«Una conclusione paurosa». Carmelo Cocuzza, il vetrinista licenziato ingiustamente dalla base americana di Sigonella 16 anni fa, commenta così la riunione di questa mattina con i vertici dell’installazione militare statunitense. Un appuntamento che sarebbe dovuto servire per trovare una mediazione rispetto a una questione, quella del licenziamento del 50enne, che i tribunali italiani hanno esaminato per quasi un ventennio. L’innocenza dell’impiegato, accusato di aver falsificato le timbrature del tesserino d’ingresso, è stata dimostrata in tre gradi di giudizio. E lui la scorsa settimana si è presentato davanti ai cancelli di Sigonella con l’avvocato e l’ufficiale giudiziario, pronto a un pignoramento all’interno della base.
Davanti alla minaccia di un’azione di questo genere, la reazione dell’ambasciata Usa era stata una convocazione per Cocuzza. Che questa mattina è stato ricevuto, tra gli altri, anche dal capo dell’ufficio del dipartimento di Giustizia statunitense che si occupa della gestione del personale italiano nelle basi in Europa. Funzionari di alto livello, con i quali «si è discusso per l’intera mattinata», racconta Cocuzza. Argomento della conversazione la possibilità che l’impiegato venisse reintegrato nel suo ruolo all’interno di Sigonella. «Loro hanno ribadito – prosegue l’uomo – che non c’è nessuna possibilità di tornare a lavoro». Da contrapporre alla contrarietà dei rappresentanti americani, Carmelo Cocuzza – che nella sua battaglia è assistito dalla Cgil – avrebbe proposto anche «diverse alternative».
Tra tutte, quella più accreditata era la previsione di «un’assunzione temporanea, al fine del successivo riassorbimento come dipendente dello Stato italiano, ipotesi prevista dalla legge». Di fronte a questa opzione, però, i legali Usa non hanno lasciato neanche uno spiraglio. «Non volevano creare un precedente, mi hanno detto», ricorda il lavoratore. «Alla fine, dopo ore, hanno deciso di provare a farmi un’offerta economica. Ma la mia impressione era che neanche loro ne fossero pienamente convinti». Per valutare quanti soldi proporre all’ex vetrinista, sarebbero serviti 45 minuti di riunione privata. «Quando sono usciti e mi hanno detto la cifra della loro unica e ultima valutazione mi sono sentito preso in giro».
Cocuzza non vuole entrare nei dettagli. Ma se il tribunale ha stabilito un decreto ingiuntivo del valore «di circa 600mila euro», dalla riunione di questa mattina sarebbe uscita una cifra di molto inferiore alla metà. «Un’offesa nei confronti miei, del mio avvocato e della giustizia italiana», continua l’uomo. Che ha già contattato l’ufficio pignoramenti e ha già concordato la nuova visita a Sigonella con l’ufficiale giudiziario. «In 16 anni mi sono dato da fare come fanno milioni di disoccupati in Italia – dice – Loro non mi riconoscono contributi previdenziali e assistenziali, non mi garantiscono una retribuzione per il futuro, mi lasciano con un pugno di mosche in mano». Ma stavolta «non torno più indietro». Lui lavorava al Navy exchange, una sorta di centro commerciale all’interno dell’area americana della base. Ed è lì che farà valere i suoi diritti: «Penso che servirà poco meno di un mese. Prenderò tutto quello che sarà necessario. Dalla gioielleria agli impianti hi-fi».
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