Finisce sul tavolo del procuratore della Repubblica di Siracusa il caso dell’uomo di 36 anni che dopo aver effettuato ben due tamponi non sa ancora se è affetto da Covid-19. Lo rende noto il Codacons.
La vicenda ha inizio il 13 marzo quando l’uomo avverte i primi sintomi dell’influenza e, dopo aver contattato il proprio medico curante, il 18 marzo effettua il tampone presso l’ospedale Umberto I di Siracusa. Successivamente, per conoscere l’esito del tampone, il 36enne contatta l’Asp ma gli viene comunicato che il tampone è stato smarrito, sicché ne fa un altro il 25 marzo. Adesso, a distanza di oltre dieci giorni dal primo tampone, non sa ancora se è positivo perché in ospedale non hanno ancora ricevuto l’esito.
«È evidente – afferma l’avvocato Bruno Messina, presidente provinciale di Codacons – che il fatto è gravissimo, poiché sebbene i tamponi inviati a Catania nei giorni tra il 18 e il 19 marzo siano stati moltissimi, ciò non ne giustifica lo smarrimento. Piuttosto – continua Messina – la perdita dei tamponi indica che il meccanismo di distribuzione presso i laboratori dei centri di riferimento si è inceppato e che la catena di trasferimento non è stata tracciata o è mancato un corretto tracciamento. I campioni, infatti, una volta etichettati e conservati in modo adeguato, vanno spediti per giungere in tempi brevissimi al laboratorio che li analizza; tutto il percorso dall’inizio alla fine deve avere dei tempi preventivamente stabiliti e l’esito va comunicato immediatamente all’interessato».
«Se, come sostenuto dall’Asp di Siracusa, a Catania avrebbero smarrito alcuni tamponi per l’incassante invio di campioni, vuol dire che è mancata una valida programmazione dell’attività dei centri di raccolta i quali, lavorano a fasi alterne, ovvero incessantemente in determinati momenti e saltuariamente in altri. L’emergenza che ormai da inizio marzo viviamo nel nostro Paese avrebbe dovuto portare a valutare le reali capacità operative dei laboratori scelti per l’analisi dei tamponi in Sicilia e ad estenderne il numero già qualche settimana fa».
«Adesso si sta cercando di correre ai ripari istituendo altri strutture ma nel frattempo ci sono casi di persone che a distanza di più di 10 giorni dal tampone non sanno se sono affette da coronavirus. Abbiamo appreso dagli esperti – spiega il legale – che i primi sette giorni di malattia sono fondamentali, dunque sapere se un soggetto che ha pochi sintomi è infettato può voler dire salvargli la vita, poiché si può iniziare a curarlo nella maniera adeguata. Per questi motivi riteniamo inaccettabile quanto denunciato dal trentaseienne e chiederemo con un esposto alla Procura della Repubblica di Siracusa di indagare sull’accaduto», conclude Messina.
(Fonte: ufficio stampa Codacons)
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