Momenti di forte tensione stamattina nella sede del Libero consorzio di Siracusa, dove da due settimane i dipendenti sono in assemblea permanente per protestare contro il mancato pagamento degli ultimi tre stipendi. Con l’ente in dissesto e con le casse vuote, l’unica speranza rimane la Regione dove proprio in queste ore si discute la Finanziaria. Stando a chi era presente, però, oggi la pazienza dei vertici del Libero consorzio sarebbe finita e i capi settore avrebbero intimato ai lavoratori di tornare a timbrare il cartellino. «Un’imposizione che viola i nostri diritti, ci hanno messo il bavaglio e ci umiliano», denuncia Gianni Rizzotto, sindacalista della Cgil.
La situazione all’ex Provincia è drammatica da molto tempo. Già nel 2017 un’analoga protesta, che aveva visto per diverse settimane i 484 dipendenti (più un’ottantina della partecipata) incrociare le braccia e riunirsi in assemblea, era stata sbloccata dalla Regione che aveva saldato sei mesi di arretrato. Dopo la dichiarazione di dissesto dello scorso maggio e la certificazione di debiti per circa 160 milioni di euro, adesso si riaffaccia lo spettro di un nuovo lungo periodo senza pagamenti. L’ultimo è arrivato lo scorso novembre. «Qui c’è gente che si è indebitata con gli usurai, viviamo da anni con questa spada di Damocle», continua Rizzotto.
Così, pur garantendo il servizio di protocollo e quello di centralino, i dipendenti da due settimane si sono nuovamente fermati. «Ma garantendo ai superiori – dicono – che laddove ci fossero stato servizi urgenti da svolgere, come problemi nelle scuole, saremmo tornati in servizio». In questi giorni, però, non sarebbe arrivata nessuna richiesta. A peggiorare il clima ci sono anche le notizie che arrivano da Palermo, dove l’assessore all’Economia Gaetano Armao avrebbe legato la risoluzione della vicenda alle risposte che devono arrivare da Roma: cioè la possibilità di spalmare in 30 anni il disavanzo di 546 milioni.
Le tensioni tra i dipendenti in assemblea e i vertici del Libero consorzio erano salite già la settimana scorsa, quando la commissaria aveva chiesto ai lavoratori di non rimanere nell’aula consiliare anche la notte e nei weekend. Un punto di incontro si era trovato chiudendo l’assemblea alle 20 ma proseguendola sabato e domenica. Oggi la situazione è precipitata. «Stamattina – ricostruisce il sindacalista della Cgil – i capi settore sono stati convocati dalla commissaria e sono usciti dicendo che tutto doveva tornare come prima. Hanno convocato i sindacalisti dal segretario generale, ma noi non siamo andati perché l’assemblea ha chiesto che fosse il segretario o qualcuno dei capi settore ad andare in aula consiliare a riferire davanti a tutti. Questo però non è stato fatto». Da qui la tensione è salita alle stelle e per poco si è evitato il contatto fisico.
Alla fine la Cgil annuncia che domani i lavoratori torneranno al loro posto. «Abbiamo detto a tutti di obbedire – conclue Rizzotto – ma sicuramente non ci fermiamo, perché si stanno violando i diritti dei lavoratori. Oggi siamo stati umiliati, perché qui l’unico a essere inadempiente è lo Stato».
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