Siracusa, dipendenti costretti a restituire metà stipendio Sei a processo dopo le denunce. «Basta tacere e soffrire»

«So che il mio non è un caso isolato, che il mercato del lavoro in Sicilia a volte funziona così, ma bisogna denunciare, non tacere e restare a soffrire». Barbara è una dei tre dipendenti che quattro anni fa si sono rivolti ai carabinieri del nucleo ispettorato del Lavoro di Siracusa per denunciare il trattamento subito dal titolare di un distributore di benzina della Esso in un paese nel sud della provincia. Costretti a lavorare otto o più ore al giorno per 500-600 euro, a fronte però di una busta paga di 1200. Sulla carta infatti era tutto regolare: contratti full time a tempo indeterminato, ma i titolari avrebbero imposto ai lavoratori di scambiare gli assegni in banca e di restituire metà dello stipendio. 

Dalle loro denunce è partita un’indagine che ha portato al sequestro della società, durato oltre un anno, e a settembre inizierà il processo. Sei persone, infatti, sono state rinviate a giudizio con l’accusa di estorsione: si tratta dei soci che all’epoca gestivano il distributore di benzina e il bar al suo interno. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, i dipendenti sarebbero stati minacciati di licenziamento, anche di fronte alla richiesta di qualche giorno di malattia. E avrebbero lavorato in un clima «vessatorio». «Non potevo sedermi neanche in caso di assenza di clienti e dovevo chiedere la chiave per andare in bagno», racconta Barbara che precisa di avere accettato all’inizio le condizioni proposte perché «volevo rendermi indipendente dai miei genitori, avevo 24 anni». 

Dopo oltre un anno in amministrazione giudiziaria, la società è stata restituita ai proprietari. Ma a gestirla è rimasto solo uno dei soci. «Sono stato infilato in questa storia come un cretino, sono stato fregato dai miei ex soci – dice, raggiunto da MeridioNews – mi sono trovato con un grosso debito. Io non sapevo quello che stava succedendo. Per quattro anni, quando gestivo io direttamente tutto, i dipendenti non si sono mai lamentati. Guardi, non ci dormo la notte, noi siamo persone perbene». 

Insieme a lui adesso al distributore di benzina ci sono solo la moglie e un dipendente, l’unico a non aver denunciato lo sfruttamento, anche di fronte alle verifiche dei carabinieri di Siracusa. I militari, infatti, a seguito di lunghi appostamenti, avrebbero accertato che anche lui svolgeva turni di lavoro massacranti, fino a 12 ore. «Ha sempre dichiarato di averlo fatto per volontariato, per spirito di abnegazione», spiegano gli investigatori che hanno interrogato l’uomo. Eppure in un audio agli atti del procedimento, registrato di nascosto da un’altra dipendente, pure lui ammetteva: «Mica faccio cinque ore, sempre 15 ne ho fatte». L’illecita prassi della restituzione dello stipendio è aumentata da quando è stato introdotto l’obbligo della tracciabilità per i pagamenti superiori a mille euro.

Il 24 settembre si terrà la prima udienza del processo davanti al Tribunale di Siracusa che vede alla sbarra sei imputati, tutti incensurati: S.F., 56 anni; C.M.G., 29 anni; C.P., 54 anni; C.C., 52 anni; C.M.C., 51 anni; e C.V., 27 anni. Il danno economico per i dipendenti sfruttati sfiora i 200mila euro: non solo infatti non hanno ricevuto lo stipendio per intero, ma hanno dovuto pagare tasse su un reddito soltanto dichiarato e mai realmente ricevuto.

Salvo Catalano

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