Politica

Dalla Sicilia le proposte di legge su inizio e fine vita per compensare le lacune nazionali: «Sono diritti essenziali»

«Tutta la vita è politica», scriveva Cesare Pavese ne Il mestiere di vivere. E sembrano averlo preso in parola i deputati del Partito democratico all’Assemblea regionale siciliana che, nell’ultimo mese, hanno presentato due disegni di legge: uno per l’istituzione di un fondo destinato alle coppie siciliane che ricorrono alla procreazione medicalmente assistita e l’altro per disciplinare l’assistenza sanitaria di accompagnamento al fine vita. Due questioni – di vita o di morte, è proprio il caso di dirlo – che, da sempre, fanno discutere e su cui la politica accumula lentezze. «La nostra comunità democratica – si legge nel testo del ddl sul fine vita firmato dagli undici deputati del Pd – si fonda sul diritto alla vita […] Il diritto all’autodeterminazione individuale rappresenta un elemento fondante ed essenziale così come il diritto al rifiuto dei trattamenti sanitari, ancorché necessari per la propria sopravvivenza, e il divieto di ostinazione irragionevole nelle cure».

Partiamo dal fine vita e dalle situazioni drammatiche che da private diventano pubbliche e su cui, come sottolineano i deputati, «si genera un’inevitabile frizione tra i valori costituzionali in gioco». Una ricerca di equilibrio che spesso da politica si fa penale con l’incriminazione per istigazione al suicidio. Basti pensare a Marco Cappato per dj Fabo o a Emilio Coveri per Alessandra Giordano. Per la Corte costituzionale, non costituisce reato quando «l’assistenza di terzi nel porre fine alla vita può presentarsi al malato come l’unica via d’uscita per sottrarsi, nel rispetto del proprio concetto di dignità della persona, a un mantenimento artificiale in vita non più voluto e che ha il diritto di rifiutare». Il punto è che non esiste ancora una legge nazionale che disciplini tutto questo. «Garantire il rispetto di questo diritto è un dovere e un compito fondamentale della politica», si legge nel ddl che ha come obiettivo principale quello di definire i ruoli, le procedure e i tempi del Servizio sanitario regionale «di verifica delle condizioni e delle modalità di accesso alla morte medicalmente assistita, affinché l’aiuto al suicidio non costituisca reato».

Al momento, la legge non consente trattamenti atti a determinarne la morte. Un paziente affetto da una patologia irreversibile, fonte di intollerabili sofferenze fisiche o psicologiche, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, può lasciarsi morire chiedendo l’interruzione dei trattamenti di sostegno vitale (come, per esempio, l’idratazione e l’alimentazione artificiale) e la sottoposizione a sedazione profonda continua. Un processo lento e doloroso. In attesa di un intervento legislativo nazionale, «sussistono tutti i presupposti affinché le aziende sanitarie della Regione siciliana rispondano alle richieste di accesso al suicidio medicalmente assistito», si legge nella proposta di legge. Dovrebbero essere le strutture sanitarie pubbliche a garantire il supporto, l’assistenza e i mezzi necessari in modo completamente gratuito. Nel ddl, inoltre, è prevista l’istituzione di una «commissione medica multidisciplinare permanente per effettuare le verifiche delle condizioni di accesso al suicidio assistito» entro dieci giorni dalla richiesta, per garantire al malato «una morte più rapida, indolore e dignitosa» con l’autosomministrazione del farmaco letale sia in ospedale che a casa.

Con un altro disegno di legge, i deputati del Pd guardano anche all’inizio della vita. E pensano a un fondo di un milione di euro per garantire il riconoscimento di un contributo alle coppie residenti in Sicilia che decidono di ricorrere alla procreazione medicalmente assistita (Pma) in strutture regionali. Secondo gli ultimi dati disponibili, che sono quelli dell’anno 2021, in Sicilia i cicli di Pma iniziati sono 6079 che corrispondono a 5255 coppie. «Molte persone – sostengono dalla Siru (Società italiana della riproduzione umana), finora sono state frenate dai costi». Si va dai 3500 ai 7000 euro per la fecondazione omologa (con spermatozoi del partner per fecondare gli ovociti) e dai 5000 ai 9000 euro per la fecondazione eterologa (con l’utilizzo di gameti donati da individui esterni alla coppia).

A livello nazionale, c’è un decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 2017 in cui le prestazioni necessarie per la procreazione medicalmente assistita (sia omologa che eterologa) dovrebbero rientrate nei nuovi livelli essenziali di assistenza (Lea). Ma, per il momento, resta solo sulla carta. Ad aggravare la situazione c’è il fatto che la Sicilia è in piano di disavanzo sanitario e, quindi, non può finanziare prestazioni extra-Lea. Per questo, in attesa che entri in vigore il decreto, arriva la proposta di istituire un fondo regionale Pma per sostenere i siciliani che ricorrono alla procreazione medicalmente assistita in strutture sanitarie dell’Isola.

Marta Silvestre

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