Oltre 160 milioni di debiti accumulati dal Libero Consorzio di Siracusa hanno portato la commissaria straordinaria, la prefetta Carmela Floreno, la scorsa settimana, alla decisione di dichiarare il dissesto finanziario dell’ente dopo un’agonia durata mesi. «Più che un dissesto è un disastro». È l’amara riflessione del ragioniere capo dell’ente, Antonio Cappuccio. A fare la quantificazione del danno sono stati gli ispettori inviati dall’assessorato delle Autonomie locali, «ma non è una cifra esatta, perché rimangono tanti se e tanti ma su certe voci di spesa che non è possibile al momento stabilire con certezza». Intanto, la preoccupazione dei sindacati è che a pagarne le spese possano essere anche i lavoratori che, già da mesi, sono senza stipendio.
Il dissesto dell’ex provincia di Siracusa è un processo che pare arrivare da lontano. «Le spese per il funzionamento degli istituti scolastici e per altri interventi culturali non sono coperte da oltre cinque anni – elenca Cappuccio – Le bollette di acqua, Telecom ed Enel sono sempre state pagate con un ritardo di due anni e adesso, infatti, siamo fermi a quelle del 2016 ancora da versare. Altre voci di spesa che non siamo riusciti più a coprire sono quelle delle attività nel sociale, come alcuni fondi da versare a favore delle cooperative che lavorano con le persone disabili». A questo si aggiungono le voci per i contenziosi che si sono creati in seguito alle morosità nei confronti di enti pubblici e privati. «Ed è a causa di questo che il calcolo del debito non può essere fatto in maniera precisa – spiega il ragioniere capo – perché l’ultima parola dipende dalle decisioni dei giudici». La parte più corposa del debito è, però, quella maturata verso lo Stato: 30 milioni di euro per il mancato pagamento del prelievo forzoso non corrisposto per l’assenza di fondi. Un debito maturato negli anni anche a causa di spese effettuate sulla base di entrate non certe.
«Per fermare l’emorragia in atto, l’unica soluzione era quella di dichiarare il dissesto», sostiene Cappuccio. Adottata la delibera, immediatamente esecutiva e irrevocabile, nella gestione dell’organo straordinario di liquidazione entra una commissione composta da tre membri nominata dal ministero dell’Interno che, in sostanza, lavora come farebbe un curatore fallimentare se si trattasse di una ditta privata. «Tocca a loro, adesso, il compito di prendere atto dell’attivo e del passivo e di fare una proposta ai creditori», con margini di trattativa che prevedono un rientro fra il 40 e il 60 per cento rispetto al debito maturato dall’ente. «Io ho l’obbligo di provare a riequilibrare l’ente per l’anno 2018, ma posso già ammettere – dice – che sarà impossibile per le condizioni in cui si trova l’ente e senza entrate certe. Nel 2019 sarò costretto a dire di non essere stato in grado di pareggiare i conti».
Una situazione complessa dovuta anche agli ultimi cinque anni di commissariamento da parte della Regione. «Anche con tutte le migliori intenzioni, ci hanno comunque distrutti come enti locali», lamenta. Adesso, una copia della delibera è stata trasmessa anche al ministero dell‘Interno e alla procura regionale della Corte dei conti. «Saranno loro a valutare se ci sono delle posizioni da approfondire per verificare eventuali responsabilità».
Nel frattempo, l’ente non può chiudere i battenti del portone di via Malta e continua con le attività ordinarie. «Ci hanno assicurato che non c’è alcun rischio per i dipendenti ma noi siamo un po’ scettici – denuncia Gianni Rizzotto, Rsu Cgil – Il problema, infatti, potrebbe nascere nel momento in cui gli ispettori mettono in pratica le azioni per tentare di risolvere la situazione debitoria con ulteriori tagli di spesa. Quello che ci preoccupa è che, come ultima spiaggia, si possa pensare di toccare anche i posti di lavoro dei dipendenti».
I circa 517 lavoratori del Libero Consorzio, così come i 90 della società partecipata al cento per cento, Siracusa Risorse, non percepiscono lo stipendio da gennaio scorso. «Per noi da da mesi la situazione è nera. È vero – aggiunge – che sulla carta l’ente continua a offrire i normali servizi ma da qualche parte si dovrà pur tagliare. In ogni caso, quando un ente pubblico dichiara il dissesto hanno perso tutti, non solo i dipendenti ma anche i cittadini. E qui i segni sono già evidenti: scuole crollano sulle teste degli studenti e strade così dissestate da non essere percorribili. Attenderemo di capire quali saranno le nostre sorti – conclude Rizzotto – ma vigileremo con il coltello fra i denti, senza fare nemmeno un passo indietro sulla garanzia della stabilità dei posti di lavoro».
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