Siracusa, riaperto il caso della morte di De Simone Legale: «Dubbi sul suicidio, sentire chi è implicato»

«Chi la dura la vince». Inizia così il post sulla pagina Facebook Verità per Angelo De Simone scritto dalla madre Patrizia. «Ora tocca agli ordini preposti impegnarsi a fare venire fuori tutta la verità e far sì che i colpevoli paghino». Il 27enne siracusano Angelo De Simone, viene trovato impiccato nella veranda davanti alla sua abitazione, nel quartiere Bosco Minniti di Siracusa, il 16 febbraio del 2016.

L’ipotesi iniziale è stata quella di un suicidio. Poi la procura di Siracusa ha aperto un fascicolo d’inchiesta a carico di ignoti che potrebbero averlo spinto a compiere quel gesto. Adesso, il giudice per le indagini preliminari Salvatore Palmeri ha rigettato la richiesta di archiviazione proposta dalla procura che aveva chiuso il caso come suicidio. «Abbiamo chiesto di sentire persone implicate nella vicenda che hanno già riferito a terzi e anche alla procura particolari che potrebbero chiarire alcune cose ma che non sono stati tenuti in giusta considerazione», spiega a MeridioNews l’avvocato David Buscemi che assiste la famiglia De Simone. 

Durante le indagini, sarebbero emerse delle rivelazioni fatte da un collaboratore di giustizia. Nel corso della sua deposizione, questo avrebbe raccontato agli inquirenti di essere venuto a conoscenza del delitto da una confidenza che gli avrebbe fatto un detenuto. Quest’ultimo, però, non sarebbe stato ascoltato dalla procura aretusea. Per quanto riguarda il movente, si è parlato di questioni legate al mondo della droga, probabilmente un debito contratto dalla vittima nei confronti di un gruppo di spacciatori. 

Altra richiesta avanzata dall’avvocato, adesso, è quella di un approfondimento della perizia medico-legale effettuata all’epoca dei fatti e che ha portato la procura a orientarsi verso l’ipotesi del suicidio del giovane tifoso del Siracusa Calcio. «Abbiamo anche chiesto che venga riesumato il cadavere», aggiunge Buscemi. In campo adesso tornano le ipotesi di induzione al suicidio da una parte e di omicidio dall’altra. 

Si continuerà, dunque, a indagare su una morte che, sin da subito, era apparsa «strana» a molti, soprattutto tra i familiari e gli amici. «Sono tanti i dubbi che, già dal momento del ritrovamento del corpo di Angelo – aveva spiegato a Meridionews Davide Ganci, uno degli amici più intimi della vittima – ci hanno fatto pensare che non si trattasse di suicidio: i lacci usati che, però, non mancano da nessuna delle scarpe in casa, il nodo alla marinara che è difficile da fare considerando che Angelo non sapeva nemmeno allacciarsi bene le scarpe». Nessun racconto che avesse fatto presagire una scelta simile, nessun biglietto di addio a spiegarne le cause ed «è assurdo – aveva commentato l’amico – che il padre di un bambino (che all’epoca aveva quattro anni) non pensi di lasciare due parole per il figlio che, fra l’altro, aveva chiamato mezz’ora prima con la promessa che l’indomani avrebbero trascorso insieme l’intera giornata». 

Marta Silvestre

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