’ex ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo già nel settembre del 2011, con una interrogazione parlamentare del deputato Angelo Alessandri (Lega Nord), presidente della commissione Ambiente alla Camera. Non solo: in caso di catastrofe naturale, gli stabilimenti siciliani «non sono sicuri sia per il terreno sia per le strutture che non sono adeguate», avverte Michele Maugeri, docente di Geotermica all’Università di Catania.

Davanti alla mancata risposta delle istituzioni, i cittadini hanno deciso di mobilitarsi. Sette associazioni – Decontaminazione Sicilia, AugustAmbiente, Risvegli Priolo, il comitato melillese No Rigassificatore, il gruppo Studenti Non Indifferenti di Augusta e la Costituente Ecologista Siracusa -, assistite dall’avvocato catanese Mario Giarrusso, chiedono adesso di conoscere il reale livello di sicurezza delle strutture industriali, soprattutto quelle del polo petrolchimico di AugustaPrioloMelilli. «Al prefetto di Siracusa Renato Franceschelli chiediamo di poter esaminare i contenuti dei piani d’emergenza esterni al fine di verificarne l’adeguatezza in relazione all’elevato rischio industriale», spiega Bonomo. Tre gli obiettivi concreti: «Ottenere l’isolamento sismico degli impianti, la costruzione di un’efficiente barriera anti-tsunami a protezione di tutto il petrolchimico e l’istituzione di un efficiente ed efficace organo di controllo per il monitoraggio continuo della manutenzione degli impianti e delle emissioni inquinanti».

Gianmarco Catalano

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