Stavolta è durato poco più di una settimana il sit-in di protesta di Carmelo Cocuzza davanti alla base di Sigonella. L’annuncio della sospensione della sua manifestazione arriva a pochi giorni dalla vigilia di Natale. «Attendo i successivi sviluppi della vicenda ma resto comunque fermo nelle mie posizioni», dichiara a MeridioNews l’ex vetrinista. Che è stato licenziato dal governo statunitense 17 anni fa perché accusato di avere falsificato le timbrature del cartellino di lavoro. Una situazione che si è tradotta in lungaggini giudiziarie declinate in innumerevoli udienze, sentenze, ricorsi, accordi e «prese in giro», dice il 50enne oggi disoccupato.
«Ho trascorso l’estate scorsa andando per tribunali. La controparte (il governo Usa, ndr) prima accetta gli accordi e poi mi fa recapitare le lettere con le richieste di ricorso: non ne posso più», sbotta Carmelo Cocuzza. A sostenerlo nella battaglia «per ottenere la giustizia che mi spetta» c’è fin dall’inizio la Cgil. Oggi insieme ai referenti della sigla sindacale «ho incontrato il vice capo di gabinetto della prefettura di Catania Domenico Fichera: intercederà con il ministero degli Esteri per sollevare ufficialmente il mio caso». Cocuzza, infatti, chiede da anni il reintegro nel suo ex posto di lavoro e il tribunale italiano gli ha dato ragione: con una sentenza passata in giudicato gli Usa dovrebbero assumere nuovamente il 50enne e pagargli gli stipendi arretrati.
«Ho avanzato anche proposte alternative e sono stato aperto alle loro che però sono risultate ridicole. Mi hanno offerto 300mila euro per chiudere la questione ma – afferma – nonostante siano molti soldi, non sono sufficienti». In un capitolo di questa storia Cocuzza ha pignorato un supermercato della base Sigonella. In quell’occasione un ufficiale giudiziario è entrato nel negozio di generi alimentari e ha siglato oltre diecimila articoli esclusi i cibi deperibili per un valore complessivo di un milione e 100 dollari. «Ma non è bastato e nel 2017 ci saranno altre tre udienze», dice l’ex vetrinista. «Per il momento sospendo una battaglia che non è per nulla finita», conclude.
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