Sillabario politico/ Il dibattito sulla crisi delle ideologie

di Lorenzo Ambrosetti

Si è discusso in questi ultimi tempi della fine delle ideologie come fattore motrice che spinge le organizzazioni politiche alla conquista ed all’occupazione di spazi di potere.

Secondo Norberto Bobbio, nel suo significato debole, ma oggi dopo la fine del comunismo il solo accettato dagli studiosi, per ideologia deve intendersi un insieme di credenze, di idee, di valori riguardanti l’ordine politico ed avente la funzione di guidare i comportamenti politici collettivi.

Ciò che è ideologico, viene per lo più contrapposto a ciò che è pragmatico, mentre l’ideologia sarebbe connotata da elementi tipici come il dottrinarismo, il dogmatismo ed una forte componente passionale.

Nel significato che abbiamo ora descritto si è assistito al dibattito sulla fine delle ideologie nelle società industriali dell’Occidente, originato tra gli anni Cinquanta e Sessanta del secolo passato, dalle interpretazioni di Raymond Aron.

Aron sottolineava, in particolare, il declino del fanatismo associato alle credenza politiche, la perdita di importanza e la progressiva erosione delle ideologie tradizionali, una volta così rigide e imperative.

Daniel Bell osservava come l’accettazione ormai diffusa del “Welfare State”, di una organizzazione decentrata del potere, di una unione di economia mista e pluralismo politico, faceva perdere di importanza ai contrasti ideologici di un tempo.

Bell scriveva che i problemi fondamentali posti dalla rivoluzione industriale erano stati risolti. I lavoratori avevano ottenuto il riconoscimento dei loro diritti, i conservatori avevano accettato il concetto di Stato del benessere, e la sinistra democratica aveva rinunciato ad un aumento indiscriminato dei poteri dello Stato

La situazione oggi è mutata. Con la diffusione di internet sono nati movimenti, come quello di Beppe Grillo, che mirano ad un ribaltamento della visione pragmatica e olistica della politica tradizionale e che si connotano come fortemente ideologici e caricati di una forte spinta passionale.

I lavoratori hanno quasi completamente perduto i loro diritti; la stabilità del posto di lavoro è diventata una chimera. 

I conservatori, di cui in Italia sono espressioni il Partito democratico e l’UDC, che probabilmente formeranno il prossimo governo in Italia, mirano a salvare il salvabile, ma restano ancorati ad un pragmatismo da Prima Repubblica che non appare più al passo coi tempi.

Non ce la facciamo più. Finché resteranno sulla scena politica italiana uomini come D’Alema, Casini, Rosy Bindi e lo stesso Matteo Renzi, il Paese non potrà mai progredire.

Redazione

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