Tra le tante stranezze di questa competizione elettorale ne segnaliamo una ai nostri lettori: lincredibile frantumazione della destra italiana. Noi, finora (ma possiamo sbagliaci per difetto), abbiamo contato ben sei sigle di destra. Tutte liste presenti in questa campagna elettorale. Ognuna per proprio conto.
Cominciamo con il Pdl. Dove sono rimasti – e alcuni di questi sono anche candidati – personaggi che prima militavano con Gianfranco Fini in Alleanza nazionale (An).
Poi troviamo la lista Fratelli dItalia, schieramento inventato da alcuni ex An prima passati nel Pdl e, adesso, per i fatti propri. Li capeggia Ignazio La Russa.
Segue la Fiamma tricolore che, a occhio e croce, dovrebbe essere il Partito di quelli che, un tempo, militavano sotto le bandiere di Pino Rauti.
La quarta lista riconducibile alla destra si chiama, appunto, La Destra e fa capo a Francesco Storace, candidato alla guida della Regione Lazio per il centrodestra. Partito che, però, va sotto le proprie insegne in questa campagna elettorale.
La quinta lista è quella di Futuro e Libertà di Gianfranco Fini, lex coordinatore nazionale di An che prima si è infilato dentro il Pdl e, poi, quando ha capito che i colonnelli del Cavaliere non gli avrebbero mai fatto prendere il posto di Berlusconi (che, tra le altre cose, è ancora in sella), ha cominciato a scalciare e si è fatto cacciare dal Pdl.
La sesta lista è quella di Forza Nuova: questi dovrebbero essere i destri puri e duri.
Detto questo vorremmo porre una domanda a tutti questi signori: dove pensate di arrivare così divisi? Che senso ha tutto ciò?
Ricordiamo che, prima del Predellino – lidea di Berlusconi, dimostratasi fallimentare, di dare vita al Partito unico del centrodestra – An viaggiava intorno al 10 per cento dei consensi.
Ma chi glielha fatto fare a Fini di infilarsi nel Pdl, con un personaggio – il Cavaliere – che è sempre stato un Padre-Padrone?
Le indiscrezioni di quegli anni – le ricordiamo ancora – narravano che Ignazio La Russa a Maurizio Gasparri (che erano stati strapazzati da Fini perché avevano parlato male di lui) erano già in trattative con il Cavaliere per saltare il fosso. Perché non li ha lasciati andare e si è tenuto il suo Partito?
La verità è che Fini non è mai stato un grande leader. E stato fortunato in alcune fasi della sua vita politica. Alla fine, se ha avuto tra le mani un Partito del 10 per cento, lo deve a Fiuggi e a Berlusconi.
Quando ha dovuto prendere una decisione cruciale, beh, ha sbagliato. E, secondo noi, continua a sbagliare. Se oggi la destra italiana è divisa in mille rivoli in eterna guerra luno con laltro, ebbene, la responsabilità è sua.
Dove pensa di andare oggi? Che cosa hanno a che spartire gli elettori della destra italiana con il Partito delle tasse di Mario Monti e, soprattutto, con gli ex democristiani di Casini?
Noi ricordiamo gli anni 90. Quando, proprio qui in Sicilia, An governava la Regione siciliana con gli ex democristiani. Stavano insieme nello stesso Governo, ma non si sopportavano.
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